Il gioco da tavolo come promotore di un’idea: il caso di “Kamizumo” della Favini

Questa settimana incontro Elena Simioni, rappresentante della Favini. Sono stato attirato da una loro iniziativa volta ad utilizzare un gioco da tavolo per la divulgazione di una loro idea. Sono quindi ben felice di rendere partecipi anche voi di questo interessante progetto.

Ciao Elena, puoi dirci di cosa ti occupi esattamente?

Io sono Product e Communication Manager ed ho la fortuna di seguire una linea di prodotto qui in Favini che si chiama Sumo. “Prodotto qui in Favini” vuol dire una carta, perché Favini è una cartiera che produce carte speciali, metallizzate, colorate, marcate, ma offre anche un cartoncino che si chiama Sumo, che è un cartoncino ad alto spessore, e che arriva fino a 3 millimetri. Siamo localizzati in provincia di Vicenza, e abbiamo anche un altro stabilimento in Piemonte. È tutto made in Italy.

Cosa puoi dirci più in particolare del cartoncino “Sumo”?

Noi abbiamo la necessità di mostrare ai nostri clienti come poter stampare, tagliare, piegare, e in generale modellare questo cartoncino, e quindi cosa ci siamo inventati? Kamizumo. Kamizumo è un gioco da tavolo che significa letteralmente (quindi dal giapponese all’italiano) “Sumo di carta”. Kamizumo è la versione cartacea dello sport più rappresentativo del Sol Levante. Stiamo dunque utilizzando un gioco da tavolo per divulgare questa nostra idea.

Come funziona Kamizumo? Qual è lo scopo del gioco?

In Kamizumo i lottatori non sono i giganteschi atleti che siamo soliti vedere nel sumo, bensì sono dei personaggi costruiti in carta. Cambiano quindi le dimensioni, e passiamo da lottatori massicci a personaggi che sono grandi quanto una mano, cambiano anche i materiali, ma le regole rimangono sostanzialmente le stesse del sumo classico: Kamizumo e il sumo hanno infatti le medesime finalità, ossia vince colui che spinge l’avversario fuori dal ring o se lo fa cadere. Ovviamente, mentre nel sumo i lottatori si muovono con le loro gambe, in Kamizumo sono invece le dita dei giocatori che vengono picchettate sul campo da gioco per farlo vibrare leggermente quel poco che basta a far muovere il nostro personaggio di carta sopra il ring. Sto cercando di raccontare tutto a parole, ma “googlando” e scrivendo Kamizumo Favini si possono trovare anche immagini e la comprensione può risultare più semplice.

La scatola come si presenta?

È un box in realtà, che ha una duplice funzione. Da una parte è una scatola molto solida, con due tasche che contengono le istruzioni e i personaggi. Aprendo poi questo box e girandolo su se stesso si ottiene il campo da gioco, quindi la copertina del box è il campo da gioco. Ed è su questo campo da gioco che si sfidano gli 8 personaggi che sono posizionati nelle tasche, e sono 4 per squadra.

Quindi naturalmente stiamo parlando di un gioco per 2

Esattamente. I giocatori scelgono il lottatore preferito tra i 4 della squadra, lo posizionano sul ring e cominciano, come dicevo prima, a picchettare con le dita per far vibrare il campo da gioco al fine di far avanzare il proprio personaggio verso l’avversario. Lo scopo è quello di spingere a terra o fuori dal ring il cartoncino dell’avversario. È davvero esilarante, molto divertente. Posso dirti che Kamizumo, il gioco giapponese quello classico, ha accompagnato l’ascesa del sumo inteso come sport, e quindi il sumo (inteso come lotta) è diventato famoso anche grazie al gioco.

Come mai avete scelto proprio il gioco da tavolo per divulgare questa idea?

La materia prima per questo gioco non è una carta di un materiale qualsiasi, ma è il nostro cartoncino “Sumo”, quindi tutto parte da qui, ed assieme ad un’agenzia tedesca ed un esperto di materiale, abbiamo messo a punto questo progetto che ci sembrava calzante al 100%. “Sumo di carta” è perfetto per promuovere il nostro cartoncino chiamato “Sumo”, ed in più ci da la possibilità di essere così variegato, così articolato tale da poter mostrare tutte le tecniche di stampa e di lavorazione possibile del nostro cartoncino.

È già possibile acquistare il gioco? Avete già fatto delle presentazioni?

Ci sono state delle presentazioni in anteprima, ma per quanto riguarda la vendita se ne riparlerà dopo il periodo estivo. È importante per noi trovare il canale giusto, perché qui parliamo non solo di un gioco da tavolo, ma di un pezzo anche artistico di un valore sicuramente elevato, e quindi bisogna trovare anche gli interlocutori giusti, cioè coloro che siano in grado di apprezzare non solo l’aspetto ludico del progetto, ma anche (e direi soprattutto) lo sforzo artistico che ci abbiamo messo nello sviluppare questo progetto. È possibile vedere due articoli sul nostro blog che raccontano il progetto, e si trovano facilmente digitando “Kamizumo Favini” su Google. Un articolo è intitolato “La sfida a Kamizumo con Sumo”, mentre un altro è “Sumo, il cartoncino con un’anima Japan”. Entrambi gli articoli riassumono, il primo il concetto, mentre il secondo va a descrivere i singoli lottatori. Abbiamo fatto un lavoro certosino sotto tutti i punti di vista, anche per i singoli lottatori, per il cofanetto, insomma per tutto ciò che va a comporre il progetto. I personaggi in particolare sono stati tutti disegnati a mano da un design di uno studio grafico tedesco di Monaco.

Quali saranno i canali di distribuzione? E qual è il vostro pubblico di riferimento?

Ci immaginiamo Concept Store, ma non escludiamo anche altre realtà, come fiere che magari trattano anche il gioco in sé. In questo momento a dir la verità ci stiamo impegnando a promuoverlo presso il mondo dei designer. Per esempio lo abbiamo presentato al Design award, e abbiamo già ricevuto una nomination per gli award del 2019. Naturalmente siamo molto fieri, anche perché è questo il nostro obiettivo primario. Ci rivolgiamo insomma ai design e a tutti coloro che sono nel mondo della stampa e della carta, però ci piacerebbe ricevere manifestazioni di interesse anche da parte di altre persone, ad esempio da tutti coloro che hanno a cuore il mondo nipponico (e magari che non hanno nulla a che fare con il mondo del design).

Vorrei chiudere con una curiosità: puoi raccontarmi la fase di playtest del gioco?

La cosa più difficile da fare è stato il cofanetto (per la complessità di duplice funzione della quale parlavamo prima). Abbiamo lavorato con un cartoncino di 3mm di spessore, che non è certo facile da piegare, in più all’interno delle tasche avevamo delle carte di spessori diversi e quindi abbiamo dovuto testare anche la facilità di inserimento e di presa dei giocatori, fare in modo poi che la tavola oscillasse ma non troppo, quindi dovevamo far passare sia una sensazione di stabilità, di solidità, cioè quella del prodotto “Sumo” (che è appunto la materia prima), ma allo stesso tempo anche una sensazione di flessibilità, di vibrazione, di instabilità, fondamentale per il funzionamento del gioco.

Matteo Roberti