Un’orchestra di suoni, esotici e casalinghi. Un’oasi felice di convivenza tra animali abbandonati, questo è il Rifugio Hope, che Corinna, responsabile e proprietaria del terreno, fa vivere da anni con l’aiuto di altri volontari.
“Si tratta di un rifugio di animali liberi- spiega Corinna- che vengono da rinunce di proprietà e da abbandoni da allevamenti e ritrovamenti. Molti di questi erano destinati ad allevamento intensivo e quindi allo sfruttamento della carne, del latte ecc..

il rifugio, situato in via Porciano nel comune di Castel Sant’Elia, ospita circa 400 unità, di oltre 20 specie differenti: cavalli, asini, mucche, galli, galline ecc.. in più c’è anche un esemplare di struzzo. Non mancano esemplari esotici provenienti da sequestri come suricata, puzzole americane e lepri della Patagonia”.
Gli ospiti convivono in uno spazio di oltre tre ettari; la sfida di chi ha realizzato il rifugio è quella di far vivere insieme animali di specie diverse. Come tanti altri rifugi in italia, si tratta di luoghi, cosiddetti “santuari”, dove la vita e la convivenza hanno una grande importanza. Quando arriva un ospite nuovo da una situazione difficile, spesso la prima accoglienza viene fatta dagli animali stessi che gli trasmettono un clima familiare. La coabitazione tra specie differenti e le amicizie che nascono ad esempio tra agnello e asino, o una capra e una pecora sono all’ordine del giorno. Gli animali hanno, inoltre, la libertà di riposare e mangiare dove desiderano, sia all’aperto che al chiuso. Il terreno è recintato per evitare che gli animali non si disperdano altrove. Sono altresì delimitati gli esseri umani che vengono a visitarli, infatti al centro della tenuta c’è un altro piccolo recinto con un ristorante all’interno; chi arriva da fuori nelle giornate dedicate può stare a contatto con gli animali o risiedere all’interno dello spazio protetto.

Spesso si creano delle dinamiche di relazioni molto interessanti, e soprattutto sempre giocose: le capre che si prendono a testate, ma lo fanno a mo’ di gioco, senza competizione; i bufali che “fanno i ragazzacci” e rincorrono le mucche che scappano, poi arriva O’Neal, il toro alfa che li rimette in riga. Ognuno dei 400 animali ha un nome che gli è stato dato dai volontari osservando le proprie caratteristiche fisiche.

Il rifugio Hope è un luogo molto accogliente e spesso gli animali anche maltrattati, dopo poco tempo, sembrano stare a loro agio. L’accesso dei visitatori è consentito solo durante gli eventi organizzati ogni due settimane, prima fonte di finanziamento per il mantenimento degli animali stessi. Durante una giornata del weekend si apre al pubblico la zona ristorante che propone un pranzo con menù vegano. Il gran lavoro di comunicazione, maggiormente eseguito sui social, porta molti follower (tra i 25 mila e i 50 mila). Corinna ci racconta che: “ il rifugio potrebbe essere sostenuto interamente con la donazione di un solo euro al mese per ognuno dei follower, per di più proponiamo merchandising e campagne di donazione, fa parte della rete dei santuari degli animali liberi, la rete ha lo scopo di sostenersi a vicenda, per eventuali emergenze e per la comunicazione”.
