Parlare di Romics come di una fiera del fumetto significa utilizzare un linguaggio obsoleto (e per molti aspetti superato). Pensate ad una libreria, magari alla Feltrinelli, una delle più importanti d’Italia. Nata (e nota!) come libreria, appunto, nel corso degli anni ha iniziato a vendere anche ben altro, cd, dvd, gadget, cuffiette, pennette usb, accessori per cellulari e computer ecc., senza scordare il servizio di ristorazione presente in molti suoi centri. Alla Feltrinelli si può mangiare. Dunque parlare della Feltrinelli come di una libreria significa non aver capito bene di cosa si sta parlando (seppur l’anima rimane comunque quella della vendita della “carta”). Oltre alla Feltrinelli potremmo fare l’esempio dei pub, che da semplici “spacciatori” di birra sono diventati quasi dei ristoranti, nei quali cioè è possibile mangiare dal primo, al secondo, al contorno, al dolce! In alcuni addirittura è possibile giocare con giochi da tavolo (si parla in questo caso di ludopub).
Le cose cambiato, si modernizzano, si trasformano, si adattano ai tempi, ma le loro anime rimangono quelle originarie. Anche l’anima di Romics è rimasta quella del fumetto, al quale però si sono affiancate (in modo anche “prepotente”) tutte le realtà che lo circondano, e che in un certo senso gli sono debitori: il romanzo, il cinema, il gioco da tavolo, il cosplay, gli youtuber, i giochi del computer. Dato che ancora oggi sento parlare di Romics come di una fallimentare “fiera dei fumetti” vorrei ricordare ancora una volta che Romics NON è una fiera dei fumetti. È un po’ come se vi dicessi che sto venendo a prendervi sotto casa con una Panda (con tutto rispetto per la Panda) e voi replicaste con un “Ma non è una Ferrari!”. Eh, ma va? Vi ho detto che venivo in Panda!
Chi non è dell’ambiente “fieristico” potrebbe anche essere giustificato nel criticare questa manifestazione, ma chi invece è appassionato di questo mondo non può non sapere cosa si dice nelle conferenze stampa che riguardano il Romics. Gli organizzatori hanno spesso definito la manifestazione romana come “un carnevale”, non come una fiera dei fumetti. Un carnevale, appunto, dove trovano spazio molte realtà, i fumetti in primis, ma soprattutto ogni espressione che possa riguardare l’immaginario e la creatività umana. Per cui pensare al Romics come ad una fiera dei fumetti è sostanzialmente sbagliato. Lo sarebbe anche se pensaste al Romics come ad una fiera dei giochi da tavolo, o ad una fiera del cosplay. Romics è tutto questo, ma non è esclusivamente nulla di tutto questo. È un carnevale. E questo carnevale, durante quest’ultima edizione (tenuta come al solito alla Nuova Fiera di Roma gli scorsi 4-7 ottobre) ha raggiunto dei livelli interessanti, forse i migliori fino a questo momento. Basti pensare alla “copertina” dal nome Il Dragone sul Colosseo firmata da Paolo Barbieri. Da Paolo Barbieri, ripeto, ossia dall’illustratore per eccellenza, da un professionista che sa cosa significa essere nel mondo del disegno, lo sa talmente bene che se reputasse il Romics una manifestazione scadente vi posso garantire che non vi parteciperebbe di certo. Quindi attenzione, prima di criticare sarebbe saggio conoscere.
Nel dettaglio, il Romics d’oro, prestigioso premio alla carriera, quest’anno è andato a Charlotte Gastaut (vero talento eclettico tra moda e illustrazione). Il sogno, la magia e la poesia, il tratto della Gastaut è incredibilmente evocativo, i colori e l’eleganza delle sue opere avvolgono i suoi lettori e conducono in un mondo senza tempo, dove le regole assolute sono la magia e la bellezza. A ricevere il premio sono stati anche Marco Gervasio (con Topolino, Fantomius e Papertotti) e, nell’anno di Predator, Chris Warner, sceneggiatore, disegnatore, editor. Per lui una straordinaria carriera tra Marvel, DC Comics, WildStorm e Dark Horse Comics. Tantissime poi sono state le iniziative filmiche: ricordiamo giusto “Manga Do. Igort e la via del manga” di Domenico Distillo, “Le circostanze. I romanzi disegnati di Vittorio Giardino” di Lorenzo Cioffi, e l’attesissima anteprima di “Mirai”, il nuovo lungometraggio di Mamoru Hosoda. Viene anche ricordata la Pixar, con la Lecture “Pixar. 30 anni di animazione”, con Elyse Klaidman, responsabile archivi Pixar e curatrice della mostra dedicata al grande studio di animazione statunitense ospitata al Palazzo delle Esposiazioni di Roma, e con Maria Grazia Mattei, curatrice dell’edizione italiana della mostra e presidente MEET, centro internazionale per la cultura digitale.
Di positivo ho notato il ritorno di alcune case editrici che non si vedevano da un pezzo (ad esempio la Italycomics per quanto riguarda i fumetti, e la Red Glove per quanto riguarda i giochi da tavolo). Tutto ciò non può che star a significare l’ottimo lavoro dell’organizzazione. Tuttavia, un appunto negativo sono costretto a farlo per quello che riguarda la “fruibilita” delle mostre. Se infatti alcune di esse erano esposte nei padiglioni “classici”, quindi di facile fruizione per tutti, altre (oserei dire quelle più importanti) erano invece esposte nel padiglione adibito alle anteprime: non sarebbe stato possibile cioè visitarle durante le anteprime dei film, politica che forse si sarebbe potuta evitare (considerando che un visitatore potrebbe avere poco tempo a disposizione per vedere tutta la manifestazione). Infine ho notato un’altra cosa che faccio presente al solo scopo squisitamente statistico (quindi prendetela per quella che è). Nel libricino illustrativo sono citati tutti gli ospiti che sono stati presenti alla manifestazione. Quelli più importanti (ossia quelli che hanno anche una foto allegata) in tutto sono 133, dei quali solo 26 sono donne, ossia neanche il 20%. Che questo sia ancora un mondo esclusivamente al maschile?
Matteo Roberti