Il film “Marilyn ha gli occhi neri” del regista Simone Godano è una commedia del 2021 che parla di un centro diurno di riabilitazione frequentato da diversi pazienti con specifiche patologie comportamentali molto diverse tra loro, in particolare racconta la storia di Clara (Miriam Leone) e Diego (Stefano Accorsi), due persone appartenenti a mondi diversi. A Clara viene l’idea di aprire un ristorante con l’aiuto di Diego, eccezionale chef d’alta cucina, che aprirà poi un blog in cui presenta un ristorante mai visto prima. Immersi completamente in questa avventura, i due inizialmente non si accorgono che l’impresa è più grande di loro, tant’è che si ritroveranno a dover affrontare molte difficoltà comprese quelle di tipo giudiziario. Il titolo del film deriva dalla convinzione di Clara nel sostenere la sua somiglianza con Marilyn Monroe e i suoi occhi neri.
I personaggi del film sono davvero ben strutturati, in particolarmente Susanna (Orietta Notari), donna con la sindrome di Tourette che ha la tendenza impulsiva a pronunciare parole oscene e volgari. L’attrice riesce a spezzare la tensione di tanto in tanto con la sua buffa performance, quasi sempre fuori luogo, e a strappare un sorriso allo spettatore.
Gli attori protagonisti sono molto credibili, Stefano Accorsi, uomo nevrotico e pieno di tic sembra avere anche un disturbo ossessivo compulsivo; si cala sorprendentemente bene nel personaggio rispecchiando dunque il mondo della nevrosi, ha spesso attacchi di rabbia molto verosimili. Rappresentando per esempio questi tic uniti ad una leggera balbuzie, riesce a dare l’idea di una persona piena d’ansia e di stress ma anche molto vulnerabile, che nasconde le emozioni e i sentimenti. Nel rapporto con la figlia emerge tutta la sua paura di perderla e con l’apertura del ristorante Monroe fa di tutto per non deluderla.
Miriam Leone, nei panni di Clara, in questo film recita in una delle sue migliori performance. Anche lei rispecchia molto bene la patologia di chi soffre di mitomania: per attirare l’attenzione altrui racconta infatti di vivere in una realtà grandiosa e perfetta frutto della sua fervida fantasia, per poi rimanerne prigioniera; i suoi momenti di scoraggiamento e disperazione sono ben interpretati dall’attrice.

Se si dovesse fare una critica al film, il centro diurno è rappresentato non tanto come un luogo sicuro, come invece è nella realtà, ma banalmente come un centro di psicoterapia, dove i pazienti si riuniscono in cerchio e parlano a turno dei loro problemi e conflitti interiori. Non sembrano esserci altre attività diurne in questo servizio, quindi, facendo un confronto con la realtà dei centri diurni, questo aspetto non si rispecchia proprio con la concretezza di come sono strutturati.
Tuttavia, nel film ci sono momenti salienti in cui il disagio psicologico è affrontato in maniera realistica e lascia un bel messaggio al pubblico. Per esempio nel pezzo in cui Clara e Diego sono in macchina fanno un discorso, nel quale discutono di come la gente ha paura di chi sta male, stigmatizzando chi vive nel disagio e nella solitudine, etichettando la persona a causa dei propri errori commessi nei momenti di non lucidità. Nel mondo della salute mentale la battaglia contro il pregiudizio è sempre attuale e il film lo manifesta correttamente.
Il laboratorio di cucina viene visto inizialmente dai medici come un progetto folle, tant’è che non si sarebbero mai immaginati che i pazienti ce l’avrebbero fatta. Successivamente, quando il Monroe comincia a dare i suoi frutti, i medici cambiano idea e cominciano a credere che questo progetto possa cambiare la vita degli utenti in quanto rappresenta un primo contatto con l’esterno, nonché un’opportunità terapeutica; così facendo i medici restituiscono dignità alla malattia mentale.
Un altro aspetto decisamente interessante che invita a riflettere è quando il medico si apre in un colloquio con Clara e le confida che da giovane aveva avuto problemi con la droga, ma che fortunatamente era riuscito a fuggire da questo tunnel facendo di questa brutta esperienza un’occasione per crescere.
Inoltre, tra i momenti più toccanti emerge la sensibilità e sincerità di Clara quando racconta a Diego la sofferenza del sentirsi invisibili dinnanzi agli occhi del marito, motivo che l’ha portata a diventare una bugiarda patologica. Sul finale Diego confessa a Clara di averla accettata così com’è nonostante i difetti e lo stesso ha fatto lei nonostante la balbuzie. Il film sembra una vera lotta allo stigma. Questa scena romantica viene coronata da un appassionato bacio.