È stata solo fortuna. La Sindrome dell’impostore

Non ci credevo, se inizio a piangere non smetto più. Giuro su Dio che non me l’aspettavo…ringrazio naturalmente Toni Servillo, senza il quale oggi non sarei qui a ritirare questo premio, a Leonardo Di Costanzo che mi ha quasi “costretto” a far parte di questo film. Io non lo volevo fare, non mi sentivo all’altezza, il personaggio era molto lontano dalle mie corde”. Questo è il discorso fatto dall’ attore italiano Silvio Orlando, durante la cerimonia di assegnazione dei David di Donatello 2022, dopo aver vinto il premio nella categoria miglior attore protagonista, per il film Ariaferma di Leonardo Di Costanzo. Un grande attore, pluripremiato, acclamato dalla critica e dal pubblico che, nonostante tutto questo riconoscimento esterno, pensa di se stesso: non mi sento all’ altezza! 

Com’ è possibile?  

In una vecchia intervista del 2019, Silvio Orlando, ha parlato della critica come punto di partenza dal quale migliorarsi, e della sua continua e disperata ricerca di giudizi negativi:  Quando leggo dieci che parlano bene di me, poi l’undicesimo che parla così così, penso che sia l’unico sincero” . Egli stesso afferma di soffrire di una “malattia” che definisce, sindrome dell’impostore, ossia la convinzione di sostenere con l’inganno di essere qualcosa che non si è, di non essere all’altezza di quello che gli altri pensano di noi. In realtà, Silvio Orlando, si riferisce ad un’espressione informale che descrive un’esperienza che il 70% della popolazione mondiale ha sperimentato almeno una volta nella vita, attraverso le seguenti sensazioni:  

  • Ansia da prestazione 
  • Perfezionismo 
  • Dubbio su se stessi 
  • Paura di fallire 

Il termine è stato coniato nel 1978 da due psicologhe americane, Pauline Clance e Suzanne Imes, che avevano osservato il fenomeno in un gruppo di donne di successo e performanti, che tuttavia non si sentivano all’altezza del proprio ruolo. Successivamente è stato riscontrato che la sindrome dell’impostore affligge parimenti gliuominie ledonne ed inoltre non sembra più limitata alle persone di successo. È importante sottolineare che non si tratta di “una condizione”, ma di “un’esperienza”, in quanto la sindrome dell’impostore non è classificata come una malattia o condizione mentale nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM5®), ma rappresenta comunque un fenomeno di interesse clinico. 

Questo significa che, se sperimentate questa sindrome, non siete affetti da un disturbo mentale, tuttavia questa esperienza può essere riscontrabile insieme ad altre problematiche psicologiche come: il distress, la poca autostima, il perfezionismo, l’ansia sociale, l’ansia da prestazione, il workaholism e problematiche di personalità in generale. L’attore italiano non è il solo a soffrirne, molte celebrità di successo, leader e imprenditori hanno la sensazione di aver ingannato il mondo, persone del calibro di Meryl Streep, Jodie Foster, Albert Einstein, John Steinbeck o Tom Hanks. Famosissima la frase di Woody Allen«Rimpianti? No, io non ho rimpianti nella mia vita. Salvo forse quello di non essere stato un altro.» 

Quali sono le caratteristiche dell’impostore? 

Clarence e Imes sostengono che le caratteristiche che definiscono un impostore sono tre: 

  • la convinzione che gli altri abbiano una concezione esagerata delle nostre capacità o delle nostre competenze; 
  • il timore di essere scoperti e denunciati come imbroglioni; 
  • il costante attribuire il successo a fattori esterni, come la fortuna o un livello straordinario di duro lavoro. 

Frasi e pensieri, che definisco killer, invadono la mente della persona, impedendole di vivere con serenità i proprio successi. 

Ti riconosci in una di queste affermazioni? 

  •  “è stata solo fortuna”; 
  • sono un bluff”. 
  • mi sono laureata ma la facoltà era veramente molto facile”; 
  • chiunque al mio posto avrebbe fatto lo stesso, magari anche di meglio”; 
  • se solo sapessero che in realtà non valgo quanto mi pagano”; 
  •  “non merito di essere qui”. 

Quali sono le cause? 

Le prime ricerche delle psicologhe americane, suggerivano che il retroterra familiare possa contribuire in modo significativo a creare il senso di essere impostori, e che la maggior parte di coloro che si sentono impostori tenda ad uscire da queste dinamiche familiari. Genitori molto critici, incapaci di amare incondizionatamente, la mancanza di un genuino nutrimento affettivo e la competitività tra fratelli sarebbero fattori predisponenti. Chi ha avuto genitori ipercritici e avari di complimenti può trascorrere il resto della propria vita a voler dimostrare di avere un valore attraverso la presentazione costante e continua di ripetuti successiChi ha avuto genitori con grandissime aspettative, al primo fallimento, inizieranno a dubitare di essere perfetti così come li considerava la famiglia, ed inizieranno a dubitare di loro stessi e a non fidarsi delle percezioni dei loro genitori. Ovviamente il contesto familiare non è l’unica causa e l’argomento è talmente vasto da non poter essere indagato, descritto ed approfondito in un unico articolo; sappiamo tuttavia che la sindrome dell’impostore è probabilmente collegata a bassi livelli di autostima, autoconvinzione e fiducia in sé stessi; nel confronto continuo e frustrante con gli altri e nel perfezionismo. “Spesso ci sentiamo gli unici custodi di un segreto vergognoso e invalidante che dobbiamo a tutti i costi tenere nascosto e che, se gli altri conoscessero, cambierebbe sicuramente l’opinione su di noi!” 

Cosa fare? 

L’esperienza della sindrome dell’impostore è certamente invalidante per qualcuno, ma esiste una buona notizia, i suoi effetti negativi si possono combattere o impiegare a proprio vantaggio. Lavorare sulla propria autostima, imparare a gestire efficacemente i pensieri intrusivi e consapevolizzare il proprio valore su dati di realtà, restano gli interventi più efficaci all’interno di un percorso di psicoterapia. Non esistono vite perfette, persone perfette, imprenditrici perfette o imprenditori perfetti, esiste ognuno con il suo mondo, il suo valore, la sua volontà di mettersi in gioco e le sue paure di non esserne all’altezza. Il più grande paradosso è: chi soffre della Sindrome dell’Impostore, impostore non è. 

 

Nadia Izzo di Psicologi in Ascolto

 

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