Presto o tardi l’uomo cercherà di farsi largo nel cosmo come un popolo che tenta di colonizzare non una fetta di terra, ma una parte dello spazio. Non ci è ancora dato comprendere come questo avverrà; sono state fatte delle supposizioni che non promettono bene. Per esempio sulla famosa rivista L’internazionale si legge: “ Un giorno, verso la fine di questo secolo, qualcuno spingerà un bottone liberando nel cosmo una forza vitale. Nel giro di mille anni, ognuna delle stelle che vedete di notte ospiterà nella sua orbita una vita intelligente. Tra meno di un milione di anni, quella vita riempirà l’intera Via Lattea, e tra venti milioni di anni il cosiddetto Gruppom locale di galassie. Nel tempo cosmico saranno raggiunte migliaia di super-ammassi di galassie, in una sfera d’influenza in eterna espansione con al centro la Terra.”
Queste sono le parole frutto di uno studio di Jay Olson su quella che definisce la conquista dell’universo. Jay Olson è un professore aggiunto presso il dipartimento di fisica della Boise State University in Idaho negli Stati Uniti. È lui a sostenere che la conquista dell’universo sarà inevitabile tra un milione di anni.
Il professore ipotizza che una navicella automatica spedita su un pianeta abitabile, possa essere in grado di costruire le infrastrutture adatte per il proseguimento della vita. La navicella poi costruisce copie di se stessa e le spedisce verso altri mondi abitabili. In questo modo vengono prodotte delle sonde auto-replicanti a crescita esponenziale. Ci potrebbero essere dei fallimenti ma la tattica di riproduzione studiata è geniale. Secondo lo scienziato, in circa 19 miliardi di anni, tutto l’universo a noi vicino sarà colonizzato. Ma queste sono solo ipotesi che si mostrerebbero vane qualora un attacco alieno conquistasse l’universo prima di noi fino a giungere alla Terra. E’ opportuno domandarci perché dovremmo conquistare l’universo e chi avrà la possibilità di andare sullo spazio, i più ricchi? I più intelligenti? Sono questi gli interrogativi che secondo Jay Olson ci manderebbero in conflitto, semmai dovesse prendere avvio questo progetto.
Tuttavia la corsa allo Spazio è stato un tema in passato molto combattuto a livello politico. Facendo un excursus possiamo riassumere dicendo che: negli anni ‘50 e ‘60 tra Stati Uniti e Urss, durante la guerra fredda, ci fu un forte scontro. La corsa all’esplorazione spaziale iniziò nel 1957, quando i russi misero in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1.
Stati Uniti e Unione Sovietica, partendo dalla tecnologia missilistica, sviluppata dai tedeschi, durante la Seconda Guerra Mondiale, fecero a gara a chi raggiungeva per primo “traguardi spaziali” per prevalere l’uno sull’altro. I due Paesi investirono enormi risorse nelle missioni oltre l’atmosfera terrestre, perché, nelle dinamiche della Guerra Fredda, primeggiare nella corsa allo spazio era considerato un obiettivo irrinunciabile. In un primo tempo furono i sovietici a imporsi, dato che, dopo il lancio, riuscirono, sempre nel 1957, a mandare in orbita il primo satellite con un essere vivente a bordo, la cagnolina Laika. Si poté così arrivare al 25 marzo 1961, quando la navicella sovietica Vostok 1 compì in 108 minuti il giro della Terra con a bordo un essere umano, l’astronauta Juri Gagarin.
La risposta americana al programma spaziale sovietico arrivò in ritardo, ma, grazie alle grandi risorse economiche e tecnologiche di cui disponevano, gli Stati Uniti recuperarono rapidamente terreno.
Solo nel 1958 nacque la NASA, l’agenzia spaziale statunitense, e pochi anni dopo fu possibile avviare il Programma Apollo, che aveva l’obiettivo di portare il primo uomo sulla Luna entro la fine degli anni Sessanta. In pochi decenni vennero organizzate molte missioni spaziali per testare gli immensi razzi in grado di portare la navicella fuori dall’orbita terrestre e consentirle così di dirigersi verso lo sconosciuto suolo lunare. Furono inoltre perfezionate le tecnologie per consentire agli astronauti di sopravvivere in condizioni estreme e di muoversi sulla Luna, oltre alle delicate procedure per fare ritorno sulla Terra. Finalmente il 21 luglio 1969 di domenica l’astronauta Neil Armstrong, dopo un viaggio di settanta ore tra la Terra e la Luna a bordo dell’Apollo 11, mise piede sulla superficie lunare per la prima volta. Poco tempo dopo la navicella e il suo equipaggio rientrarono sulla Terra senza incidenti: fu un giorno storico per l’umanità e uno dei più grandi successi della tecnologia umana. Quella di Apollo 11 fu la prima di una serie di missioni lunari che si conclusero poi nel ‘72 con Apollo 17. A partire dagli anni Settanta, inoltre, la sfida tra USA e URSS in campo spaziale divenne meno accesa, tanto che si arrivò anche a missioni congiunte tra americani e russi. Alla fine, diventa chiaro che lo sbarco sulla luna deve il suo successo agli sforzi collettivi degli scienziati (sovietici, americani ma anche francesi, tedeschi e altri…) e non a una singola ideologia.