Il giocatore d’azzardo patologico

“ […] avevo l’idea strana e folle che avrei senz’altro vinto, qui, al tavolo da gioco. Perché avessi quest’idea non lo so. Ma ci credevo […] forse appunto perché non mi rimaneva nessun’altra possibilità di scelta”

Fedor Dostoevskij, Il giocatore, 1866.

Chi è il giocatore d’azzardo patologico?

È considerato gioco d’azzardo ogni gioco in cui viene scommesso o puntato denaro, la puntata non può essere ritirata e l’esito della partita dipende prevalentemente dal caso/fortuna/fato (alea).
Le ricerche archeologiche ed antropologiche testimoniano l’esistenza del gioco d’azzardo in ogni epoca, cultura, tipo di società e di strato sociale (Gherardi, 1991).

Secondo Wikipedia il giocatore d’azzardo patologico è colui che “mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d’azzardo, aumentando la frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nell’apparente tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità economiche (facendosi prestare i soldi e coprendosi di debiti) e trascurando gli impegni che la vita gli richiede”.

Tali comportamenti rientrano nella sindrome del Gioco d’azzardo patologico (GAP) e i loro effetti negativi si ripercuotono significativamente su una o più aree principali di vita del soggetto (fisica, psichica e sociale) e, malgrado ciò, il soggetto sembra incapace di interrompere il comportamento divenuto ormai auto – distruttivo.

Un disegno di ricerca condotto al fine di fotografare le caratteristiche psicosociali del campione di giocatori patologici afferenti al distretto sanitario “Roma 2” (Franco e Boccassi, 2015), ha messo in evidenza particolari utili alla comprensione del fenomeno in questione.
Dalla ricerca emerge, in linea con la letteratura presente, che la maggioranza dei giocatori è di sesso maschile. L’età media di insorgenza del comportamento patologico è intorno ai quarant’anni, mentre la richiesta di aiuto avviene statisticamente solo dopo otto anni dall’insorgenza.
Il giocatore patologico risulta inoltre essere lavorativamente impegnato, coniugato, scolarizzato (prevalentemente scuola media e diploma) ed incensurato. La tipologia di gioco maggiormente utilizzata, indipendentemente dal sesso, è rappresentata dalle slot-machine e videolottery.
Il giocatore patologico è tendenzialmente fumatore; pochi risultano invece i casi di commorbilità con altre sostanze psicotrope. In linea con la letteratura presente, la maggioranza del campione di giocatori in esame riporta una vulnerabilità nei confronti dei disturbi dell’umore e dei disturbi d’ansia. È frequente, nella storia del giocatore, riscontrare componenti nella sua famiglia di origine (spesso il padre) che hanno auto, a loro volta, problemi con il gioco d’azzardo.
I giocatori patologici sono tendenzialmente persone che non hanno manifestato nessun disagio di natura psichica o legale, che non si sono mai rivolte in precedenza a strutture pubbliche o private, a psicologi e psichiatri.

In ambito clinico, i pazienti con GAP tendono a descrivere l’esperienza del gioco ponendo l’accento su una forma di trance ipnotica. I giocatori patologici, ed ancor più chi si concentra su slot machine e videolottery (ed è la maggioranza), raccontano di entrare in una dimensione in cui il tempo e la percezione di se stessi assume contorni sfuocati. Non è raro ascoltare, per chi si occupa di questo problema, storie in cui la persona entra nel bar e ne esce molte ore dopo, senza un soldo, e con la percezione che il tempo passato sia di gran lunga inferiore al tempo trascorso effettivamente. La struttura di molti giochi attualmente sul mercato, giochi che insistono molto sulla parte coreografica con luci e suoni e ripetibilità-prevedibilità ad oltranza, sembrerebbe agire in modo da stimolare esperienze simil-derealizzative e simil-dissociative proprie della trance ipnotica.
All’interno di questo stato vincere fa parte dello stesso meccanismo del perdere, un circuito ricorsivo in cui il fine ultimo non è più rintracciabile nella vincita economica quanto nell’atto stesso di giocare.
Così come la percezione del tempo viene alterata, anche la gestione delle risorse da investire nel gioco subisce un mutamento rispetto a quanto il giocatore aveva deciso in precedenza e soprattutto rispetto alle priorità (i soldi servono per pagare l’affitto, la assicurazione della macchina, ecc).

Nei loro racconti i giocatori parlano di un’esperienza spesso totalizzante.
Nella stragrande maggioranza dei casi i giocatori patologici agiscono, giocano, all’insaputa dei loro familiari. Tale comportamento, come facilmente si può intuire, porta spesso la famiglia del giocatore a rendersi conto del problema solo quando l’ammanco economico non si può più nascondere. È proprio questo il momento drammatico in cui la famiglia, e paradossalmente anche il giocatore, prende coscienza del problema in essere. È il momento in cui vanno in frantumi le illusioni ed i piani irrealistici che il giocatore aveva immaginato per fare fronte in maniera autonoma, spesso aggravando il problema (chiedendo sodi a tassi da usura, andando in rosso in banca), all’ammanco economico.

Come riportato sopra, dalla consapevolezza del giocatore di avere un problema all’effettiva richiesta di aiuto passano spesso anni; si chiede aiuto quando si sono già bruciate molte risorse economiche e quando i rapporti con la propria rete sociale si stanno deteriorando. L’esperienza fatta con questa tipologia di pazienti conferma il fatto che è molto spesso proprio la rete sociale del giocatore a spingerlo verso una richiesta di intervento. Non è raro assistere a sconvolgimenti di ruoli all’interno della famiglia del giocatore; passare dall’identità di capofamiglia integerrimo a quella di giocatore che sperpera le risorse necessarie al sostentamento della proprio ambito famigliare. Per le ragioni spiegate la famiglia del giocatore assume, all’interno della fase di trattamento, un ruolo importante, da utilizzare, coltivare e spesso ricostruire.

Il fenomeno del gioco d’azzardo patologico appare, come si desume, sfaccettato e complesso.
Trattare il problema del gioco d’azzardo patologico significa attuare una serie di interventi ramificati relativi agli aspetti di gestione della compulsione al gioco, aspetti psico-educazionali legati alla gestione economica, aspetti cognitivi legati alle distorsioni (pensiero magico, bias cognitivi presenti nel pensiero del giocatore), aspetti di orientamento ai servizi per eventuali problemi di usura, aspetti relazionali (coinvolgimento, laddove è possibile, della famiglia e della rete di sostegno della persona), e di sostegno psicologico.
La vergogna, il timore e lo stigma sociale sono spesso talmente presenti nel giocatore da inibire per molto tempo una sua richiesta di aiuto. E questo è sicuramente il problema che, prima del trattamento, il giocatore deve affrontare.

dscf0359Dott. Luca Boccassi

Psicologo e psicoterapeuta.
Collaboratore presso la UOC Patologie da DipendenzaASL Roma2 .

Lavora al progetto di prevenzione “Psicologi In Ascolto”