DONNE MIGRANTI IN CERCA DI CITTADINANZA. NON SOLO COLF!

La storica adozione della Convenzione sulle lavoratrici e lavoratori domestici n.189 da parte dell’ILO del 16 giugno 2011, ha contribuito ad affermare il lavoro domestico come un vero lavoro a livello internazionale, e ha consentito di avviare un processo importante per ampliare la soglia dei diritti per questa categoria di lavoratori, aumentandone le tutele, il riconoscimento sociale e culturale. Anche se il suo processo di ratifica sta proseguendo (ad oggi sono 22 i Paesi firmatari), l’ultimo studio dell’ILO di marzo 2016 “Social protection for domestic workers: Key policy trends and statistics” («Protezione sociale per i lavoratori domestici: evoluzione delle politiche e tendenze statistiche»), mette in luce le gravi carenze in termini di protezione sociale, che riguardano i lavoratori domestici. In pratica, secondo questa indagine, il 90% dei lavoratori impiegati nel settore domestico non ha accesso a nessuna copertura previdenziale. E dei 67 milioni di lavoratori domestici nel mondo, ben 60 milioni non beneficiano di nessun tipo di protezione sociale (i lavoratori domestici migranti sono stimati in 11,5 milioni e sono maggiormente discriminati). Per varie ragioni il loro lavoro domestico è ancor oggi sottovalutato e non protetto. Si tratta, inoltre, di un settore difficile da monitorare, in parte perché i lavoratori in esso occupati operano in abitazioni private e spesso per più di un datore di lavoro. Questo tipo di occupazione è anche caratterizzata da un alto turn-over del personale, a volte da pagamenti in natura, salari irregolari e mancanza di contratti in forma scritta.

La maggioranza dei lavoratori domestici sono donne (con una significativa presenza anche di minori): esse rappresentano l’80% dei lavoratori del settore a livello mondiale. Essendo una forza lavoro prevalentemente femminile, è altamente soggetta a discriminazioni e vulnerabilità dal punto di vista sia economico che sociale. Pertanto oggi è fondamentale investire su politiche volte a estendere la protezione sociale ai lavoratori domestici per ridurre la povertà e promuovere anche l’uguaglianza di genere, combattendo in questo modo la femminilizzazione della povertà.

I principali divari nella copertura della sicurezza sociale per i lavoratori domestici si concentrano nei paesi in via di sviluppo, con l’Asia e l’America latina che assieme rappresentano il 68% del lavoro domestico mondiale. Secondo lo studio, tali vulnerabilità per i lavoratori domestici persistono anche in alcuni paesi industrializzati.

A causa della fragilità di questo rapporto di lavoro, la sola contribuzione obbligatoria non è sufficiente. Le strategie dovrebbero includere incentivi fiscali, iniziative per favorire la regolarità contrattuale, campagne di sensibilizzazione destinate ai lavoratori migranti e ai loro datori di lavoro, e anche meccanismi per ridurre il lavoro nero e incentivare la legalità (es. i vouchers, il lavoro cooperativo, le reti della cura). Il lavoro domestico e in particolare il lavoro di cura, dovrebbe anche essere integrato in più ampie politiche di welfare. Questione che in questi anni investe l’Italia, in cui nonostante il fatto che le assistenti familiari contribuiscano in maniera fondamentale al welfare della cura del Paese, circa il 60% dei lavoratori domestici non è iscritto ad alcun sistema di sicurezza sociale. Protezione sociale, legalità, politiche di sostegno al welfare di cura svolto in ambito familiare, sarebbero – invece – strumenti privilegiati per realizzare la piena dignità per questi lavori; dignità intesa come “ponte” per superare gli errori passati e costruire una maggiore giustizia ed equità sociale.

A partire da queste considerazioni e in occasione del V anniversario dell’adozione della Convenzione 189 ILO, si è perciò svolta a Roma per celebrare la Giornata internazionale dei lavoratori domestici una tavola rotonda promosso da Acli Colf, Fondazione Nilde Iotti e Caritas Internationalis per riflettere in maniera condivisa sul valore della Convenzione ILO a livello globale nonché sull’importanza di darne piena attuazione anche in Italia, avendo al contempo attenzione ai percorsi di integrazione e inclusione sociale di chi svolge questo lavoro. La Tavola rotonda sul tema “Nuove cittadine, non solo lavoratrici domestiche! Percorsi di riflessione e integrazione verso la cittadinanza” ha inteso promuovere un momento di riflessione sui temi del lavoro domestico e di cura legati all’integrazione, all’inclusione sociale, fino all’ottenimento della cittadinanza italiana, per provare a comprendere ed approfondire i processi in corso e ad avere maggiore coscienza rispetto ai percorsi che anche molte lavoratrici e lavoratori hanno vissuto e stanno vivendo. Lavorare e vivere in un altro Paese è una scelta importante. Così come anche diventare cittadini italiani non può essere solo un momento celebrativo, ma è anche un passaggio importante in termini di diritti e doveri, di nuove consapevolezze e cambiamenti sia per chi diventa cittadino, sia per la società che accoglie. Nella celebrazione di questa giornata internazionale delle lavoratrici e lavoratori domestici, i promotori dell’iniziativa hanno inteso dare un’occasione in più per fermarsi a pensare di più sul fatto che lavoratrici e lavoratori domestici non siano solo lavoratori, ma anche cittadini che contribuiscono con il proprio lavoro, il proprio impegno e la propria storia, al divenire del nostro Paese.

Paola Sarno

Foto di Brian-Walker | Flickr | Creative Commons