Non rispettare le scadenze lavorative, non pagare in tempo una bolletta, non studiare l’ultimo capitolo per quell’esame al quale abbiamo dedicato tanto tempo, creare ostacoli inesistenti nella nostra relazione sentimentale proprio quando, finalmente, va tutto bene… Certe volte sembra davvero che ci tiriamo la famosa “zappa sui piedi”! E tutto questo ci sembra inspiegabile e paradossale… eppure non possiamo fare a meno di autosabotarci. Ma cosa accade dentro di noi quando diventiamo i “peggiori nemici di noi stessi?”
Cos’è l’autosabotaggio
L’autosabotaggio è un insieme di azioni con cui ci impediamo di raggiungere i nostri obiettivi di vita ed essere pienamente felici. Si tratta di un meccanismo prevalentemente automatico che mettiamo in atto senza l’intenzione di metterci i bastoni tra le ruote ma che ha importanti ricadute sulla nostra autostima e sul nostro senso di soddisfazione personale.
Come capire se ci stiamo autosabotando
Pur essendo inconscio, il meccanismo dell’autosabotaggio si manifesta attraverso diversi comportamenti e vissuti, che possiamo riconoscere:
- procrastiniamo ci impegni pur sapendo che questo ci creerà ansia
- evitiamo situazioni al di fuori nostra zona di confort
- abbandoniamo un obiettivo poco prima di averlo raggiunto
- ripetiamo sempre gli stessi meccanismi disfunzionali (le solite relazioni sbagliate, il lavoro che non ci piace, le amicizie a senso unico)
- ogni volta che siamo ad un passo dal nostro obiettivo “accade” qualcosa che ci impedisce di raggiungerlo
- ci sentiamo agitati e spaventati prima di impegnarci in un compito o obiettivo per noi importante
- proviamo una sensazione di familiarità con le emozioni di dispiacere e delusione quando non raggiungiamo un obiettivo
Nel leggere questo elenco, probabilmente quasi tutti ci siamo riconosciuti in almeno uno di questi punti. Questo non vuole dire necessariamente che abbiamo strutturato un meccanismo di autosabotaggio, tuttavia se questi rappresentano il nostro stile di funzionamento allora forse vale la pena chiederci: perché mi faccio questo, ancora?
Dove nasce l’autosabotaggio e perché lo perpretriamo nonostante la sofferenza
La psicologa americana Lorna Smith Benjamin, definisce la sofferenza psicologica come un “dono d’amore” nei confronti dei nostri genitori. Da bambini il modo in cui un genitore di rapporta con noi è fondamentale perché aderire alle sue aspettative è la strategia ottimale per assicurarci la sua vicinanza e il suo accudimento, e quindi, aumentare le nostre chance di sopravvivenza. Crescendo non abbiamo più bisogno che i nostri genitori si prendano cura di noi ma abbiamo bisogno di saperci guidare, per muoverci nel mondo sentendoci al sicuro. Ed ecco che interiorizziamo i nostri genitori (Benjamin parla di “genitori nella testa”) e la relazione con loro e a loro rimaniamo fedeli, per sentirci in qualche modo protetti. Se, quindi, da bambini abbiamo ricevuto in maniera più o meno esplicita messaggi svalutanti (“non vali” “non meriti di essere felice”) e siamo stati riconosciuti prevalentemente nel fallimento, gradualmente quel “non ce la farai” è diventato parte di noi stessi, parte della nostra identità.
Ed è proprio questo il motivo per cui è così difficile smettere di autosabotarci, anche se ci rendiamo conto di quanto ci faccia male! Sino a che rimaniamo quelle persone incapaci di raggiungere degli obiettivi, destinati ad essere infelici, soffriamo, soffriamo terribilmente, ma almeno sappiamo chi siamo, siamo sempre noi, possiamo riconoscere la nostra immagine allo specchio proprio perché siamo come siamo sempre stati guardati, come siamo sempre stati guardabili. Ma cosa accadrebbe se di punto in bianco fossimo quello che avremmo sempre voluto essere, se domani svegliandoci fossimo a nostra versione ideale? Riusciremmo a riconoscere la nostra immagine allo specchio, ci sentiremmo a nostro agio con noi stessi? Ci sentiremmo al sicuro?
Probabilmente no, ed è per questo che evitiamo di farlo, è per questo che ci proteggiamo da un pericolo più grande dell’autosabotaggio, trovarci soli, nel deserto, senza l’appoggio dei nostri “genitori nella testa” senza sapere chi siamo. Vista così sembra di tratti di uno scenario estremamente catastrofico ed inevitabile. Ma per fortuna non è così: possiamo sempre riscrivere la nostra storia e darci il permesso di essere felici ed appagati di noi stessi sentendoci al sicuro. Per fare questo è importante riconoscere come ad oggi rinforziamo il nostro meccanismo di autosabotaggio e cosa possiamo fare per costruirci un futuro più bello e luminoso. Ed è questo che, procrastinando, approfondirò nel prossimo articolo!
Angela Barlotti di Psicologi in Ascolto
Bibliografia:
https://www.stateofmind.it/2018/01/auto-sabotaggio-borderline/
Benjamin L. S. (2003). Terapia Ricostruttiva Interpersonale. Las, Roma, (2004).
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