La battaglia del Brasile contro i manicomi

Come in buona parte del mondo, anche in Brasile ancora nel 2016 persistono le strutture manicomiali. Nel paese sudamericano, con le sue peculiarità e la sua identità culturale (prima fra tutte la forma di manifestazione espressa attraverso canti, balli e samba), si attivano spesso lotte per la chiusura dei manicomi. Partendo dall’ultima e importante manifestazione, quella di Belo Horizonte del 18 maggio scorso, abbiamo ripercorso insieme a Margherita Bono, punto di riferimento della Conferenza Basaglia per il Brasile, le tappe e i movimenti sviluppatisi dall’intervento di Franco Basaglia nel paese del Carnevale sino alle criticità attuali. Un percorso lungo quasi 40 anni, con tutte le sue contraddizioni e i traguardi ottenuti.

Partiamo dalla manifestazione del 18 maggio a Belo Horizonte. Di che si tratta?
Il 18 di maggio in Brasile si celebra la Giornata Nazionale della Lotta Antimanicomiale, ci sono iniziative in moltissime città. Tra queste la manifestazione di Belo Horizonte è particolarmente importante e partecipata. Migliaia di persone, fra cui molti operatori e utenti dei centri territoriali di salute mentale, scendono in piazza, con musica e travestimenti a tema, contro i manicomi e per l’inclusione delle persone con sofferenza psichica nella società. Ogni anno viene composta una samba per l’occasione, per accompagnare il corteo. A Belo Horizonte inoltre, attorno a questa manifestazione, L’Università Federale (UFMG) e l’Associazione di Utenti (ASSUSAM) organizzano un’intera settimana di iniziative, la “Settimana della Salute Mentale e dell’Inclusione Sociale”.

Qual è l’estensione sociale della manifestazione?
Ho partecipato alla manifestazione della Giornata Nazionale della Lotta Antimanicomiale a Belo Horizonte nel 2013 e posso dire che è qualcosa di davvero entusiasmante, non avevo mai sperimentato niente di simile prima. Mi è sembrata un’occasione molto sentita dagli utenti dei servizi, come da tutti gli altri partecipanti, e la risonanza a livello cittadino mi è parsa grande. Non credo però che anche nelle altre città brasiliane le manifestazioni del 18 di maggio siano così sentite e importanti, anche se non posso dirlo con certezza.

Crede sia possibile ripetere una simile esperienza in Italia?
Non so dire neanche se sarebbe possibile ripetere una esperienza simile in Italia. Credo che noi abbiamo meno la cultura del carnevale, a cui la manifestazione di Belo Horizonte è certamente ispirata anche se i contenuti che porta avanti sono molto seri e marcatamente politici. Credo però che c’è una cosa che noi italiani dobbiamo e possiamo imparare da questo tipo di esperienze in Brasile, cioè che la partecipazione, intesa anche come militanza, è terapeutica per chi sta male. Ci sono, in Brasile, utenti-militanti che hanno trovato nella partecipazione al Movimento della Lotta Antimanicomiale, nell’affermazione dei loro diritti e nella lotta contro i manicomi, il loro modo di stare bene nella società.

Quali sono ad oggi le maggiori criticità della salute mentale in Brasile?
Il Brasile è una nazione enorme, una repubblica federale con più di 200 milioni di abitanti. È molto difficile perciò fare un discorso generale sulla salute mentale del paese, perché ci sono differenze enormi al suo interno, fra stato e stato, e fra città e città – i servizi di salute mentale dipendono infatti dal Comune. Penso in ogni caso che le principali criticità si possano provare a sintetizzare, seppure in maniera molto superficiale, nei seguenti aspetti: l’esistenza, tuttora, dei manicomi; gli interessi privati in gioco (ci sono molti ospedali psichiatrici e “comunità terapeutiche” private); l’insufficienza dei servizi territoriali, che nella maggior parte dei comuni sono molto lontani dal coprire l’interno territorio e il suo fabbisogno.

Cosa è cambiato negli ultimi 40 anni, dai viaggi di Franco Basaglia in Brasile?
Anche a questa domanda non credo di poter rispondere se non in modo molto superficiale. Basaglia tenne delle importanti conferenze in Brasile nel 1978 e 1979. Erano anni in cui in Brasile c’era un regime dittatoriale e si svolgevano grandi lotte per la democrazia. Forse anche per questo le conferenze di Basaglia hanno stimolato il formarsi in Brasile di un grande movimento per la riforma psichiatrica, collocato nei più ampi movimenti sociali di quegli anni. La dittatura militare finì nel 1984 e da allora fino ad oggi in Brasile si è attuato un lentissimo ma importante processo di riforma psichiatrica, che, pur non avendo portato all’abolizione dei manicomi, ha prodotto un loro forte ridimensionamento e lo sviluppo dei servizi territoriali di salute mentale e di numerosissime esperienze socioculturali per l’inclusione nella società delle persone con sofferenza psichica. Oggi però, con l’avvio della procedura di impeachment della presidente Dilma, che molti definiscono un vero e proprio golpe in quanto, per molti aspetti, forza enormemente le regole dello stato di diritto, si stanno verificando dei gravi passi indietro anche per quanto riguarda la riforma psichiatrica. Non entro nel dettaglio, ma segnalo che si stanno svolgendo fin dalla fine del 2015 importantissime lotte, da parte del Movimento Antimanicomiale, per contrastare questi gravi rischi di un ritorno al predominio della logica manicomiale.

Quali sono i tratti peculiari del sistema sanitario brasiliano in merito?
C’è un sistema sanitario pubblico universalistico, il SUS (Sistema Unico de Saude), una importante conquista anch’essa figlia delle lotte per la democrazia, ma i servizi sono insufficienti e chi può permetterselo usa assicurazioni sanitarie private e strutture private. Più di questo non so dire. Aggiungo che una amica brasiliana, molto impegnata nelle lotte del Movimento Antimanicomiale e che spesso mi manda informazioni che diffondiamo sul sito di ConF.Basaglia, mi ha segnalato con preoccupazione che il nuovo ministro della Salute, José Agenor Álvares, in carica da un mese, ha dichiarato che intende ridurre i finanziamenti al SUS.
Per quanto riguarda più nello specifico i servizi di salute mentale, per accennare brevemente al loro funzionamento, che andrebbe però descritto in maniera più approfondita e più attenta alle differenze fra i singoli comuni e stati, posso dire che ce ne sono diversi tipi. Non tutti i centri di salute mentale territoriali, chiamati CAPS (Centros de Atenção Psicossocial), sono aperti sulle 24 ore e 7 giorni su 7. Come dicevo, inoltre, i servizi di salute mentale territoriale non coprono tutto il territorio e il ricorso all’internamento negli ospedali psichiatrici è ancora molto diffuso, anche se parallelamente alla creazione dei servizi territoriali è stato possibile diminuire i posti letto nei manicomi.

La crisi che sta coinvolgendo la classe politica brasiliana che effetti può avere sulla riforma psichiatrica?
Il rischio che anche la riforma psichiatrica risenta di questa situazione è molto alto e grave è la crisi istituzionale e politica in cui è immerso il Brasile oggi. Come sempre, quando è a rischio la democrazia, i primi a risentirne sono i più deboli. Penso che anche su questo tema, e rispetto alle lotte per la democrazia e per la difesa della riforma psichiatrica attualmente in corso, valga ciò che dicevo all’inizio dell’intervista riguardo alle manifestazioni per la Giornata della Lotta Antimanicomiale: guardando al Brasile possiamo imparare l’importanza della partecipazione e delle lotte, sia sul piano politico che, al tempo stesso e in maniera strettamente collegata, sul piano della finalità terapeutica per chi sta male e che nella Lotta Antimanicomiale trova la possibilità di affermare i suoi diritti e la sua soggettività.

Foto: upslon | Flickr | Creative Commons

Simone Lettieri