Cosa c’entra un giocatore NBA con un colpo di stato?

II botta e risposta tra Enes Kanter e il presidente turco Erdogan. Le stoccate del primo, le reazioni del secondo alle parole del centro dei Knicks, passando per passaporti bloccati, accuse di terrorismo e il coinvolgimento della famiglia.

Erdogan è l’Hitler dei giorni nostri.’ Un virgolettato tanto semplice quanto affilato quello pronunciato da Enes Kanter durante la sua permanenza in Romania dovuta al blocco del proprio passaporto a causa delle mai nascoste idee politiche del cestista a favore di Fetullah Gulen, l’intellettuale turco ritenuto responsabile del mancato golpe del 15 luglio 2016. Parole che gli sono valse lo scorso maggio un mandato di arresto di quattro anni emanato dalla Turchia.

L’unione giocatori si è immediatamente attivata mettendosi in contatto con il dipartimento di stato e anche l’intera lega si è detta preoccupata per quanto accaduto. La disavventura del centrale dei New York Knicks è stata il culmine di una serie di tweet e battute al veleno rivolte al presidente turco conclusa con una specie di esilio, vista l’impossibilità del giocatore di rientrare in Turchia. Kanter verrà processato in contumacia, comunicata la sua intenzione di non tornare nel proprio paese, mentre nel suo paese di origine, la famiglia lo avrebbe rinnegato.

Il padre ha firmato una lettera su Sabah, giornale turco pro-governo, chiedendo “con vergona scusa al Presidente e al popolo turco” per le “inadeguatezze del figlio” definendolo “ipnotizzato dal movimento di Gulen” con il resto della famiglia che lo ha invitato a non tornare mai più e a considerare l’idea di cambiare cognome.

Il movimento Hizmet a cui fa capo Gulen era stato dichiarato dal governo turco un’associazione terroristica nel 2016 con conseguenti arresti in massa per i sospetti sostenitori di Gulen residenti in Turchia mentre il leader prontamente si discostava dalle voci che lo vorrebbero responsabile del golpe.

Dal canto suo Kanter, con la sua solita spensieratezza e nonchalance che potrebbero anche apparire inadeguate, si è detto tranquillo nonostante i provvedimenti che sono stati presi contro di lui. “Questa storia non mi tocca semplicemente perché ci sono abituato.”, ha ammesso l’ex Oklaoma City Thunder e Fenerbache in una conferenza stampa post-partita a New York. “Sono in America, sto bene e l’unica cosa su cui sono concentrato è andare in campo per giocare una buona pallacanestro, divertirmi con i miei compagni di squadra e vincere il più possibile per puntare ai play-off.

Poi si è soffermato anche sulla sua famiglia e le rispettive preoccupazioni visto che anche il padre, Memhet Kanter, è stato in cella per una settimana. Nonostante tutte le avversità della situazione il giocatore cerca di interpretarla in modo da restare il più sereno possibile. “A primo impatto quello che ho pensato è stato: veramente solo quattro anni? Dopo tutto quello che ho detto? Ma giuro che la cosa non mi tocca minimamente perché il mio obiettivo è solo fare il mio lavoro e giocare a basket.

 

E.P.

Immagine in evidenza di Danny Bollinger (CC License/Flickr)

 

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