Juliette Binoche, una scrittrice Tra due mondi nel film di Emmanuel Carrère

Con uno sguardo vicino a Ken Loach, Emmanuel Carrère denuncia la precarietà di alcune donne addette alle pulizie a Ouistreham, paesino della Normandia

Il precariato, la disoccupazione, lo sfruttamento, il lavoro sottopagato, l’inefficienza dei servizi sociali, in poche parole la crisi del mondo del lavoro è una piaga degli ultimi anni, decenni ormai, destinata ad allargare il divario tra ricchi, sempre più ricchi, e poveri, sempre più poveri. Sono proprio questi ultimi a pagare le spese di tale crisi.

Tra due mondi di Emmanuel Carrère, tornato dietro la macchina da presa a 16 anni di distanza da L’amore sospetto, mette in scena questa frattura insanabile con uno sguardo attento e sensibile sulle sue attrici, perché sono le donne le protagoniste di questa pellicola, addette alle pulizie: giovani ribelli come Marilou (Léa Carne), ragazze madri come Christèle (Hélène Lambert) con tre figli a cui badare, donne adulte che fanno questo lavoro da sempre, con tutti gli acciacchi che ne derivano, e poi c’è Marianne (Juliette Binoche), scrittrice in incognito, alla ricerca dei luoghi di lavoro più angusti e deplorevoli per racimolare materiale di vita da raccontare nel suo libro di denuncia. Tra i fatti e le testimonianze delle sue colleghe Marianne appunta anche aneddoti tragicomici, come il licenziamento in tronco di una ragazza ripresa dalle videocamere di sorveglianza a lavorare in slip e reggiseno a causa del caldo. 

Tra due mondi, il cui titolo originale è Ouistreham, come il piccolo comune francese nella regione della Normandia dove la pellicola è ambientata, è un film dal sapore neorealista, con un sensibilità vicina ad autori contemporanei quali i fratelli Dardenne e Ken Loach (tra gli ultimi Sorry We Missed You), soprattutto nell’insistente, amara immagine in chiusura, oltre che per la tematica trattata e il desiderio di denuncia, ma anche per l’utilizzo di attrici e attori non professionisti. 

È proprio questo un aspetto sorprendente del film di Carrère; a parte Juliette Binoche, infatti, il cast è composto da non-attrici, tra cui spicca e sorprende Hélène Lambert nel ruolo di Christèle. Elemento non da poco, perché è grazie a queste persone reali, vere addette ai lavori, che il film può raccontare dal di dentro la quotidianità che si prefigge di denunciare, assumendo una credibilità maggiore, restituendo uno spaccato di un microcosmo sì precario e amareggiato, ma abitato da sentimenti sinceri di solidarietà e amicizia.

Ecco che il personaggio si fonde con l’interprete, e ancora con il regista-autore, in una myse en abyme a più livelli, che, nel rappresentare lo sguardo del “mondo alto borghese”, valica la missione in incognito di Marianne, oltrepassando la finzione filmica, entrando nei panni dell’attrice stessa Juliette Binoche, ma prima ancora in quelli del regista e scrittore Emmanuel Carrère. Inoltre, la sceneggiatura è ispirata al testo-inchiesta Il Quai de Ouistreham della giornalista Florence Aubenas, che ha riportato la sua esperienza autobiografica. 

Fattore cruciale della storia è appunto il divario sociale tra i due mondi rappresentati, divario che dalla storia dei tempi stabilisce che il potere e la visibilità sono strumenti privilegiati della classe più abbiente. Su tale questione si interroga il film attraverso i suoi personaggi: è veramente possibile comprendere, empatizzare, identificarsi appieno con gli ultimi? O si finisce per recitare solo una parte, restandone spettatori, sfruttando a propria volta la loro condizione per ricavarne un tornaconto in termini commerciali? 

 

Voto: 8 

 

Al cinema!