Nonostante la crescente consapevolezza dei rischi per la salute e per la carriera di un atleta, quello del doping continua ad essere un problema difficile da contrastare. Anche tra i più giovani.
Quando si pensa all’utilizzo di sostanze illecite il pensiero va immediatamente a cocaina, eroina, ecstasy e marijuana. Tuttavia c’è anche un altro fenomeno al quale occorre prestare attenzione: quello del doping. In questi ultimi decenni, con una puntualità quasi allarmante, i giornali sportivi di tutto il mondo hanno portato alla luce veri e propri scandali capaci di far tremare le fondamenta di molti sport tra cui ciclismo, calcio e atletica leggera. Ciò nonostante i tentativi di ridurre a zero il numero di atleti che decidono di affidarsi a farmaci, droghe e sostanze illegali per migliorare le proprie performance agonistiche sono ancora ben lontani dal successo.
Se infatti agenzie come la World Anti-Doping Agency (WADA) lottano costantemente contro questa pratica accade che, con la stessa intensità, si sfruttino le innovazioni scientifiche per mettere a punto pratiche dopanti difficili da rilevare a un esame di controllo. Per questo motivo è cresciuto l’interesse verso il mondo interno ed esterno di un atleta, ovvero verso quei fattori sociali, psicologici e culturali che renderebbero una persona più o meno vulnerabile al doping.
Secondo alcuni recenti studi uno di questi sarebbe il perfezionismo, una caratteristica multidimensionale che nello sport comprende quattro aspetti: l’auto-orientamento alla perfezione, la paura del fallimento, le pressioni familiari ad essere perfetti e la pressione del coach ad essere perfetti.
Tutti questi aspetti faciliterebbero una propensione all’utilizzo di sostanze negli atleti perfezionisti sottoposti a pressioni. Oltre a ciò il perfezionismo è stato collegato ad entrambi gli obiettivi del doping ovvero quello di aumentare al massimo il proprio potenziale atletico (essere il migliore possibile) o aumentare le chance di vittoria (prevalere sugli avversari). Di conseguenza i ricercatori si aspettano che maggiore sia il bisogno di perfezione in un atleta più positive siano le sue attitudini nei confronti di questa pratica illecita. Per questo motivo, non essendoci al giorno d’oggi informazioni oggettive sul doping, attualmente si studiano le attitudini degli sportivi in modo da riuscire a predirne l’intenzionalità di mettere in atto un possibile comportamento a rischio.
Evidenze scientifiche su quanto detto arrivano da due studi (Bahrami et al., 2014; Zucchetti et al., 2015) pubblicati rispettivamente sull’International Journal of Sports Studies e sull’International Journal of Drug Policy e condotti su atleti adulti i cui risultati dimostrano come il perfezionismo nello sport aumenti la vulnerabilità al doping. In particolare lo studio di Bahrami condotto su bodybuilders, una disciplina nella quale vige una cultura del doping, ha dimostrato che l’ambire alla perfezione e la paura del fallimento si correlavano ad un’attitudine positiva verso l’utilizzo di farmaci e sostanze performanti.
Tuttavia siccome atleti lo si diventa fin da ragazzi è importante studiare questo fenomeno prima che uno sportivo inizi realmente a doparsi, cioè quando un giovane atleta sta ancora creandosi i propri valori e il proprio credo sportivo. Per questo motivo i ricercatori Daniel J. Madigan, Joachim Stoeber e Louis Passfield hanno condotto uno studio su 130 atleti juniores per capire quale delle quattro componenti del perfezionismo potesse influenzare le loro scelte future. I partecipanti avevano un’età media di 17 anni, erano tutti maschi e praticavano sport di squadra (basket, rugby, calcio) o individuali (atletica, tennis, squash) per una media di dieci ore alla settimana.
Dai risultati è emerso che la presenza di pressioni familiari ad essere perfetti si correlava con un’attitudine positiva dei ragazzi nei confronti del doping. In altre parole gli atleti che sentivano forti aspettative alla perfezione da parte dei genitori e parenti dimostravano una propensione maggiore verso le sostanze dopanti rispetto ai casi in cui l’ambiente familiare non era percepito come eccessivamente pressante. Al contrario la presenza delle altre componenti del perfezionismo non sembrava favorire un atteggiamento positivo nei confronti del doping. Si è visto invece come, in modo inaspettato, le pressioni da parte del coach e l’ambizione personale alla perfezione si accompagnavano a un’attitudine negativa nei confronti del doping.
Questo studio dunque appare in linea con le ricerche precedenti rendendo evidente come il perfezionismo possa associarsi ad un alto rischio di doping non solo tra atleti adulti ma anche tra i più giovani. E’ interessante notare come l’auto-orientamento alla perfezione, la paura del fallimento e le pressioni dei familiari o del coach possono avere un ruolo maggiore o minore in base alla disciplina praticata, all’età e ad altri fattori ancora non studiati. Per il momento possiamo dire che mentre gli atleti adulti sembrerebbero influenzati dalla paura del fallimento e dall’ambizione personale alla perfezione, i più giovani sembrerebbero più sensibili all’ambiente familiare: un dato che fa capire come l’agonismo spregiudicato che spesso e malvolentieri si osserva tra i genitori seduti sugli spalti nei fine settimana riesca a trasformare il divertimento e il piacere dello sport in una corsa alla perfezione e all’angoscia di non tradire le aspettative altrui.
Questi risultati vanno comunque presi con cautela poiché si tratta del primo studio empirico della relazione tra perfezionismo e attitudine al doping tra atleti juniores. Tuttavia sembra che con il progredire del livello di performance – gli atleti d’elité – la propensione al doping aumenti a causa delle maggiori pressioni al successo.
Foto: Aritanã Dantas | Flickr | CCLicense