Progettazione partecipata e asili nido del Comune di Roma

Marilisa Vumbaca, psicologa del Municipio VIII, si è occupata per anni di creare degli ambienti a misura di bambino negli Asili Nido del Municipio VIII (ex XI) del Comune di Roma.

“Abbiamo iniziato a ragionare su come dovevano essere le strutture, i colori delle pareti, gli arredi, i materiali didattici degli spazi dedicati ai bambini degli Asili Nido. In questa occasione abbiamo iniziato a lavorare con una metodologia di progettazione partecipata; nel 2001, anno in cui abbiamo iniziato a lavorare, era una novità per il Comune di Roma. Prima di quel momento, ogni ufficio e ogni servizio operava arbitrariamente: per esempio all’ufficio tecnico, avanzava un barattolo di vernice verde e andava nella scuola e verniciava di verde, sto facendo un esempio reale.

Non c’era una logica di base e non c’era un pensiero secondo il quale operare. Perché usare un colore per il rivestimento, invece che costruire una finestra più piccola ad altezza di bambino, erano questioni inesistenti.
La metodologia della progettazione partecipata ci ha insegnato come fare, ci riunivamo tutti intorno a un tavolo: io come psicologa, il pedagogista, educatrice, il geometra e l’architetto dell’ufficio tecnico, e l’amministrativo. Come gruppo avevamo il compito di progettare l’asilo nido del Comune di Roma. La vera rivoluzione consisteva nel fatto di non partire dal pensiero di ognuno, ma la metodologia si basava sul mettere insieme le competenze. Quest’esperienza ha prodotto grandissimi risultati.

Il primo obiettivo fu quello di creare una “sezione ponte”: ovvero realizzare una classe di bambini considerata come un test, all’interno di una scuola del Municipio VIII. Il patto con il Comune, all’epoca, era quello di riuscire a progettare e a far funzionare una una classe con la progettazione partecipata e il Comune di Roma ci avrebbe dato i finanziamenti per realizzare tutto quello che riguarda in tema dell’educazione negli asili nido in questo modo.  Venne fatta partire la “sezione ponte” in 10 asili di nido, la classe era composta da bambini dai due ai tre anni e costituiva un ponte tra il nido e la scuola dell’infanzia, permettendo di rimanere nello stesso nido anche negli anni successivi, con la scuola materna.

La sperimentazione si estendeva a tutta Roma e noi vinceremmo questa sfida come primo esperimento, la “sezione ponte” da noi progettata arrivò prima classificata per la qualità e l’efficacia.
Le caratteristiche di questa classe erano arredi naturali: un vero parquet, colori tenui alle pareti, arredi tutti di legno, i giocattoli erano tutti in materiali naturali e comprendevano oggetti naturali come pigne e sugheri come materiale di gioco. Poi c’era una bellissima casetta fatta da questo elemento di stoffa fissata come un tetto: il metodo e la scelta degli elementi è stato preso direttamente dalla metodologia Steineriana. Altro elemento una piccola tana dove il bambino poteva andarsi a riposare durante il giorno e poi c’era la zona notte, che veniva utilizzata non solo dall’asilo, ma anche dalla scuola per l’infanzia. Precedentemente, questa zona di riposo con i lettini non era assolutamente contemplata nel modello di scuola per l’infanzia. La zona notte da noi progettata era corredata anche di una sedia a dondolo dove l’insegnante poteva sedersi e raccontare fiabe.

Da questa esperienza, i nidi e le scuole d’infanzia sono stati influenzati, l’utilizzo del modello di progettazione partecipata venne adottato in tutto il comune di Roma. Ogni scuola ha sviluppato a proprio modo il modello, per venire incontro alle esigenze e ai bisogni di ogni territorio. Stiamo parlando di 18 scuole per l’infanzia e 14 asili nido in tutta Roma, il lavoro di portare il nostro modello e la progettazione partecipata in tutte le scuole ci ha impegnato per alcuni anni.

La progettazione partecipata ci ha permesso di riflettere insieme. La cosa più entusiasmante è creare dal nulla. Ma purtroppo in questo periodo la tendenza è in forte contrasto con questa esperienza.

Proprio in questi giorni c’è stata una manifestazione in Campidoglio a causa dello scandalo di “mafia capitale”: l’assessore alla legalità del Comune di Roma Alfonso Sabella ha deciso che la soluzione in risposta a questo scandalo è quella di espletare tutti i bandi di gara per gli appalti dei servizi pubblici, compresi educazione e infanzia, cosiddetti “a ribasso”, ovvero il punteggio dell’aggiudicazione tiene conto, tra le altre cose, del costo più basso dell’offerta che si propone. Questa cosa non è mai accaduta su un campo così delicato come quello dei servizi sociali. Precedentemente la valutazione veniva fatta sulla qualità del progetto, la capacità organizzativa dell’ente e la possibilità di verifica delle modalità operative. Questo meccanismo aveva già alcuni punti operativi funzionanti e di verifica da parte dell’ente pubblico che sono stati completamente smantellati.”

Cosa c’entra il Coworking e con il pubblico e la progettazione partecipata?

“Quando lavori con il Comune di Roma e il territorio, a contatto con le persone, con le strutture del quotidiano, il senso della realtà e dei bisogni dei cittadini non ti manca. Se stai a livello centrale in un dipartimento o in un assessorato questo viene un po’ a mancare. Per scelta personale e voglia di proseguire ad occuparmi dei bisogni della cittadinanza ho pensato d’impegnarmi in un coworking.
Per una serie di circostanze mi sto occupando di un coworking a Tor sapienza sicuramente non avremmo potuto creare una cosa del genere senza la disponibilità dei locali, circa 200 metri quadrati in uno stabile di uffici. A Tor sapienza, in Via Giorgio Morandi 149, un imprenditore che ha ceduto lo spazio in forma gratuita, soprattutto in questo momento iniziale. Il territorio è molto complicato e bisognoso di servizi e forse per questo motivo abbiamo deciso d’intervenire. Ci siamo messi insieme in tre: l’imprenditore proprietario dello spazio, io con la mia professionalità e due lavoratori con la loro forza e disponibilità, l’aspetto più importante è stato quello della condivisione dei rischi.

Proprio l’altro giorno c’è stata la registrazione della società a responsabilità limitata semplificata che comprende tutte le attività di formazione e di progettazione del coworking “Il Terzo Spazio”. Sia la formazione che gli incontri di aiuto sociale, accanto ad un’attività di officina robotica, sono le attività principali.
Il 9 e 10 gennaio 2016 abbiamo partecipato all’incontro tra tutte le realtà collaborative di Roma, un coordinamento tra i coworking, una rete che si sta costituendo anche al livello formale.

La  mia gratificazione è fare un servizio al territorio, la sostenibilità per me è secondaria. Il mio impegno non è a fini di lucro, anche se sostengo a aiuto altre persone più giovani per le quali il coworking rappresenta la possibilità di lavorare.”

Valeria Festino

Foto: Alberto Cerriteno | Flickr | CCLicense