Positivi. Ritrovarsi dopo il disagio emotivo da Pandemia

Intervista al dott. Massimo Cozza, direttore del DSM dell’ASL Roma 2

Abbiamo intervistato il dott. Massimo Cozza – direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 2 – autore insieme alla giornalista Maria Emilia Bonaccorso (ANSA) – esperta di salute, medicina e sistemi sanitari – del libro Positivi. Ritrovarsi dopo il disagio emotivo da pandemia (Publiedit, pp. 160, € 10,90), i cui proventi saranno devoluti all’ospedale Spallanzani per la ricerca sul COVID-19. 

Nella prefazione di Piero Chiambretti si legge: «Essere positivi per una vita e poi d’un tratto sperare di essere negativi è uno dei tanti controsensi di questi mesi di virus che ha cambiato il mondo e la vita di tutti». Il conduttore televisivo ha perso la madre a causa del coronavirus e, come lui, nel libro c’è spazio per le esperienze delle vittime e delle persone a loro vicine. 

Oltre alla prefazione di Chiambretti, Positivi conta due importanti contributi firmati da Massimo Biondi, ordinario di psichiatria all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e da Maria Rita Pazzi, psicoterapeuta e saggista che affronta tematiche che riguardano minori e adolescenti. 

«Il filo rosso dell’intero libro è dato soprattutto dal titolo “Positivi”, una parola che si cerca di ribaltare rispetto al significato che, purtroppo, sta assumendo da alcuni mesi» racconta il dott. Cozza, che prosegue «Noi vorremmo riportare questa parola alla sua connotazione originaria, ottimistica, quella di riprendere la vita e “ritrovarsi”, che è anche il sottotitolo del libro. Ritrovarsi in sé stessi ma soprattutto con gli altri, perché uno dei valori che tentiamo di descrivere è quello di passare dall’“Io” al “Noi”, con la consapevolezza che la pandemia è arrivata in un momento in cui, soprattutto in Italia, l’individualismo era imperante». 

Nel testo si affrontano alcune sindromi specifiche della pandemia, tra cui la “Sindrome del sopravvissuto” che riguarda soprattutto le persone che hanno vissuto sulla propria pelle questa esperienza, ovvero i familiari di persone decedute, ma anche il personale degli ospedali tutt’oggi impegnato nei servizi territoriali. Queste persone si domandano: “Perché io ce l’ho fatta e qualcun altro, a me vicino, invece no?”.  

Questo interrogativo, spiega il dott. Cozza, diventa una sindrome nel momento in cui l’individuo ipotizza: “io ce l’ho fatta perché probabilmente non sono riuscito ad aiutare le persone a me vicine allo stesso modo”. Entra in causa, così, il senso di colpa, per cui il soggetto pensa e rimugina su tutto ciò che è accaduto e se ne attribuisce la responsabilità. Si tratta però, nella pratica, di una convinzione ben lontana dal reale, poiché spesso si poteva fare poco o niente. 

Il direttore fa notare come i servizi di salute mentale di tutta Italia, soprattutto i CSM, siano rimasti aperti, rappresentando un baluardo del servizio pubblico per le persone con problemi gravi, urgenti e non differibili legati a patologie di natura psichiatrica. Durante il lockdown c’è stata tuttavia una diminuzione degli accessi ai servizi, proprio per effetto della quarantena. Si pensi inoltre che una delle problematiche in salute mentale è la difficoltà nel relazionarsi con gli altri. Ora più che mai è importante rompere questa situazione di “non interazione” cui ci si è abituati in questi mesi, al fine di ricostruire la rete sociale, affettiva e umana, a maggior ragione per chi soffre di disturbi psichiatrici. 

Il DSM dell’ASL Roma 2, così come gli altri Dipartimenti, la Regione e il Ministero della Salute, ha attivato una linea telefonica specifica per le ansie, le paure e i disagi vissuti dalla popolazione. «È stata una funzione positiva» racconta il direttore, «perché già parlare con qualcuno che ascolta le tue preoccupazioni, tuttora presenti, è importante; così come è sano e giusto provare e condividere emozioni di paura e ansia. Il problema sorge quando la paura non è razionale e comincia a invadere la vita della persona che si rinchiude in casa. In questi casi è bene confrontarsi con il proprio medico di base e i servizi di salute mentale, affinché si esca da quel tunnel per riappropriarsi della propria vita. Tuttavia inizialmente la paura è sana perché aiuta ad affrontare il pericolo». 

Anche il lavoro e l’economia del Paese ha subito danni devastanti in seguito al lockdown, tanto che più del 50% delle imprese ha dichiarato che potrebbe non arrivare a dicembre 2020. 

Essendo l’aspetto economico, del lavoro e delle risorse, fondamentale nella vita di ognuno, tanto che il dott. Cozza lo definisce «un architrave, insieme all’abitare, agli affetti e alle relazioni sociali», risulta quindi uno dei fattori determinanti dei possibili disagi emotivi. Per cui, nel libro, si parla anche di Recovery (proprio il Recovery Fund è un tema caldo in questo momento) facendo una similitudine tra il linguaggio più economico e quello della salute mentale, dove «Recovery significa “riprendersi”, “ripartire”, “curarsi” ed è sinonimo anche del Recovery nell’accezione economica. Questi due fattori si dovrebbero coniugare auspicando che i finanziamenti europei vengano utilizzati, oltre che per risollevare l’economia del Paese, anche per potenziare i servizi del SSN e quelli di salute mentale per rispondere ai bisogni emotivi delle persone». 

A questo punto il direttore solleva una critica riguardo alla disinformazione generale relativa ai servizi territoriali: «la scommessa si vince sul territorio perché è lì che bisogna intervenire, fare prevenzione, cura, riabilitazione, mentre l’ospedale dovrebbe rappresentare una estrema possibilità. Il problema che vive il territorio, già prima del COVID-19, è quello di una scarsa attenzione, anche da parte dell’opinione pubblica e della politica in generale che vede l’ospedale e il pronto soccorso come punto di riferimento del cittadino, mentre il territorio è stato un po’ bistrattato. Adesso, che è stato rivalutato su tutti i piani, l’augurio è che questa esperienza drammatica ci consenta di ripartire migliorando l’assetto dei servizi sul territorio in maniera tale da poter intervenire tempestivamente rispetto alla necessità di recarsi in ospedale quando le patologie sono già a uno stadio avanzato». 

È ormai assodato che la socialità crea benessere mentale e fisico. Nel libro si parla inoltre del sentimento di coesione sociale verificatosi durante il lockdown, dagli appuntamenti musicali sui balconi, alle bandiere esposte fuori dalle finestre, in cui i cittadini si sono potuti riconoscere come appartenenti di una stessa comunità e hanno condiviso le preoccupazioni collettive. Con la speranza che tutto questo non venga dimenticato e che non si torni al proprio individualismo, il dott. Cozza conclude «solo insieme agli altri si può reagire ai pericoli e trovare la forza positiva di dare delle risposte, costruendo una rete sociale e affettiva». 

 

Martina Cancellieri, Daniel Dell’Ariccia