ROMICS A PUNTATE #3: intervista a Sabrina Perucca, direttore artistico di Romics

L’incontro con Sabrina Perucca, direttore artistico di Romics, si svolge in un luogo insolitamente silenzioso, in una di quelle stanze che chi visita il Romics non si aspetta mai di trovare. Invece esiste, e fortunatamente anche Sabrina si dimostra molto disponibile a rispondere alle mie domande.

Sabrina – comincio – cosa puoi dirmi dei “numeri” di queste 20 edizioni di Romics? Avete notato per caso un incremento dei visitatori durante gli anni?

Per quanto riguarda la crescita noi abbiamo visto ogni edizione sempre superare la precedente. Siamo partiti, nel 2001, già con molti numeri. Siamo passati dalle 50mila presenze in 4 giorni, alle circa 200mila presenze l’anno a partire dal 2010.

Come ti spieghi questo importante incremento?

Romics è una sorta di formula magica: si parte dal fumetto, dagli appassionati e dagli operatori, ma poi si apre ad ogni espressione della creatività. Siamo stati in grado di prendere nuovi trend e di portarli dalla nostra parte. Abbiamo una grande voglia di vivere la fiera come una festa, ma anche come un incontro tra i visitatori e gli espositori. Si fanno affari e vengono idee. Nonostante l’era digitale è sempre importante il momento dell’incontro, anzi, a proposito dei media possiamo dire che di certo essi hanno aiutato la diffusione del fumetto. All’inizio il fumetto era visto, soprattutto per i non addetti ai lavori, come un qualcosa per bambini, invece sappiamo che esistono altre realtà, come quelle delle “graphic novel” [romanzo a fumetti] che si rivolge invece ai grandi, trasformando il fumetto in una specie di fenomeno composito che poi porta a questo risultato.

Come fare a far capire alla massa che in realtà il mondo di Romics non è solo un mondo per i più piccoli?

In realtà questa consapevolezza c’è sempre di più, anzi negli anni siamo stati costretti a creare degli spazi “kids” [spazi per bambini], perché notavamo che si stava verificando esattamente il contrario, ossia che non c’erano sufficienti luoghi per i più piccoli, ed è per questo che negli anni abbiamo creato un’area dedicata proprio a loro. Si tratta sostanzialmente di laboratorio di fumetto, che stimolano la creatività dei bambini. Lo scopo è creare futuri lettori o autori. Per tornare alla domanda, certamente questo è un mondo che ci rimane nel DNA, ma la situazione è cambiata anche grazie agli editori stessi che si sono interessati al fumetto in maniera più adulta. Uno dei modi per sensibilizzare le masse è invitarle alla lettura. Il grande problema del preconcetto è questo, cioè finché non affronti la materia di petto non puoi capire – Laura Perez Vernetti, ad esempio, ha fatto una “graphic novel” su Majakovskij, un testo non certo destinato ai piccini. Favoriamo anche degli incontri per avvicinarli a questo concetto di fumetto. Abbiamo delle salette di presentazioni tranquille, ma anche delle sale che sono dei veri e propri palchi dentro ai padiglioni.

Oltre ai fumetti e ai giochi da tavolo, a Romics trovano molto spazio anche i “cosplay” [ragazzi che si travestono dai loro beniamini di fumetti o giochi]. Come li vedi?

Noi abbiamo sempre guardato il fenomeno come positivo. Abbiamo avuto circa 20mila cosplay nelle scorse edizioni (lo so perché abbiamo i biglietti dedicati). Alcuni di loro partecipano a gare, altri invece se ne vanno in giro magari con la famiglia giusto per staccare un po’ dalla quotidianità. Quando il fenomeno è nato, ormai più di 15 anni fa c’è stata un po’ di polemica da parte degli addetti ai lavori, ma Romics gli ha dato da subito spazio per mettere in risalto l’aspetto creativo e di aggregazione, perché è comunque un modo per stare insieme, e non soltanto durante la fiera. I ragazzi si sentono infatti spesso online, si mettono d’accordo magari il sabato e la domenica per mettere a punto il vestito, e in questo modo fanno gruppo, e per noi questa è una cosa estremamente bella e interessante. I ragazzi si misurano con i nuovi materiali: ad esempio se prima si usava, che so, il legno, adesso c’è la stampante 3D per fare gli accessori o le armature. Altri invece sono addirittura tornati a cucire, sono andati dalle nonne a chiedere consigli. Questa è una cosa molto bella che comunque nulla toglie alla lettura del fumetto. Posso anche dirti, tornando al cosplay, che i nostri vincitori alle gare di cosplay poi parteciperanno alla gara mondiale che si terrà in Giappone, gara che vedrà scontrarsi quest’anno ben 30 Paesi. È bellissimo vedere giovani di tutto il mondo che si confrontano con un hobby comune. Poi ci sono ragazzi che dal cosplay hanno creato un vero e proprio lavoro grazie alla loro competenza in materia di sartoria.

Prima hai detto che inizialmente il fenomeno del cosplay non era visto di buon occhio. Purtroppo so che ancora oggi ci sono persone, “cultori” chiamiamoli, che faticano ad accettare il fenomeno in fiere come questa. Cosa possiamo dire loro?

La fiera è composta da cinque padiglioni, quindi i posti non mancano. C’è spazio per tutti, inoltre abbiamo aree dedicate, lo spazio youtuber, lo spazio per i videogiochi, lo spazio per le mostre, domenica ci sarà la gara cos play che si terrà nel parco grande… è vero che ci si incontra, ma pensiamo che ci siano abbastanza spazi per tutti. L’esperienza poi ci aiuta ad organizzare meglio gli spazi.

Qual è il fenomeno che attrae di più i visitatori?

Questo dipende molto dalle edizioni, perché ogni edizione ha ospiti e mostre particolari. Ci sono sempre molteplici proposte.

È vero che volete esportare il modello Romics anche all’estero?

Purtroppo non posso dire molto su questo tema. È tutto in mano all’amministratore unico, e non posso aggiungere nulla più di quello che lui ha detto in conferenza stampa durante i giorni scorsi.

A quali modelli vi siete ispirati per l’organizzazione della fiera?

Romics è chiaramente un lavoro di équipe. È chiaro che l’ispirazione è stata sotto il modello di fiere internazionali, come ad esempio la formula del San Diego Comicon, un’expo internazionale ideata per il fumetto ma che grande attenzione ha dato ad altre cose tipo il cinema, proprio per essere appuntamento internazionale.

Cosa ne pensi delle fiere minori, quelle che si svolgono nei piccoli paesi o addirittura nei quartieri?

Questo è un fenomeno molto italiano, esploso negli ultimi 5 o 6 anni. Credo che sia una cosa bella, anche perché alcune nascono attorno al tema del cos play, mentre altre al tema delle mostre ecc. C’è grande attenzione al fumetto, quindi per me è positivo. Non è preoccupante che tutto si muova, semmai sarebbe un problema se tutto fosse fermo.

Domanda Marzulliana: Romics secondo te è una diretta conseguenza della società, o è la società stessa ad aver creato un fenomeno come Romics?

Ma che bella questa domanda. Posso dirti una cosa: entrambe in realtà. È come quando c’è bisogno di qualcosa e nell’aria già si sente. Romics ha contribuito alla crescita di alcuni fenomeni, e allo stesso tempo ha interpretato e portato dentro altri fenomeni. Nulla è mai assoluto. Ti ho dato una risposta ancora più Marzulliana.

Sei contenta di tutto il tuo lavoro? E se potessi tornare indietro cambieresti qualcosa?

Non è semplice rispondere. Tutto è perfettibile. Ogni Romics quando finisce è sempre una bella soddisfazione, soprattutto quando riesci a portare autori che corteggiavi da anni. È bello sia coinvolgere autori noti, come Go Nagai, ma anche autori meno noti, come quelli delle “graphic novel”. Noi ad ogni edizione cerchiamo di perfezionarci, anche perché la difficoltà nell’accogliere un pubblico così grande chiaramente c’è. Lo stesso vale per gli operatori e per gli espositori. I nostri visitatori si sentono anche un po’ a casa, perché dietro c’è davvero un lavoro di passione. E credo che un po’ questo si senta e lo sentano tutti. Noi miriamo sempre al meglio.

Il mio incontro con Sabrina, così come la mia giornata a Romics, termina qui. Il giorno dopo sarei tornato per far provare il mio prototipo di gioco da tavolo a chi ne avesse avuto voglia. Non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, perché non sapevo cosa volesse dire mettere in gioco la propria creatività. A ben guardare, mostrare una propria “creatura” è un po’ come mettersi a nudo, perché essa può mostrare tutti i tuoi punti di forza come tutti i tuoi punti di debolezza. Fatto sta che i risultati di quella esperienza mi impressionarono e, grazie ad un questionario anonimo che feci compilare ai curiosi seduti al mio tavolo, proverò con voi a trarne qualche conclusione a livello “sociale”.

Continua…

Matteo Roberti

Rubrica Homo Ludens

Foto di Domenico  (CC BY-ND 2.0)