Il supporto psicologico al Centro Accoglienza di Pozzallo

Un capannone in cemento armato si erge alla fine del porto commerciale senza nulla intorno, una struttura che dovrebbe ospitare un magazzino, invece, vengono ospitate all’interno circa 300 persone, 150 delle quali non hanno neanche 18 anni. Cinque sono i bagni in totale, uno ogni 60 persone. Tutt’attorno, all’interno e all’esterno della recinzione, non c’è un un albero, una macchia diverde. Solo cemento che s’arroventa d’estate e diventa difficile riscaldarlo d’inverno, alla recinzione in metallo sono state inchiodate assi di legno in modo da precludere la vista. La sorveglianza è assicurata da camionette dell’esercito e dei carabinieri, il Centro di Primo Soccorso e Accoglienza è uno spazio precluso ai civili, solo gli enti sanitari e l’ente che gestisce con mandato di accoglienza, possono accedere alla struttura. Tra febbraio e settembre 2015, il porto di Pozzallo è stato interessato da 45 arrivi con un totale di 12.483 persone sbarcate. In questi 8 mesi Medici Senza Frontiere ha fornito, congiuntamente con la Azienda Sanitaria di Provinciale di Ragusa, 2647 consultazioni.

Tra le sintomatologie riscontrate e trattate, si rilevano principalmente la scabbia, infezioni gastrointestinali e traumi fisici, alcuni dei quali risultato delle difficili, lunghe e spesso traumatiche condizioni di viaggio nei paesi di transito e in Libia. Nel 2015 vi è stato il passaggio di consegne nella gestione del servizio medico del centro, fortemente voluto e sostenuto da MSF, dall’ente gestore all’ASP di Ragusa, con la quale MSF ha sviluppato una cooperazione complessivamente fruttuosa, attraverso la costituzione di un team misto MSF e ASP di medici, infermieri e mediatori interculturali, e all’elaborazione di procedure operative standard. Gli interventi si collocano in una prospettiva di risposta alle esigenze di popolazioni migranti miste durante la prima fase di soccorso e assistenza nel breve periodo e fino all’accesso al programma di accoglienza e protezione previsto per i richiedenti asilo e per le persone portatrici di vulnerabilità, prospettiva che diventa molto difficile da realizzare con le condizioni degradate, documentate dalla relazione proprio di MSF. Il sovraffollamento, le condizioni degradate della struttura, le infiltrazioni, infestazione da blatte, servizi igienici mal-funzionanti, mancata manutenzione, condizioni umane degradanti, blocco porta di sicurezza e sistema antincendio, questi sono alcuni aspetti analizzati dalla relazione. “Siamo coscienti della complessità della situazione e della difficoltà di dover gestire flussi così importanti con sbarchi tanto ravvicinati tra loro. Tuttavia il nostro mandato ci impone di portare all’attenzione delle istituzioni nazionali e internazionali le condizioni in cui i migranti sono costretti – commenta Federica Giannotta, responsabile dei Progetti Italia di Terre des Hommes -. Sono condizioni inaccettabili soprattutto per i minori, per non parlare dei bambini molto piccoli, costretti a stare in grandi spazi occupati da centinaia di adulti sconosciuti in condizioni igienico-sanitarie molto precarie”.

La protratta permanenza associata all’impossibilità non solo di uscire dal centro ma anche di accedere alle aree all’aperto, che si somma spesso alla difficoltà di comunicare con il mondo esterno, concorrono ad esasperare le difficili condizioni diconvivenza “forzata” acuendo in molti casi la sofferenza psicologica e lo stress che sono inevitabilmente presenti in questo tipo di contesto e all’origine di tensioni tra gli stessi ospiti e tra gli ospiti e gli operatori che vi operano con difficoltà oggettive rispetto alla gestione degli episodi di tensione. Il centro non assicura inoltre un adeguato servizio54 in termini di spazi riservati e protetti che offrano le condizioni necessarie all’accoglienza e alla eventuale identificazione di vittime di tratta, tortura e altre forme di violenza fisica, psicologica e sessuale. Gli standard in base non vengono rispettati: la completezza dell’accoglienza e del primo soccorso, con particolare riferimento all’organizzazione predisposta per la registrazione e la prima sistemazione degli ospiti e per una adeguata conoscenza, in tale contesto, di eventuali particolari esigenze degli ospiti stessi all’atto dell’accettazione all’ingresso del centro, finalizzata ad individuate situazioni meritevoli di attenzione differenziata, la capillarità del servizio di assistenza generica alla persona con particolare riferimento alla qualità del servizio di mediazione linguistico-culturale e di assistenza sociale e psicologica. “Sempre meno attenzione viene data alla protezione delle persone più vulnerabili che arrivano provate dal lungo viaggio. Durante lo sbarco e la prima accoglienza l’aspetto medico-umanitario deve avere la priorità e il benessere psico-fisico delle persone deve essere assicurato”, sostiene la Dott.ssa Federica Zamatto, responsabile medico per MSF dei programmi sulla migrazione. “Proprio mentre il centro di Pozzallo si appresta a diventare un hotspot, siamo estremamente preoccupati che si trasformi nel modello della prima accoglienza in Italia, un modello che riteniamo del tutto inadeguato”.

Ad oggi il Centro di Prima Accoglienza è divenuto un Hotspot e le condizioni sono divenute allarmanti, nel momento in cui gli ospiti appena sbarcati sono costretti a rimanere molto tempo in condizioni ancora peggiori di quelle relazionate da MSF. Una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta al supporto psicologico per tutti i migranti che arrivano stremati da lunghissimi viaggi, pieni di insidie, con traumi di tutti i tipi. Un progetto molto importante dato che tutte queste persone, donne, uomini e bambini di tutte l’età arrivano in Italia con tanti traumi da superare e devono abituarsi e ambientarsi al nuovo Paese e spesso devono superare violenze subite. L’impegno di tanti esperti nel settore e volontari, il progetto è andato avanti fino a dicembre 2015, ma ora la situazione è critica visto che il centro è divenuto un Hotspot. Ad Aprile con il Rapporto sulle condizioni di accoglienza, presentato all’attenzione della Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti del 17 Novembre 2015, Medici Senza Frontiere annuncia l’uscita dal CPSA di Pozzallo lasciando il supporto psicologico alla sola gestione della Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa. Le cause che hanno portato a questo triste epilogo, nonostante numerose richieste di aiuto vadano avanti da parecchi anni, sono le condizioni di una struttura piena di carenze soprattutto igieniche, assenza di un’attenzione vera e reale alle persone, mancanza di supporti economici e di un aiuto concreto per mandare avanti questo progetto.

Accogliere i migranti con problemi di tutti i tipi significa prendersi cura di loro e restituirgli dignità perché, come dice Chiara Montaldo, coordinatrice di MSF per la Sicilia, “queste persone hanno sfidato il mare per sfuggire alla violenza”. Situazione molto pesante, soprattutto se si pensa che con la chiusura di questo progetto a pagare saranno tutte quelle persone che sono rimaste sole e spaesate e che si appoggiano molto al supporto psicologico, soprattutto i minori e i bambini. Per i minori è partito sempre a Pozzallo, il 14 gennaio 2016 il progetto Faro, che è attivo dal 2011, che vedrà impegnata “Terra Des Hommes” in un’assistenza psicologica e psicosociale dei migranti in prima accoglienza. Il progetto Faro ha cominciato a operare a Pozzallo nel Giugno 2015 con un’equipe formata da una psicologa, una sociologa e una mediatrice culturale. All’interno del centro di Pozzallo in tutto il 2015 sono stati assistiti 700 minori, il progetto è attivo a Ragusa, Siracusa e da poche settimane anche al porto di Augusta. Il lavoro di supporto psicologico per la primissima accoglienza comprende anche una prima rilevazione ai fini dell’identificazione. Dopo tanti anni di vita di questo bellissimo progetto, nato per aiutare le persone in difficoltà, è arrivato al capolinea. Per fortuna si è aperto un nuovo spiraglio, una nuova luce su qualcosa di nuovo per i più deboli, i più fragili, i ragazzi e i bambini. Ciò speriamo che possa portare a qualcosa di bello e concreto e soprattutto che non sia, anche in questo caso, nuovamente costretto a chiudere. Che le condizioni di questa struttura siano migliori e che tutte le persone che ci operano dentro, possano andare avanti e soprattutto che le loro richieste siano prese in considerazione, ascoltate e che queste strutture non siano dimenticate dalla società e da chi, per dovere, dovrebbe finanziarle, perché si deve continuare a essere d’aiuto con tutta la forza e tutti i mezzi possibili.

Valeria Festino &  Anita Picconi

Foto: International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies CC Flickr