L’immigrazione nei film di tutti i tempi
Il tema “immigrazione” viene ampiamente trattato nel cinema. Partendo dai film più recenti, uno degli ultimi ad affrontare questo argomento è Tolo Tolo di Checco Zalone, alla cui sceneggiatura ha collaborato anche Paolo Virzì. Zalone, nei panni del protagonista, denuncia sottilmente i problemi dell’Italia, intraprende un viaggio in Africa per scappare dai debiti e dai problemi con la burocrazia italiana, soltanto che, per quanto cerchi di ambientarsi con il popolo africano, in alcuni momenti non riesce a nascondere la nostalgia per il suo Paese. In realtà attacca le persone razziste. Anche Exodus (1960, Otto Preminger), con Paul Newman, racconta come nel 1947 ebrei e non solo, scappano dall’Europa durante la seconda guerra mondiale, per rifugiarsi nel territorio di Israele. Non essendo dei documentari, entrambi i film citati non pretendono di essere esaustivi riguardo i fatti reali, ma ne restituiscono un’idea.
Tra i primi film della storia del cinema sull’immigrazione, ricordiamo sia L’emigrante (1915) di Febo Mari, sia Dagli Appennini alle Ande (1916) di Umberto Paradisi, entrambi film muti che raccontano di italiani che si sono trasferiti in Argentina. Il primo parla di un uomo in cerca di una vita migliore, ma che non riesce a mantenersi nemmeno facendo lavori che in Italia non avrebbe fatto (come succede a chi viene nel nostro Paese). Nel secondo film, invece, un italiano va in Argentina a cercare la madre che si era trasferita per cambiare vita, ma quando la trova, lei è malata e piena di rimorsi per avere abbandonato la famiglia. Questa volta però il protagonista riesce ad ambientarsi nel Paese straniero. Nel 1917, Charlie Chaplin propone il film muto The Immigrant, che narra la storia di quelle persone che, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, arrivano in America attraversando l’oceano, con le barche e moltissimi problemi, come fossero bestiame. Cambiano i secoli, le situazioni, ma le conseguenze rimangono quasi le medesime.
Tornando ai tempi più recenti (2012, Claudio Giovannesi), è doveroso citare Alì ha gli occhi azzurri, spesso proposto nelle scuole perché descrive l’amicizia tra un ragazzo egiziano (Nader) e uno italiano (Stefano). Quando Nader si innamora di una ragazza italiana deve decidere se rimanere fedele alla sua cultura oppure scappare; la questione gli causerà una crisi di identità. In Welcome (2009) di Philippe Lioret – vincitore del Premio Lux, ricevuto dal Parlamento Europeo – si racconta la storia di un curdo-iracheno che vuole raggiungere la sua ragazza a Londra. Il documentario Sea Sorrow (2018) di Vanessa Redgrave – con la collaborazione del figlio Carlo Nero in veste di produttore – dà voce alle testimonianze di vari rifugiati sopravvissuti ai conflitti in Medio Oriente e in Africa. In Brooklyn (2015) il regista John Crowley racconta la storia di una giovane immigrata irlandese nella Brooklyn degli anni Cinquanta.
È una storia che si ripete: si cerca una vita migliore in altri Paesi, come recita un detto famoso “pensavi di trovare l’America”, alcuni ci riescono, mentre molti altri no, come per esempio gli italiani che sono andati in America pensando di fare successo ma, non avendo competenze settoriali o specialistiche, hanno incontrato il fallimento. In questo mondo, se ci si distingue dagli altri per religione, orientamento sessuale, usi e costumi, per il colore della pelle si rischia di subire atti di bullismo più o meno violenti. E questo non dovrebbe mai succedere. Spesso si dimentica che molte associazioni benefiche italiane fanno volontariato in Paesi stranieri per aiutare le persone nelle loro realtà, mentre alcuni immigrati specializzati in varie professioni, aiutano a crescere il Paese che li ospita. Per comunicare un messaggio di speranza, ecco un estratto di Imagine di John Lennon: «Imagine there’s no countries, it isn’t hard to do, nothing to kill or die for, and no religion too, imagine all the people, living life in peace. You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one, I hope someday you’ll join us, and the world will be as one».