Com’è organizzato il Sistema Sanitario Nazionale?

Tutti noi sappiamo quanto siano importanti la salute, la cura e il benessere di un essere umano nel corso della sua esistenza. Proprio per questo è nato un Sistema Sanitario Nazionale, che deve tutelare i cittadini e i diritti della cura sia fisica sia psichica. Ma a che punto siamo? Come funziona? In che cosa consiste precisamente? E come funziona nel campo della salute mentale? 

La nascita del SSN risale a quarant’anni fa, precisamente nel 1978, e fino a un po’ di tempo fa era ritenuta una fra le migliori al mondo. Attualmente non è così: stiamo vivendo in un’epoca di grande crisi economica e i finanziamenti pubblici sono oggetto di tagli. A farne le spese sono i cittadini. 

Il SSN è strutturato su tre diversi livelli: il primo riguarda il governo centrale, il secondo i venti governi regionali e infine il terzo le aziende locali (ASL) insieme agli ospedali indipendenti (IHS). Ovviamente, come tutti i sistemi, si basa su regole, principi e diritti che dovrebbero essere sempre rispettati. Il principio fondante è quello per cui tutti hanno diritto ad essere curati gratuitamente, indipendentemente dal reddito e dalla provenienza, basandosi quindi sulla solidarietà, sull’equità e sulla universalità. Ma, spesso, questi sani principi non sono rispettati. Ma chi sostiene, in realtà, le spese sanitarie? Sappiamo dal Rapporto della Corte dei Conti sulla sanità pubblica, privata e intermediata che nel 2015 la spesa è stata di 147,295 miliardi di euro, di cui il 23,7% privata e di questa l’87% è out-of-pocket (pagata di tasca propria, sostenuta direttamente dalle famiglie). 

Certo, le famiglie e tutti i cittadini hanno la libertà di rivolgersi per le cure a entrambi i tipi di strutture, ma il servizio pubblico non è più garantito nei modi e nei tempi necessari all’utente, un po’ a causa di tagli di fondi e di personale, con liste di attesa interminabili, un po’ per inefficienza e sprechi. Questo spinge le persone che se lo possono permettere a rivolgersi al privato, mentre gli altri rinunciano a curarsi (il VII Rapporto RBM-Censis sulla sanità ci dice che nel 2016 ben 12,2 milioni di persone hanno rinunciato o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche). Una questione sicuramente spinosa che va contro i principi, storici, del sistema che rende più difficoltoso l’accesso alle cure. La nostra Costituzione nell’art 32 recita: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Quindi, le leggi devono tutelare la salute fisica e psichica nel rispetto della dignità e libertà di tutti, senza distinzione e discriminazione, attraverso un principio di uguaglianza. 

Questi i principi generali della sanità, ma c’è un settore più specifico, quello della Salute Mentale, ancor più pieno di insidie e problemi. A quaranta anni dalla nascita della legge 180 proviamo a tirare le somme e vedere cosa è successo. Bisogna capire come stanno le cose, dove bisogna ancora lavorare, quanti passi si sono fatti finora e quello che funziona. 

Il nuovo Sistema informativo per la salute mentale è stato istituito con decreto ministeriale il 15 ottobre del 2010 e ha lo scopo di raccogliere informazioni sul paziente condividendole con aziende sanitarie, regione e provincie autonome, allo scopo di svolgere monitoraggio delle attività e dei servizi, dare supporto alla attività, valutare l’utilizzo delle risorse a disposizione all’interno dei centri, delle figure presenti in queste strutture e ai servizi svolti per la tutela della salute mentale. È composto da servizi e strutture diverse: in primis troviamo il DSM (Distretto Salute Mentale) che comprende il Centro di Salute Mentale (CSM) e il Centro Diurno. Il CSM è il primo punto di riferimento, dal quale parte tutto.

Qui i pazienti devono essere accolti insieme alla loro richiesta di aiuto e da qui inizia il percorso di cura e riabilitazione. All’interno di questa struttura lavorano: infermieri professionali, psichiatri, psicologi e almeno un assistente sociale. L’utente deve essere accolto da una figura di ogni ruolo e, secondo prassi, ricevere una psicoterapia con colloqui costanti. Spesso, purtroppo, per carenza di personale e di fondi, questo non avviene e ci si limita a semplici e troppo sporadici colloqui con psichiatri e psicologi. Da qui partono inserimenti in attività riabilitative sia interni alla struttura sia esterni.

Nei CSM si svolgono dei laboratori, oltre a quelli dei centri diurni, in cui l’utente viene inserito su proposta dello psichiatra o psicologo di riferimento e dove vengono anche programmati soggiorni riabilitativi (vacanze protette che vanno da due a otto o più giorni sotto la responsabilità degli operatori, spesso infermieri o assistenti sociali). Oltre a questo, il CSM si occupa di visite domiciliari a quelle persone che non riescono a raggiungere la struttura o, in alcuni casi, che stanno affrontando una forte crisi. Infine, possono, sotto la responsabilità degli psichiatri, predisporre eventuali ricoveri volontari o obbligatori attraverso il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) che avviene anche con il 118. 

Il Centro Diurno (CD) è, invece, una struttura aperta otto ore al giorno per sei giorni a settimana. Ci lavora un’equipe qualificata formata da infermieri e psicologi. Principalmente vi si svolgono laboratori di vario tipo anche finalizzati all’inserimento lavorativo mediante borse lavoro. 

Le Strutture Residenziali (SR) sono strutture extra ospedaliere in cui si svolge una parte del programma terapeutico riabilitativo e socio riabilitativo, con programma specifico e soggettivo per ogni utente, pianificato dal CSM. Vi lavorano operatori esperti, per lo più psicologi, con turni di dodici o ventiquattro ore, in base al numero degli utenti e al tipo di supporto necessario. Uno degli obiettivi è sicuramente quello di evitare l’isolamento degli interessati, facendo sì che non si chiudano in se stessi e cercando di promuovere il più possibile relazioni sociali e di scambio. 

Il SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) non è altro che il reparto dell’ospedale della salute mentale, dove avvengono i ricoveri sia volontari sia obbligatori, nel rispetto della persona con tutti suoi diritti. Purtroppo, fatti di cronaca, recente o meno, ci raccontano che molto spesso in questi luoghi si verificano gravi violazioni dei diritti umani. 

Il Day Hospital psichiatrico (DH) fornisce assistenza semiresidenziale per prestazioni diagnostiche e terapeutiche riabilitative a breve e medio termine. Può essere fruibile all’interno dell’ospedale, mediante un collegamento funzionale e gestionale con il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura oppure presso strutture dotate di adeguati spazi, attrezzature e personale necessario, esterne all’ospedale e collegate al CSM. Aperto almeno 8 ore al giorno per 6 giorni la settimana, vi si possono eseguire accertamenti specifici e accurati, pianificare cure farmacologiche e prevenire eventuali ricoveri a lunga degenza. 

Un Sistema della Sanità, in teoria, molto funzionale e razionale, basato su giusti principi ma che, ultimamente, in pratica, sta lasciando molto a desiderare, proprio nell’applicazioni dei principi e dei diritti del cittadino. 

 

IL WEB MAGAZINE

Numero #36 aprile 2018

SANITA’ PUBBLICA

Storia, Informazioni e Riflessioni sul Sistema Sanitario Nazionale

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