Perchè i bambini non vanno a scuola?

Si parla di dispersione scolastica quando un bambino o adolescente tra i 6 e i 16 anni non frequentala scuola dell’obbligo. I motivi alla base di questo problema possono essere diversi, ma tutti riportano a contesti di emarginazione sociale e povertà. Ci può essere per esempio una disaffezione da parte dei genitori, che per qualche motivo non si svegliano la mattina per portare il bambino a scuola. Motivi che sono spesso legati a dipendenze – ludopatia, alcolismo, tossicodipendenza – che senza voler generalizzare possono condurre il genitore a non volersi alzare dal letto al mattino, con conseguenze specialmente sui bambini più piccoli non ancora indipendenti. In altri casi il bambino può essere portatore di reddito, trovandosi quindi a lavorare invece di andare a scuola. Questo spiega anche perché la dispersione scolastica è un fenomeno prevalentemente maschile.

Il nodo della povertà si riscontra anche nei risultati del rapporto di Save the Children, “Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?” che fornisce alcuni dati sulla diffusione regionale di questo fenomeno. Nel 2016 le regioni con maggiori tassi di dispersione scolastica sono Sicilia e Sardegna, seguite da Campania, Calabria e Puglia, tra le regioni più povere del paese. Ad abbandonare la scuola sono in maggioranza i ragazzi nei primi anni della scuola secondaria superiore: in media uno studente su tre smette di frequentare la scuola senza aver completato il quinquennio. In Sicilia il 25% degli studenti abbandona, con picchi a Caltanissetta e Palermo seguite subito dopo da Catania e Ragusa che vedono 4 ragazzi su 10 lasciare gli studi.

In Sardegna la percentuale è del 24% mentre in Campania del 20%. La regione meno colpita da questo fenomeno invece è il Trentino-Alto Adige. Sono diversi i modi con cui si cerca di contenere il problema, poche settimane fa la Giunta Regionale della Sardegna ha deliberato la creazione dell’Osservatorio regionale sulla dispersione scolastica che prevede, tra le altre cose, la realizzazione dell’anagrafe regionale degli studenti e dell’edilizia scolastica e il monitoraggio delle politiche regionali in materia di istruzione.

In Sicilia la Fondazione con il Sud ha finanziato 8 progetti che sono attualmente in corso per contrastare la dispersione scolastica a Palermo, coinvolgendo 23 scuole, 6.500 studenti tra i 6 e i 17anni, 520 professori, 500 famiglie, 43 enti del terzo settore e 10 enti pubblici. In Europa il fenomeno della dispersione scolastica riguarda in modo più o meno bilanciato entrambi i sessi (la media europea è di 13,6% per i maschi e 10,2% per le femmine), mentre in Italia le differenze sono significative. I dati italiani dicono che i giovani maschi che abbandonano gli studi superano il 20% mentre le femmine si fermano al 13%. Si può pensare che sia perché in Italia nascano più bambini che bambine, nel 2014 ad esempio i maschi sono stati 14mila in più rispetto alle femmine.

Ma c’è dell’altro. Oltre all’impiego frequente dei ragazzi in contesti lavorativi invece che scolatici, un motivo è legato al tasso di bocciature. Secondo i dati dell’Istat nell’anno scolastico2011/2012 le ragazze bocciate almeno una volta alle superiori risultano il 4,5% mentre i ragazzi arrivano all’8%. Se si considera che chi lascia gli studi lo fa quasi sempre dopo una bocciatura, ciò dimostra come i maschi abbandonino più delle femmine. Di conseguenza l’università vede più iscritte che iscritti: il 2014 ha visto il conseguimento del titolo di laurea a 4 ragazzi ogni 6 ragazze.

Per arginare l’abbandono scolastico anche l’Europa ha messo in campo alcuni provvedimenti. Europa 2020 è la strategia decennale proposta dalla commissione europea nel 2010 e incentrata sul miglioramento degli Stati europei in diversi importanti ambiti. Secondo quanto deciso in questa strategia, la percentuale dell’abbandono scolastico prematuro deve essere contenuta al di sotto del10% in tutti i Paesi dell’UE. L’Italia ha registrato significativi miglioramenti, scendendo in cinque anni dal 19,2% al 15% (dal 2009 al 2014), pur restando ancora lontana dall’obiettivo europeo fissato per il 2020. Dal punto di vista nazionale, invece, non esiste ancora una strategia per contrastare questo dilagante fenomeno, ma esistono delle misure che puntano a intervenire in via indiretta attraverso interventi collaterali al problema. Dall’innalzamento dell’obbligo di istruzione e formativo all’istituzione delle anagrafi degli studenti, ponendo inoltre attenzione all’educazione della prima infanzia e alla riorganizzazione dell’istruzione degli adulti.

 

Foto di Steven Depolo     (Flickr – CC license)