Continua la lotta tra fast ed eco-fashion.
Sembra che per Vogue Italia se nella primavera 2024 non indossi trasparenze, total Denim, pantaloni a pinocchietto, la tuta a pezzo unico o colori rosso, mercurio e latte menta sei definitivamente out. Non provarci nemmeno a fare un aperitivo a Ponte Milvio o sui Navigli se non indossi la giacca sciancrata, la scarpa da barca o il cappellino da baseball. Le grandi firme della moda internazionale, dopo le Fashion week di Parigi, New York, Londra e Milano hanno dettato le tendenze del pret-a-porter, che ci accompagneranno nelle prossime stagioni.
Il confine tra moda uomo e moda femminile è sempre più labile, specialmente tra le nuove generazioni, non è difficile trovare una ragazza nelle più esclusive discoteche di Ibiza in “super baggy fit”, ovvero quella tendenza che riprende lo stile hip-hop anni 90 dei vari 2pac e Biggie, caratterizzato da jeans e magliette over-sized e sneakers di tutte le categorie.L’estate ci porta fragole, anguria e ciliegie in tavola, ma anche nelle stampe delle magliette anche frutta e verdura diventano protagoniste della moda.Le grafiche colorate ed eccentriche stanno sostituendo la linea basic invernale; ai giovani piace molto matchare capi eleganti come mocassini e cardigan con capi più sportivi conferendo quell’effetto clochard all’outfit. Quindi quello che abbiamo capito da questo nuova annata del fashion è che tutti si sentono più liberi di esprimersi e di sperimentare attraverso l’abbigliamento, grazie anche ai sempre più numerosi movimenti di inclusività.

Se i luoghi sacri dello shopping rimangono i grandi marchi del fast-fashion come Zara, Bershka, H&M e Pull and Bear comincia a diffondersi maggiore attenzione per la moda circolare, attenta ai valori dell’eco-sostenibilità. E’così che i vintage market come Humana e Pifebo stanno diventando un canale importante per i cultori del fashion. La cultura del recupero e della custom sono un arma importante anche per il singolo nel combattere giganti come Shein e Temu, che fanno terra bruciata dei diritti dei lavoratori, dello spreco delle risorse e dell’inquinamento ambientale. Oggi tutti in un modo o nell’altro siamo consumatori, ma fino a quando potrà durare questo modello produttivo che garantisce colossali vantaggi economici per i brand e allo stesso tempo una devastazione della terra che ci ospita?