L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico. A cura di Franco Basaglia
“Noi neghiamo dialetticamente il nostro mandato sociale che ci richiederebbe di considerare il malato come un non-uomo e, negandolo, neghiamo il malato come non-uomo.
Noi neghiamo la disumanizzazione del malato come risultato ultimo della malattia, imputandone il livello di distruzione alle violenze dell’asilo, dell’istituto, delle sue mortificazioni e imposizioni; che ci rimandano poi alla violenza, alla prevaricazione, alle mortificazioni, su cui si fonda il nostro sistema sociale.
La de-psichiatrizzazione è un pò il nostro leit-motiv.
E’ il tentativo di mettere fra parentesi ogni schema, per agire in un terreno non ancora codificato e definito. Per incominciare non si può che negare tutto quello che è attorno a noi: la malattia, il nostro mandato sociale, il ruolo.
Neghiamo cioè tutto ciò che può dare una connotazione già definita al nostro operato. Nel momento in cui neghiamo il nostro mandato sociale, noi neghiamo il malato come malato irrecuperabile e quindi il nostro ruolo di semplici carcerieri, tutori della tranquillità della società…”.
E’ il 1968 quando esce questo libro, una vera e propria inchiesta sul manicomio e sul lavoro di superamento di un certo modo di fare psichiatria, che proprio in quegli anni, grazie al lavoro di Basaglia e della sua equipe a Gorizia, viene rivelato alla società civile.
Tornare a trattare i pazienti psichiatrici come ‘persone’, mettendo fra parentesi tutte le teorie e ipotesi scientifiche sul loro conto, la sfida terapeutica epocale messa in luce: gli effetti dell’esclusione sociale e della cosiddetta ‘istituzionalizzazione’ della persona con un disagio mentale, dopo l’azione di Basaglia (e non solo) diverranno chiari a tutti proprio in quegli anni e porteranno, nel 1978, all’abolizione dei manicomi in favore di una rete territoriale di assistenza nell’ambito della salute mentale.
Nel libro, vengono raccolti punti di vista di chi viveva il manicomio e di chi ha contribuito attivamente al suo superamento: per la prima volta, i cosiddetti matti vengono ascoltati e la cura della persona, e non di un cervello mal-funzionante, messo al centro dell’attenzione e delle pratiche di cura.
Nei successivi decenni, il dibattito sulla legge 180, riforma dei servizi psichiatrici mai pienamente realizzata, se non in alcune realtà virtuose, per mancanza di risorse e di visione culturale, ha progressivamente oscurato la spinta originaria di un movimento di critica e di cura ‘rivoluzionari’, in grado di mettere in luce le contraddizioni del nostro tempo e soprattutto di delineare un problema sempre presente e attuale: il rischio che i problemi di natura sociale/questioni che hanno a che fare con la giustizia sociale possano sempre essere oscurati da discorsi tecnico-scientifici, incapaci di comprendere la reale situazione in cui versano le persone che, per motivi di salute, sono costrette a vivere al ‘margine’ della società. E senza comprensione del contesto, ogni visione terapeutica sulla persona ‘malata’ diviene frammentata, e spesso sterile, da un punto di vista terapeutico.
In salute mentale, mettere a fuoco la condizione esistenziale di chi è curato e di chi cura, è un passo necessario per dare il giusto peso e valore alle fondamentali ‘relazioni d’aiuto’: l’unico modo per dare un ‘senso’, ‘efficace’, alla cura.
“Il materiale raccolto in questo volume si presenta come un insieme di documenti e di appunti che vogliono essere l’espressione concreta di una realtà istituzionale in rovesciamento, con le contraddizioni in essa implicite.
La tinta polemica ed eversiva evidente nelle testimonianze (di malati, medici, infermieri e collaboratori) non è casuale, perchè l’azione ha preso l’avvio da una realtà che non può che essere violentemente rifiutata: il manicomio. Il rovesciamento di una realtà di una realtà drammatica ed oppressiva, non può dunque attuarsi senza una violenza polemica nei confronti di ciò che si vuol negare, coinvolgendo nella critica i valori che consentono e perpetuano l’esistenza di una tale realtà.[…]
La polemica al sistema istituzionale esce dalla sfera psichiatrica, per trasferirsi alle strutture sociali che lo sostengono, costringendoci ad una critica della neutralità scientifica, che agisce a sostegno dei valori dominanti, per diventare critica e azione politica”.
Edgardo Reali