Nell’ultimo periodo, e in particolar modo, negli ultimi mesi, si parla sempre più spesso del problema del clima e dell’inquinamento. Problemi, quelli dell’ambiente, sempre più seri, uno di questi riguarda il mare.
Il nostro mare, come ci dice il report del WWF, Stop The Flood Of Plastic, non vive una situazione così rosea, infatti nonostante abbia soltanto l’1% delle acque mondiali, contiene ben il 7% di microplastica marina. Molto significativo è il dato che riguarda l’Europa. Infatti le appartiene un record tutt’altro che positivo che la indica seconda al mondo nella produzione di plastica, affermando che nei suoi mari finiscono circa 570 tonnellate di plastica l’anno.
I dati sono davvero allarmanti, bisognerebbe intervenire con una certa urgenza se non ci vogliamo trovare tra 30 anni, come attesta il WWF, con una quantità di plastica quadruplicata. Non bisogna sottovalutare questo problema molto delicato, il mare è sia una risorsa che una bellezza della nostra terra e noi lo stiamo uccidendo.
Il mare permette lo sviluppo di tante attività, da quelle sportive a quelle della pesca, dai viaggi al turismo; è da sempre svago per vacanze, gioie e relax; è un patrimonio che regala vita. Molti pesci muoiono perché ingoiano plastica e microplastica, alcuni di questi sono addirittura a rischio estinzione. Ma anche l’uomo rischia, non di rado, facendo il bagno, di ingoiare microplastiche o anche di prendersi malattie serie a causa della sporcizia che viene riversata in mare. Insomma stiamo arrivando a creare dei danni molto seri e irreversibili per il mondo a causa della superficialità della società e delle persone.
Tuttavia la colpa di questa situazione non è solo di chi fa uso di plastica ma soprattutto di chi superficialmente, e senza motivo, butta nell’acqua cartacce di ogni tipo: tappi, bottiglie, pannolini, assorbenti a chi più ne ha più ne mette, non capendo che in questo modo si fa danno a sé stessi. Non siamo educati a sentire i problemi ambientali, non tutti hanno purtroppo una vera coscienza ecologica.
Questo avviene anche perché non funziona il processo di smaltimento e riciclaggio della plastica, spesso non viene eseguito oppure si fa in modo insufficiente e poco efficace. Il mar Mediterraneo, inoltre, rispetto agli altri è anche più a rischio perché è chiuso e quindi i rifiuti gettati nel mare, tornano sulle coste.
Tutta questa situazione tragica emerge dai dati analizzati dal WWF e a farne la spesa è soprattutto l’Italia insieme alla Turchia poiché hanno la maggior estensione di spiaggia. L’Italia (12,600 T l’anno) Turchia (12,100 T l’anno). Interessante quello di cui ci parla Eva Alessi, responsabile consumi sostenibili e risorse naturali del WWF che ha dimostrato che le zone con forte rischio di plastica sono le aree più densamente abitate, dove ci sono attività industriali e flussi turistici, tra questi il delta del Po e Venezia, i porti di Napoli, Palermo e Ancona.
Tra i paesi che mal smaltiscono la plastica l’Italia è terza (7,5%) ed è preceduta solo da Egitto (42,5%) e Turchia (18.9%).
Sicuramente fermare questo suicidio non è semplice anche perché non è facile cambiare la testa delle persone, soprattutto le loro abitudini e il modo di pensare. Quindi sicuramente quello che dice il WWF, secondo il quale bisognerebbe attuare nuove regole è molto giusto e sarebbe molto efficace trovare lo stratagemma per farle rispettare in modo serio.
Fondamentalmente le regole che propone possono essere suddivise in quattro gruppi: aumentare le tasse sui produttori di plastica; limitare l’uso della plastica con divieti più rigidi; finanziare la raccolta differenziata e creare discariche controllate: infine aumentare le sanzioni contro chi inquina e investire su ricerche e sviluppo per creare plastiche che siano più amiche dell’ambiente.
Il dramma dell’ambiente, e del mare, è veramente immenso quanto lo è trovare una soluzione ma bisogna lottare e andare avanti tutti insieme sensibilizzando al problema chi ancora non lo è, perché si tratta di una parte della vita e del mondo troppo importante e che non bisogna rischiare di perdere.
Anita Picconi