“Barzilai” e “Bakhita”: due centri per migranti tra passato e futuro.

centro accoglienza Bakhita

Nel 2020 e nel 2021 la pandemia di Covid 19 ha scombussolato il mondo intero, un brivido di terrore ha attraversato tutte le popolazioni del pianeta. A tutto ciò si aggiungeva la criticità rappresentata dalla migrazione verso l’Europa di migliaia di uomini, donne e bambini provenienti dai paesi in guerra o in grave difficoltà economica, per le carestie e le sempre più estreme condizioni climatiche. E’ così che in quei mesi sul nostro territorio il Comune di Roma si attivò
con la Asl Roma 2 e aprì, in collaborazione con l’organizzazione umanitaria Intersos e la cooperativa Medihospes, due “strutture ponte”, ovvero spazi adibiti all’isolamento di dieci giorni per i migranti destinati ai centri di accoglienza. La procedura prevedeva due tamponi, all’inizio e alla fine della quarantena, accompagnati da un monitoraggio costante dei sintomi degli ospiti con misurazione della temperatura e test molecolari. In caso di positività al Covid-19 i migranti
venivano trasferiti in strutture apposite predisposte; in caso contrario le persone erano invece indirizzate in una struttura di integrazione SAI.

Ma cosa è successo a queste strutture? Qual è la loro funzione oggi?

La prima Bakhita organizzata in piccoli appartamenti, nel corso della pandemia ospitava interi nuclei familiari con uomini, donne e bambini. Oggi a distanza di quasi tre anni da quel lontano gennaio 2021, quando la struttura fu adeguata alle necessità di isolamento richieste, per un flusso di migranti che prima del collocamento nella società dovevano risultare negativi al test Covid-19, assume un volto completamente diverso. È infatti sotto la direzione della Caritas che il nuovo Centro Accoglienza Santa Bakhita lavora per l’integrazione nella nostra società di
donne profughe sole, e lo fa costruendo una fitta rete su tutto il territorio per consentire la loro autonomia.
In una permanenza che va da un minimo di sei mesi, con possibilità di ulteriore proroga, gli ospiti del Centro di Accoglienza hanno la possibilità di svolgere numerose attività socio-culturali e di inserimento al lavoro come ad esempio: la scuola di italiano, laboratori di teatro e artigianali, orti urbani e aree da gioco. Tutte le donne sono seguite in ogni passo del processo di integrazione, c’è infatti un supporto sociale, psicologico e sanitario. Anche la ricostruzione del
legame con il paese di provenienza è cruciale.

Il centro di accoglienza Bakhita
Il centro di accoglienza Bakhita

Il centro Barzilai, situato alla Romanina presso l’Hotel Vienna, invece, disponeva di un totale di 21 posti, distribuiti tra 16 alloggi riservati agli uomini e 5 alle donne. Ognuno era sistemato in stanze singole, ciascuna provvista di bagno privato. La storia di questo luogo ha conosciuto molteplici trasformazioni nel corso degli anni. Nel 2016, in risposta all’Emergenza Nord Africa, l’ex Hotel Vienna, pur rimanendo di proprietà privata e quindi affittato, è stato convertito prima in un Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) dalla cooperativa Domus Caritatis e successivamente in un Centro Accoglienza Straordinaria (Cas). Durante questo periodo, ha svolto un ruolo cruciale nell’accogliere coloro che fuggivano da situazioni difficili, sostituendo l’ex Cara di Castelnuovo di Porto. La gestione è passata successivamente alla cooperativa Tre Fontane, facente parte del consorzio Casa della Solidarietà. Nel corso della transizione, alcuni ospiti sono rimasti nella struttura. Il Cas, sviluppato su tre piani, includeva spazi verdi con accanto una palazzina ancora adibita a struttura ricettiva. Nonostante la sua posizione periferica e la limitata accessibilità tramite mezzi pubblici al di fuori del capolinea della Metro A Anagnina, vicino alla struttura si trovano l’Università Tor Vergata e vari servizi come bar, negozi, supermercati e centri commerciali. Seguendo le direttive prefettizie, questa struttura ha visto ulteriori modifiche nel tempo. Nel 2020, sotto la gestione della cooperativa Medishospes, è stata designata come struttura ponte
per ospitare richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale prima del loro inserimento nel Sistema di Accoglienza e Integrazione Capitolino. Questo ruolo temporaneo era mirato a fornire un periodo di isolamento necessario per contrastare la propagazione del virus durante l’emergenza pandemica.
A sorpresa, oggi, l’Hotel Vienna è tornato alla sua originaria funzione di albergo. Dopo aver ospitato diverse fasi della gestione migratoria, la struttura ha seguito un percorso insolito ritornando alla sua destinazione originale, concludendo così il suo capitolo come centro di accoglienza. La storia della trasformazione di questa struttura rappresenta una narrazione complessa delle sfide e delle evoluzioni nella gestione dell’accoglienza per migranti, riflettendo
la mutevole natura delle risposte sociali e governative alle emergenze umanitarie.

 

di Claudio Troiani e Renè Pontrelli