L’esposizione pittorica a Palazzo Merulana
Si è conclusa a Palazzo Merulana in Roma la mostra di Antonio Donghi, esponente di punta del Realismo magico, una corrente pittorica che ha avuto massima espressione negli anni ’20 e ’30 del Novecento e che incorpora la fisicità e la staticità del realismo e dell’astrattismo. Insieme a Donghi, i massimi esponenti di questa tendenza artistica sono stati Felice Casorati, Carlo Levi, Natalino Bentivoglio Scarpa (detto Cagnaccio di San Pietro), Achille Funi e Ubaldo Oppi.
L’esperienza di attraversare i corridoi della mostra ci mette in una dimensione emotiva di attesa, di sospensione, in cui l’assenza di parola e l’apertura dello sguardo, mostrano come è sterminato il mondo fantastico della nostra immaginazione, quando ci troviamo davanti ad una scena apparentemente statica, di vita quotidiana, come quella della “Gita in barca”, in cui lo sguardo dei personaggi è rivolto verso lo spettatore, uno sguardo appunto fisso e aperto… quasi interrogativo.
I 34 dipinti sono caratterizzati dalla linearità delle forme, i colori pastello, da personaggi con una fisicità posata, statica, estremamente rilassata, con posture che mostrano la frontalità del corpo, senza nascondere nulla. Apparentemente solo il silenzio e lo sguardo indicano una mancata presenza di confine tra i personaggi e lo spettatore, tra la scena ritratta e il contesto spazio-temporale, tra l’azione ritratta e la fisicità che conduce l’azione stessa. In quest’ultimo binomio infatti possiamo notare come il corpo dei personaggi ritratti non esprime alcuna tensione muscolare, sembra venir fuori da una realtà metafisica in cui il corpo stesso è simbolo di qualcos’altro. La corrente del realismo magico conduce gli artisti seguenti in una pittura metafisica, di cui abbiamo il maggior esponente in Giorgio De Chirico, che nel primo dopoguerra segna un passaggio artistico e culturale verso le avanguardie del XX secolo.
L’assenza di parola e il silenzio del realismo espresso da Antonio Donghi, pone un interrogativo diretto allo spettatore sulla natura fisio-corporea del reale. Quanto la percezione fisica del reale restituisce informazioni sufficienti al nostro intelletto, quanto invece abbiamo bisogno di immaginare, oltre il limite della nostra percezione, per capire il senso del fluire del tempo e del dispiegarsi dello spazio. Questa fase artistica racchiude in sé, in modo embrionale, alcuni quesiti che l’arte e la letteratura porranno solo in seguito con il surrealismo, attraverso il post-espressionismo. Negli anni Trenta diventa difficile proseguire il filone del realismo magico per artisti come Carrà e Funi, per via dell’avvento dell’ideologia imperial-nazionalista e dell’ingerenza del regime fascista, per questo motivo, lo stile donghiano serra in un silenzio ancora più criptico il proprio senso del magico e del fantastico. Possiamo dunque trovare alcuni interrogativi formali, senza avere una simbologia esplicita.