Christopher Bollas è una figura di spicco tra i teorici della psicoanalisi contemporanea. Egli è membro della British Psychoanalytic Society, ed è un “assiduo frequentatore” dei concetti psicodinamici elaborati dai più importanti autori post-freudiani, in particolare da Melanie Klein, Wilfred Bion, Donald Winnicott e Jaques Lacan. Nel suo ultimo ed interessante saggio dal titolo “L’età dello smarrimento. Senso e malinconia”, Christopher Bollas propone una chiave di lettura dei fenomeni sociali e psicologici che attraversano l’epoca contemporanea. Il suo modo di leggere i fenomeni storici ed antropologici, non del tutto nuovo ma certamente non comune, rende addirittura possibile immaginare il fondamento di una nuova disciplina, la “psicologia politica”, che sorgerebbe, come lo stesso termine suggerisce, dal contatto tra la psicologica e le scienze politiche. Questa proficua contaminazione consente di leggere la psicologia e la psicopatologia degli individui come il prodotto di una condizione psicologica transpersonale che viene ereditata ed interpretata da ciascun individuo in un modo particolare, ma che riguarda in realtà tutta la società.
Nel parliamo con il gruppo di lavoro e ricerca Psy-Polis, gruppo formato da operatori e professionisti della Salute Mentale e del Terzo Settore, che in occasione dell’Expo Salute Mentale 2019, hanno organizzato insieme a noi un momento di dialogo e di riflessione sulle nuove forme di disagio mentale e sul complesso intreccio tra la dimensione psicologica e politica: con queste premesse, diventa possibile avventurarsi in un’analisi della società contemporanea a partire dalla sua storia psicologica, cioè non soltanto dalla descrizione degli eventi oggettivi, ma delle esperienze soggettive transpersonali che continuano a produrre degli effetti nella psiche collettiva odierna.