Tutto ciò che ci serve si paga: il tofu al supermercato, il bagnoschiuma al burro di karité in profumeria, le medicine in farmacia, il cellulare nuovo di ultima generazione al negozio di elettronica…Tutto si paga. L’accesso ai siti internet dà l’impressione di essere gratuito e non ci sembra vero! Ci si iscrive a siti, si fanno dei login senza pagare nulla. Ma ricordiamoci: tutto ha un prezzo. La domanda giusta è: qual è il prezzo che sto pagando?
Navigare nel web, disseminando i nostri dati, è un po’ come mangiare un panino e seminare briciole. Quelle briciole verranno raccolte da qualcun altro. A noi interessa, immediatamente, mangiare il panino ma le briciole ci appartengono, lasciano nostre tracce e, se ci sono Terzi che sfruttano quel che resta del nostro cibo per fare commercio, ci dovrebbe preoccupare. Ecco: il panino è la navigazione web e le briciole sono i nostri dati. Facendo un quadro della situazione possiamo dire che le piattaforme digitali come Facebook e Instagram, sfruttano i dati personali degli utenti per trarne profitto, e questo viene definito capitalismo digitale.
In poche parole queste piattaforme raccolgono una grande quantità di dati su di noi, dai nostri interessi, dalle nostre abitudini di consumo e le utilizzano per personalizzare le pubblicità che ci ripropongono e ottenere possibili guadagni.
Tra i social network più utilizzati dagli italiani ci sono Facebook e Instagram, quindi si può dire che questi esercitino un forte controllo nei nostri confronti, ciò è possibile attraverso la raccolta e l’analisi dei nostri dati. Tale controllo si manifesta e ci spiega come mai dopo aver cercato un paio di scarpe da comprare online, ci arrivano degli annunci di calzature simili mentre. Questa è la conseguenza della personalizzazione delle pubblicità e dei contenuti che vediamo online.
Quando accediamo a piattaforme digitali (Facebook, Twitter e Instagram) spesso non ci rendiamo conto che il servizio offerto lo stiamo pagando con le nostre informazioni riservate; questo avviene semplicemente quando accettiamo i loro termini e le condizioni d’uso ed ecco che i nostri dati vengono utilizzati per fini commerciali.
La pratica di raccolta e analisi di dati personali online, al fine di creare profili dettagliati di individui, è quello che si chiama profilazione sul web. Questa pratica può essere utilizzata dalle aziende per personalizzare le loro campagne di marketing e offrire prodotti e servizi più mirati agli utenti. A questo punto la domanda è: che fine fa la privacy e la sicurezza dei dati? Forse alla rete interessa solo di capitalizzare questi dati, perché più ne accumula più ammonta il suo profitto.
Tutto funziona grazie ad un algoritmo commentato da Nick Couldry, esperto sociologo e docente di Media Communications and Social Theory presso la London School of Economics. Nel suo libro “Il prezzo della connessione” descrive ampiamente come i dati colonizzano la nostra vita e se ne appropriano per far soldi.
L’insegnante parla di colonialismo di dati, quel fenomeno secondo cui i paesi più sviluppati sfruttano il capitalismo delle piattaforme senza garantire benefici equi ed equilibrati. Questo può portare a una sorta di dominio economico e culturale digitale da parte dei paesi più ricchi. Insomma il colonialismo digitale, sostiene Couldry, controlla vite, modi di sapere, mezzi di produzione, partecipazione politica. App, piattaforme e oggetti intelligenti catturano e traducono le nostre vite in dati, per poi estrarne informazioni da immettere sul mercato. La democrazia viene piegata ai propri interessi privati, questo è il grido di allarme che ci viene sottoposto dall’autore del libro. Consigliamo vivamente questo testo se ci interessa esplorare come i nostri dati personali vengano sfruttati dalle grandi aziende tecnologiche per fini commerciali, mettendo in discussione la privacy e la sicurezza dei cittadini. L’autore, infine, analizza i rischi legati alla condivisione dei dati online e suggerisce possibili soluzioni per proteggere la propria privacy nel mondo digitale.