“Quel omo che si troverà potassi vedere per ogni suo verso infinite volte e con infinita bellezza…”. Con questa frase Leonardo da Vinci, nel XV secolo, presentava la sua opera: la stanza degli specchi. Trattasi di una stanza formata da otto specchi rettangolari, che coprono l’intera figura umana, così da poter vedere infinite immagini di sé, stando al centro dell’ambiente. Questa potrebbe essere la fantasia e l’immagine mentale che si forma quando parliamo di narcisismo. Con questo termine, infatti, ci si approccia sempre con fare negativo; in realtà ognuno di noi presenta tratti narcisistici, che servono a creare e consolidare la propria autostima, la fiducia in noi stessi, il salvaguardarsi, il piacersi e il prendersi cura di sé. Oggi l’affermazione “narcisista” è sdoganata e utilizzata in qualsiasi ambito. Nella nostra epoca si sono trasformati i modelli educativi familiari, relazionali, sessuali e si è rafforzato sempre più il concetto di individualismo, estetica e visibilità grazie all’uso dei selfie, dei social e dei like. Tutto questo ha contribuito, sempre più, a creare una società connotata in termini narcisistici, dato che l’autostima, in questo modo, si basa sulla reazione e sulle risposte degli altri per poter ampliare la reputazione di sé.
“Gli individui narcisisti non sono necessariamente identificati dal modo in cui si sentono, ma da come fanno sentire gli altri” ( Ogrondinuczk e Kealy, 2013). Seppur questo cambiamento stia influenzando, in modo poco costruttivo, la crescita e lo sviluppo della società sia in termini relazionali che di autostima, siamo molto lontani da quello che in psicopatologia si definisce Disturbo narcisistico di personalità o più conosciuto come Narcisismo patologico. Nel DSM-5 con questo termine si indica una patologia situata nel cluster B, che colpisce l’1% della popolazione (American Psychiatric Association) ed è caratterizzata da comportamenti esagerati, accentuati, teatrali e drammatici, inoltre si nota una forte disregolazione emotiva e dell’impulsività. Affinché possa essere diagnosticato come tale deve presentare un pattern pervasivo di grandiosità, necessità di ammirazione e mancata empatia, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti; inoltre deve soddisfare 5 o più dei seguenti elementi:
1.Ha un senso grandioso di importanza (per es. si aspetta di essere considerato/a superiore senza un’adeguata motivazione)
2. E’ assorbito/a da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati o di amore ideale.
3. Crede di essere “speciale” e unico/a e di dover e poter frequentare ed essere capito/a solo da altre persone speciali o di classe sociale elevata.
4. Richiede eccessiva ammirazione.
5. Ha un senso di diritto (cioè l’irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative).
6. Sfrutta i rapporti interpersonali (cioè approfitta delle persone per scopi personali).
7. Manca di empatia: è incapace di riconoscere o identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri.
8. E’ spesso invidioso o crede che gli altri lo/a invidino.
9. Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti, presuntuosi.
Nel corso dei decenni si sono circoscritte diverse sottocategorie di narcisismo, che hanno portato alla definizione di due sottotipi principali (Gabbard, 1989): Il grandioso ( o covert) queste persone, facilmente identificabili, appaiono affascinanti, carismatiche, simpatiche, solari, sicure di sé, si percepiscono uniche, con un grande valore, importanti e privilegiate. Spesso appaiono poco empatiche e senza rimorsi, cercano di manipolare gli altri e basano le proprie relazioni sul potere. Solitamente ricercano il successo, la fama ed aspirano ad essere i migliori nel proprio lavoro, anche minando le attività altrui pur di eccellere; nel caso non riescano nel loro intento allora tendono a sminuire o a denigrare gli altri.
Sembrano disinteressati a ciò che succede nelle relazioni considerando le persone come un pubblico, in grado di soddisfare i propri bisogni con ammirazione. Nella vita di coppia si comportano come nel lavoro, aspirano al massimo risultato, quindi controllano il partner trattandolo bene, considerandolo come un riferimento e coinvolgendolo in ogni attività a condizione che l’altro, costantemente, si sottometta al loro volere e ai loro bisogni, li ammiri, li adori, che gli dedichi tutto il proprio tempo, gli interessi e lo spazio con spirito di abnegazione. Il vulnerabile (o covert) sono degli individui che avvertono sempre nelle parole degli altri un’offesa o una ferita narcisistica.
Appaiono insicuri, timidi, riservati e tendono a nascondere i loro sentimenti di inadeguatezza, fragilità e solitudine. I propri stati d’animo fluttuano sempre tra opinioni personali di grandiosità e momenti di svalutazione di sé e degli altri, vissuti con intensi sensi di colpa. Si impegnano faticosamente nelle cose in cui hanno investito aspettative, mentre nella vita privata mettono costantemente alla prova le persone care. Sono autodistruttivi, pessimisti, vittime e convinti di non essere amabili in quanto sicuri di non avere nulla dibuono da offrire. Nonostante questi lati riescono ad essere molto affascinanti, in quanto si mostrano nei confronti degli altri attenti, generosi, prodighi, disponibili, capaci di accudire e di dare attenzioni. Nelle relazioni, quindi, risultano eccezionali e speciali all’inizio del rapporto, in quanto vogliono mostrare il proprio valore e quindi ricevere dall’esterno una conferma.
Con il tempo cambiano richiedendo continue rassicurazioni da parte del partner, tollerando poco e con insofferenza gli sbalzid’umore dell’altro e mostrandosi ambivalenti nei confronti della persona amata. Incapaci di investire a lungo in una relazione, la mettono costantemente in discussione soffermandosi solo sulle delusioni che l’altro o il rapporto consegna a loro. Sia i grandiosi che i vulnerabili costantemente si autoverificano attraverso alcuni riferimenti esterni, che usano come loro punti di rimando. Ad oggi il narciso e il suo mito, come accenna la scrittrice Dombek (2016) in una sua opera, viene considerato e descritto solo come qualcosa di maligno e non come una persona complessa, con un grande senso di solitudine, un’enorme sofferenza e un’immensa difficoltà nel capire che “mentre pensa di guardare qualcun altro, in realtà vede solo il riflesso del proprio viso in uno specchio.” (Gabbard, 2009).