Cosa ricordiamo del pensiero sul lavoro di Basaglia a quarantaquattro anni dalla legge 180?
Anche quest’anno siamo arrivati a maggio e di conseguenza all’anniversario di una delle leggi più importanti per noi e per il Paese intero, ossia, la legge Basaglia, che lo scorso 13 maggio ha spento 44 candeline. Anche se trovarsi tutti gli anni a ricordare questo avvenimento può sembrare banale, ripetitivo e per certi versi patetico e noioso, in realtà non è così perché, purtroppo, quello che ancora oggi sorprende è che, spesso, ci troviamo davanti a persone che non conoscono questa legge e non sanno chi sia stato Franco Basaglia, situazione che più delle volte si verifica con i giovani.
Nel ricordare lo psichiatra più rivoluzionario e coraggioso della storia si può spaziare su qualsiasi argomento perché nella sua, purtroppo, breve vita si è occupato davvero di tutto nell’ambito della salute e della tutela e rispetto della salute mentale e di chi ne soffre, tra questi argomenti c’è sicuramente la questione del lavoro.
Come sappiamo questa fantastica favola, che portò nel 1978 alla definitiva chiusura dei manicomi, è costata tanti anni di duro lavoro, fatica e sacrifici non solo per Basaglia, ma anche per tutti coloro che hanno lottato e creduto con lui a cominciare dall’ospedale di Gorizia nel lontano 1961. Vi starete chiedendo che c’entra tutto ciò con il lavoro? La risposta a questa domanda è: c’entra davvero tanto, perché da quel momento in poi colui che è diventato il simbolo della lotta allo stigma cominciò a dedicarsi totalmente e interrottamente a questa battaglia per i diritti di tutti gli internati, diritti che fino a quel momento erano stati calpestati. Per ridare a tutti una dignità totalmente inesistente fino a quel momento e per fa sì che ciò cominciò ad accadere mise in primo piano anche il lavoro.
In quell’indimenticabile anno da cui iniziò la svolta per l’Italia, Basaglia, vedendo quel mondo nell’ospedale di Gorizia, quelle persone che non avevano nessuna colpa se non quella di avere semplicemente qualche problema, e in molti casi, purtroppo, nemmeno quelli, ebbe subito la sensazione di rivivere l’ingiustizia, la violenza, il malessere, la trascuratezza e l’abbandono che aveva vissuto in prigione, da partigiano, durante il fascismo. Tutto questo lo portò subito a dedicarsi totalmente a queste persone, dando loro permessi per uscire e incontrare i propri cari, e soprattutto dando un senso a quelle interminabili giornate con laboratori, attività, incontri, riunioni insieme agli operatori per abbattere le barriere e dare il diritto di parola a tutti per esprimere le proprie opinioni. Tutto ciò lo fece con coraggio e determinazione. Si dedicò a sviluppare un’azione di lavoro.
Come detto il primo pensiero che lui fece trasparire fu quello che non bisognava vedere la malattia, ma la persona con i propri sentimenti ed emozioni. Il concetto del lavoro per Basaglia era un po’ come per tutti i suoi obiettivi, ossia, che il lavoro aveva non solo la funzione fondamentale e importantissima dell’indipendenza, ma molto di più doveva portare il soggetto a sentirsi utile e, soprattutto, a conquistare delle sicurezze scoprendo attraverso ciò di avere dei talenti nel fare determinate cose.
Un concetto che per Franco è valso, e ancora vale per tutti coloro che credono e lottano per i diritti dei più fragili. Negli anni goriziani lo psichiatra cominciò dando dei piccoli lavoretti, pagati, all’interno dell’istituto agli assistiti. Questa pratica continuò anche quando si trasferì in altre città, come per esempio Trieste. Questo punto cardine ancora viene messo in atto in molti centri diurni proprio come obiettivo riabilitativo che va di pari passo con le cure psicologiche e psichiatriche. Progetti che sono personalizzati che a volte avvengono tramite tirocini e borse lavoro, altre volte attraverso inserimenti in categorie protette. Per capire bene di cosa si tratta basterebbe vedere alcuni film come per esempio “Si può fare”, con Claudio Bisio diretto da Giulio Manfredonia, ambientato proprio nei primi anni ottanta, che parla proprio della nascita delle prime cooperative sociali. Oppure in altri film più recenti come “La pazza gioia” di Paolo Virzì o “Marilyn ha gli occhi neri” uscito pochi mesi fa.
Insomma, grazie a Basaglia e alle sue lotte in campo del lavoro per chi soffre di tali problematiche e disturbi, oggi si può parlare di obbiettivi. Quindi ancora una volta dobbiamo dire grazie a questo grande uomo.
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