La vicenda che ha coinvolto Andrea Soldi durante un TSO.
Andrea fu immobilizzato con una presa al collo dai due vigili urbani e dallo psichiatra che stavano eseguendo il TSO. Era l’ estate torrida del 2015, nel parco di Piazza Umbria a Torino. A seguito di questo trattamento morì in ospedale, poco dopo l’arrivo in ambulanza.
Matteo Spicuglia, un giornalista Rai, che si è interessato al caso di cronaca ha conosciuto la famiglia di Andrea e mentre era in camera sua, si è imbattuto per caso nel diario, scritti autografi che custodiva nella sua stanza.
Andrea era un quarantenne affetto da disturbo bipolare, che da circa vent’anni veniva seguito dai servizi territoriali. I ricoveri erano momenti delicati che andavano spesso in contrasto con la sua volontà, per questo motivo il padre decise di prendere un appuntamento per attuare, proprio quel pomeriggio, un TSO. Da tempo, passava le sue giornate nel parco di Piazza Umbria ed in particolare su una panchina, che poi gli venne dedicata. Anche quel pomeriggio si trovava lì, tanto che l’avvicinamento degli operatori sanitari, non prevedeva apparentemente alcuna difficoltà, se non per la stazza del ragazzo, che superava i cento chili. In questo caso però, le cose avvennero in modo frettoloso e maldestro . Sembra, infatti, che Andrea perse la vita proprio a causa della dinamica con cui si svolse quel fatidico TSO. Nelle fasi processuali, poi passate agli atti, pare fossero stati evidenziati diversi momenti di approssimazione nelle procedure effettuate, come ad esempio l’aver caricato Andrea sull’ambulanza legato ai polsi e a faccia in giù; l’averlo atterrato senza che egli avesse opposto resistenza. Questi sono alcuni degli eventi che i processi non metterebbero in dubbio.
Così la vicenda di Andrea, raccontata da Matteo Spicuglia, è passata sui giornali e in tv come un evento che poteva e doveva essere evitato, mettendo sotto accusa i servizi territoriali di salute mentale, le procedure dei Trattamenti Sanitari Obbligatori, la competenza degli operatori, le modalità e le motivazioni dei ricoveri, soprattutto quelli coatti.

Nelle pagine di “Noi due siamo uno”, l’autore riporta parti del diario di Andrea Soldi, in cui apre la sua mente, scrivendo come la sua percezione del mondo cambia costantemente. I suoi familiari diventano ai suoi occhi bestie feroci che gli incutono una “paura tremenda”, in alcuni momenti è immobile per la quantità di immagini che gli si parano davanti, altre volte è tremendamente triste per tutto quello che ha provato l’attimo precedente solo nella sua percezione. A volte riesce solo ad abbracciare i suoi cari, scusandosi in lacrime. Queste pagine che lo raccontano arrivano agli occhi e al cuore dei familiari e della sorella come una rivelazione. Di fatto, con queste righe scritte da Andrea, la famiglia inizia a decodificare atteggiamenti e reazioni assolutamente indecifrabili per loro, tanto che in alcuni momenti vedendolo davvero sofferente, ammettono di non aver saputo come reagire.
Questa vicenda apre uno scenario di efficienza discontinua sul territorio nazionale dei servizi psichiatrici di salute mentale. La pratica del TSO fa parte degli strumenti che il servizio territoriale attua per via di una segnalazione, spesso dei parenti più prossimi, come è successo ad Andrea, per permettere che la persona spesso annebbiata dal dolore e dal disagio acceda alle cure, anche senza la sua volontà. Ricevere un TSO è sempre un atto forzato e quindi non è mai un’azione piacevole. L’incontro improvviso ed inaspettato con gli operatori sanitari genera nella persona che lo subisce un forte disagio. Le azioni che ne derivano, sono frutto della competenza di personale esperto e addestrato per affrontare questo tipo di difficoltà.
La realtà dei dati è che nei territori in cui i servizi funzionano meglio, si hanno meno ricoveri e meno TSO, soluzioni che vengono prese in estrema ratio, per questioni che riguardano la “sicurezza” personale e verso terzi.