Religione ebraica e cattolicesimo

Differenze e similitudini tra le due fedi 

Il S. in sette giorni creò la terra e l’ultimo giorno si riposò ma, mentre per gli ebrei seguendo il calendario lunare il riposo inizia dal tramonto del venerdì e finisce con il tramonto del sabato, per la religione cattolica esso si concentra tutto nella domenica. Il popolo ebraico ha come riferimento principale la Torah o Pentateuco, di cui si legge ogni settimana una parte fino ad arrivare alla festa “Simchat Torah” dove si legge l’ultima parte e, per non fermarsi mai, si riprende subito dal primo libro della creazione del mondo. I cattolici invece hanno il Vecchio Testamento, che in alcuni tratti è simile, per poi continuare con il Nuovo Testamento che inizia da Gesù. 

Per quanto riguarda il rituale al momento delle nascite, nel popolo cattolico si usa fare il battesimo mentre nel popolo ebraico ai neonati di sesso femminile non viene fatto il bagno rituale chiamato “Mikveh”, in quanto nate da madre ebrea; ai neonati di sesso maschile, invece, viene effettuata dopo otto giorni dalla nascita la circoncisione, chiamata “Mila”.  

La comunione cattolica avviene dopo un periodo di catechismo, mentre nella religione ebraica per i maschietti all’età di 13 anni c’è il “Bar mitzvà” e viene loro richiesto di studiare “Arvith”, la preghiera della sera, che si leggerà e canterà in ebraico il venerdì (Shabbat) in sinagoga dove, dopo aver compiuto il tredicesimo anno di età, si deciderà di festeggiare, mentre il sabato mattina successivo si leggerà e canterà una parte della “Torah” in questo caso usando i rotoli come nell’antichità. Per un intero anno si studierà il tutto insieme a un rabbino, mentre per le femminucce quella che nella religione cattolica è la comunione, nella religione ebraica si chiama “Bat mitzvà” e si fa a 12 anni. Purtroppo le regole non permettono alle ragazze di pregare sulla “Teva”, ovvero l’altare, tranne al momento del matrimonio, a meno che non si decida di festeggiare in una sinagoga riformista. 

Il matrimonio ebraico, per essere effettuato in sinagoga, richiede che entrambi gli sposi siano di religione ebraica. Questo può avvenire anche nel caso in cui uno dei due sposi si sia convertito, percorso peraltro molto difficile. Ovviamente nei matrimoni misti le regole sono diverse e molto più complicate. Il matrimonio ebraico si svolge sotto la “Chuppah”, che si può paragonare a una tenda di quelle che usate per gli eventi all’aperto, dove il rabbino legge e canta le preghiere e gli sposi firmano la “Ketubbah”, una pergamena che è una sorta di contratto che li vincola. Le preghiere vengono accompagnate da musiche dal vivo con strumenti e cantanti e, come nel matrimonio cattolico, ci si scambiano le fedi: alla fine le due cerimonie sono molto simili, solo con parole e lingue diverse. Una curiosità interessante è che il matrimonio è una delle poche feste ebraiche in cui si possono suonare gli strumenti musicali in sinagoga dove invece si canta generalmente “a cappella”.  

Nel malaugurato caso che i coniugi di religione ebraica volessero divorziare, è necessario che si presentino al tribunale rabbinico dove, dopo un rituale, vengono svincolati dalla “Ketubbah”, mentre la religione cattolica non ammette il divorzio 

Una differenza importante tra la religione cattolica e quella ebraica è che il rabbino è obbligato a sposarsi per ricoprire la carica religiosa mentre preti, sacerdoti e vescovi cattolici non possono assolutamente sposarsi. Anche per quanto riguarda l’ultima fase della vita, la morte, c’è un’altra grande differenza tra le due religioni perché, mentre i cattolici portano la salma in chiesa e recitano preghiere, per gli ebrei tutto questo è vietato, di conseguenza hanno un’apposita sinagoga all’interno del cimitero. Dopo una settimana, un mese e un anno dalla morte si dovrebbe ricordare il defunto e in particolare i parenti stretti devono seguire molte regole ferree, che implicano divieti e routine differenti dalla vita normale. 

Passiamo alla parte più bella per me, poiché mi permetteva un enorme numero di assenze giustificate alle scuole superiori, per le feste di entrambe le religioni, oltre a quelle civili. Vi chiederete se io stia parlando di Capodanno, inteso come 31 dicembre e primo gennaio: assolutamente no, invece, perché nella religione ebraica questa festività, che si chiama “Rosh hashana”, cambia ogni anno in base al calendario lunare, come tutte le feste. Dieci giorni dopo è “Kippur”, l’unico giorno dedicato completamente alla preghiera e all’espiazione dei peccati, nel quale non si può mangiare, bere, né effettuare alcun tipo di lavoro, mentre nella religione cattolica tutto questo avviene nella ben nota confessione dove non c’è un periodo dedicato. Poi c’è “Sukkot”, la festa delle capanne, che dura otto giorni, in cui si ricordano i giorni nel deserto, vissuti appunto sotto delle capanne. “Hoshanna rabba’ah” è il giorno di osannazione, nel quale si prende il “Lulav” (rami di palma, salice, mirto e un cedro) che viene sbattuto durante alcuni canti e ogni foglia che cade simboleggia un peccato. Gli ultimi due giorni di Sukkot si chiamano “Shemini atzeret” e “Simchat Torah”, nei quali si finisce e ricomincia la lettura della Torah. Nel periodo di dicembre, c’è la festa di “Chanukka”, la festa delle candele, che ricorda gli otto giorni dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, nei quali l’olio per fare luce durò miracolosamente per otto giorni, invece di un solo giorno: questa festa può essere paragonata al Natale cattolico perché in questa occasione si usa molto fare regali e accendere nelle piazze la “Chanukkiah”, il candelabro a nove braccia, mentre i cattolici usano fare il presepio e lalbero di Natale il giorno dell’Immacolata Concezione (8 dicembre), per disfarli una volta passato il 6 gennaio, giorno in cui si festeggia l’epifania. Poi c’è “Tu bishvat”, il capodanno degli alberi, in cui si usa mangiare particolarmente cibi che provengono dagli alberi. “Purim” assomiglia al carnevale perché ci si traveste e si fanno regali ai bambini, anche se in realtà la vigilia è un giorno triste in cui si usa fare un digiuno, in ricordo del fatto che Aman voleva sterminare il popolo ebraico, ma il Re Assuero si innamorò di Ester, la quale lo convinse a salvare il popolo ebraico di cui anche lei faceva parte.  

“Pesach” è paragonata alla Pasqua cattolica (che è l’unica festa cattolica a cambiare giorno ogni anno), pur essendo in realtà molto diversa. La vigilia prevede il digiuno dei primogeniti per ricordare le piaghe d’Egitto, con la successiva dipartita del popolo ebraico per recarsi a Israele sotto la guida di Mosè. Durante questi otto giorni, che corrispondono alla durata della festa, non si mangiano cibi lievitati e, nelle prime due sere, si fa una cena caratteristica con canti di gioia dall’inizio alla fine per festeggiare la liberazione dalla schiavitù in Egitto. Sia nella Pasqua ebraica che in quella cattolica le palme sono importanti ma, mentre il popolo ebraico in questo giorno le brucia, così come in questo periodo toglie dalla casa tutti i cibi proibiti, il popolo cattolico prende le palme e le porta nelle proprie case, cosa che gli ebrei fanno invece ad Hoshanna rabba’ah. La quaresima è il periodo di quaranta giorni che inizia dal mercoledì delle ceneri fino ad arrivare al giovedì santo e ricorda gli altrettanti giorni trascorsi da Gesù nel deserto. Alla fine della Quaresima inizia la Pasqua, che cade la domenica successiva al primo plenilunio della stagione primaverile. Nella religione ebraica, dalla seconda sera di Pesach si contano 49 giorni (il 33esimo è la festa di Lag Ba’omer, visto che finiscono i divieti presenti dal primo al 33esimo giorno e si usa fare dei pic-nic all’aperto), mentre il 50esimo è la festa di Shavuot che ricorda la fine del raccolto dei cereali, ma soprattutto è il giorno in cui Mosè riceve i Dieci comandamenti ebraici (che non sono le 613 mitzvot, ovvero le regole del popolo ebraico), più o meno simili a quelli cattolici. 

Sukkot, Pesach e Shavuot sono le tre feste ebraiche che ricordano il pellegrinaggio nel deserto. Tra aprile e maggio ci sono le ricorrenze di Yom Hashoah, l’anniversario ebraico della Giornata della Memoria in ricordo dell’Olocausto e Yom Hazikaron per ricordare le vittime di tutte le guerre, mentre Yom Hazmaut è l’anniversario dell’indipendenza dello Stato Ebraico. Tra luglio e agosto cade il digiuno di “Tisha be av”, il 9 del mese di Av, in cui si ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Per finire Rosh Codesh Elul, primo giorno dell’ultimo mese, in cui si narra che Mosè prese, per la seconda volta, le tavole della legge e venne perdonato da D. dopo che il popolo ebraico distrusse le prime. Il 13 aprile 1986, esattamente 35 anni fa, Papa Giovanni Paolo II venne nella sinagoga di Roma a salutare l’attuale Capo Rabbino Elio Toaff, che poi nominò nel testamento del Papa e che definì il popolo ebraico “suoi fratelli maggiori”. Non c’è migliore aneddoto per rappresentare il rapporto tra il Vaticano e la Comunità Ebraica di Roma. 

Il 17 gennaio 2010, quando già da diversi anni cantavo nel coro del Tempio Maggiore di Roma, ebbi l’onore di cantare per Papa Benedetto XVI. Il 26 ottobre 1999, il Coro Ha-Kol (La Voce), un coro ebraico, si esibì nell’Aula Nervi del Vaticano, partecipando a uno scambio inter-religioso: qualche anno dopo sono entrato anche tra i coristi di questo coro che, nel corso degli anni, ha eseguito vari concerti con altre religioni (tra cui anche quella mussulmana). Personalmente anche con il Coro della bella età del Centro Anziani Ostiense ho partecipato a vari concerti di Pasqua, Natale e varie festività cattoliche. Quindi, in conclusione, sento di poter affermare con orgoglio che la musica spesso unisce le religioni, anche perché, che siano in ebraico, latino o in altre lingue, i contenuti sono gli stessi come preghiere per shalom, pace, hatikva (titolo dell’inno di Israel), ovvero speranza: l’importante è credere in qualcosa o qualcuno. 

 

Daniel Dell’Ariccia