L’impatto del Covid sullo sport ha determinato un’importante crisi dell’industria sportiva (pensiamo a produttori di attrezzature, gestori, allenatori, giocatori) e ciò è ancora più evidente se consideriamo che gli sportivi in Italia sono più di 20 milioni e che l’industria dello sport incide su più del 4% del PIL della nostra nazione.
Quest’anno, per la prima volta nella storia, l’attività sportiva e gli allenamenti si sono fermati. Se per quanto riguarda il mondo del calcio c’è stato un periodo “pre-lockdown” caratterizzato da partite a porte chiuse, sospensione delle attività e successivamente una lenta e difficile ripresa, altri sport sono stati maggiormente penalizzati. Per la prima volta dal 1945 il torneo di Wimbledon (tennis) non è stato disputato, così come la maratona di New York e il campionato di calcio francese; alcune discipline (volley e basket) hanno visto il campionato concludersi a febbraio, mentre altre competizioni ed eventi sono stati posticipati (pensiamo alle olimpiadi, agli europei di calcio, ai mondiali di sci a Cortina rimandati al 2021 e al giro d’Italia a ottobre).
Un caso particolare è quello della ripresa del volley, al centro di polemiche e discussioni soprattutto in considerazione del confronto con altri sport più seguiti come il calcio, che invece da giugno ha ripreso a porte chiuse.
Non sorprende questa attenzione all’ambito pallavolistico, considerando che in Italia il volley, con oltre 320.000 atleti tesserati, 5000 società e circa 100.000 operatori tra dirigenti allenatori, arbitri e segnapunti, è stato oggetto di una sovrastima di rischio proprio nel delicato periodo a cavallo tra la fase 1 e la fase 2, decisiva ai fini della ripresa delle attività sportive.
In questo periodo infatti veniva richiesto al Politecnico di Torino di effettuare un report dal titolo “Lo sport riparte in sicurezza”, al fine di certificare i diversi fattori di rischio delle 387 discipline facenti capo al Coni e al Comitato Paralimpico. In questo studio veniva richiesto alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva di compilare un questionario analitico predisposto sulla base di un modello di analisi di rischio, dove si evidenziassero per ciascuna disciplina sportiva gli aspetti valutativi: della distanza, dei dispositivi di protezione, della natura dell’evento (allenamento o gara) e della possibilità di utilizzo di tecnologie applicate allo sport (cosiddetta digitalizzazione). In una scala dove 0 corrisponde a rischio di contagio inesistente e 4 a rischio elevato, il volley ha ottenuto un punteggio medio di 3.1, risultando più pericoloso della boxe (1.6) e del basket (2.2), nonostante non sia uno sport di contatto e le squadre siano sempre divise da una rete. Evidentemente sono stati forniti precocemente dei dati allarmanti che hanno rallentato l’eventuale ripresa del volley, sovrastimando il rischio di contagio a seguito della precoce diffusione delle tabelle i cui dati sono stati comunicati dalle rispettive Federazioni a lavoro non ancora terminato.
In seguito, infatti, i dati sono stati rivisitati e prendendo come riferimento la situazione relativa a una partita, in una scala di rischio da 1 a 8 (dove il valore minimo corrisponde a “singoli all’aperto” come il tennis e quello massimo ad “assembramento e contatto continuo” come possono essere gli sport da combattimento), il volley ha ottenuto un punteggio pari a 5, mentre il basket ha totalizzato un punteggio di 7.
Rispetto alla possibilità di riprendere allenamenti e gare, nel documento del 15 luglio della FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo) veniva previsto un protocollo per la ripresa degli allenamenti a decorrere dal 12 giugno 2020, consentendo gli eventi e le competizioni sportive a porte chiuse e senza la presenza di pubblico, così come le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti e degli sport individuali e di squadra. Tra i punti salienti del documento risaltava l’istituzione della figura del “Covid Manager”, cui spetterebbe il compito di coordinare e verificare il rispetto delle disposizioni del protocollo, le modalità di ingresso negli impianti sportivi compresa la gestione delle entrate e uscite, le precauzioni igieniche-personali da seguire e la gestione dell’eventuale atleta sintomatico.
Negli ultimi mesi 90 società di pallavolo italiane hanno deciso di far pervenire alla FIPAV un documento contenente varie proposte con l’obiettivo di sostenere e incoraggiare il riavvio delle società sportive ma il presidente della FIPAV Pietro Bruno Cattaneo ha declinando tali progetti, manifestandone l’impossibilità di realizzazione, considerando il rimando alla responsabilità individuale un onere troppo rischioso.
Nonostante dunque la messa a punto di protocolli volti a garantire gli allenamenti e le competizioni nel rispetto delle regole, ad oggi il volley non ha ancora aperto le ali. I principali ostacoli sono di ordine economico e organizzativo, in quanto la pallavolo agonistica rientra tra quegli sport che, come il basket, vivono principalmente di introiti al botteghino e di abbonamenti, l’assenza del pubblico rappresenta perciò un duro colpo all’ossatura stessa del paradigma pallavolistico. L’assenza di un credito d’imposta, inoltre, ha ulteriormente intensificato le preoccupazioni degli sportivi e delle società e aumentato il senso di abbandono da parte del governo. Le principali Leghe sportive italiane tra cui Lega Pro, Legabasket Serie A, Lega Nazionale Pallacanestro, Legavolley (maschile e femminile), Legabasket femminile e Fidal Runcard, si sono unite in un “Comitato 4.0” con l’obiettivo di elaborare nuove proposte normative per la ripresa delle attività, come un credito d’imposta per le società che vogliano sponsorizzare le loro attività, ma questo progetto, apparentemente preso in considerazione dal governo, è stato poi ignorato nel momento di definizione del Decreto Rilancio.
Al momento le squadre di pallavolo di massima categoria dovrebbero poter ripartire a settembre, attenendosi al protocollo costantemente aggiornato dalla FIPAV. La Supercoppa italiana femminile potrebbe svolgersi al Foro Italico di Roma, all’aperto e non necessariamente con la presenza di un pubblico, quella di volley maschile nell’Arena di Verona. Nel volley, però, oltre la Serie A, anche le squadre di Serie B, C e D sono un punto chiave e nella lettera proposta dalle società pallavolistiche alla FIPAV veniva proprio sottolineata l’importanza delle spese da affrontare anche per queste realtà molto più a rischio. La FIPAV ha già annunciato un’interessante novità per la stagione 2020-2021 che consiste in una revisione dei Campionati Giovanili, comprensivi di categorie Under 13, 15, 17, 19, che subiranno variazioni in termini di altezza rete e modalità del ruolo del libero (giocatore specializzato nella difesa, ricezione e copertura di ampi spazi del campo da gioco). [Ritorno a capo del testo]Ma il vero problema è che queste disposizioni non tengono conto dell’elemento più insidioso e cioè la paura che non sia così semplice tornare a giocare. Questo è vero soprattutto per le realtà di Serie B, C, D, dilettantistiche e amatoriali del volley, per la cui sopravvivenza è necessaria una collaborazione tra società e Ministeri che sviluppino strategie e alternative nel caso in cui, ad esempio, le palestre scolastiche da settembre non dovessero risultare agibili o fossero destinate unicamente all’attività didattica. In questo caso il destino di tutte quelle squadre di professionisti e non professionisti che si allenano nelle palestre delle scuole sarebbe segnato da un ulteriore prolungamento dello stop, che potrebbe portare molte società alla definitiva chiusura. Ma pensare allo sport solo in termini di bilancio e profitto nazionale non esaurisce l’impatto della sospensione delle gare e degli allenamenti a livello di privazione per tutti quegli atleti amatoriali che grazie allo sport hanno la possibilità di socializzare, di creare aggregazione e occasioni di relazione. Non va, inoltre, dimenticata l’influenza che lo sport ha sullo stile di vita delle persone, incidendo indirettamente sul sistema sanitario nazionale grazie alla prevenzione di patologie cardiovascolari e a una maggiore attenzione alla salute.
Soprattutto a livello amatoriale, secondo gli esperti le strutture dilettantistiche non possono garantire il rispetto dei protocolli adottati dalle società professionistiche come in Serie A e la situazione epidemiologica nazionale non sembra, al momento, consentire una ripresa degli sport.
Sara Gaudenzi