Tra Memoria e Trasformazione: le meraviglie nascoste delle Architetture Inabitabili

Totò e il Gazometro

“Il mondo è così brutto che non so distogliere lo sguardo” canta Marracash in un suo brano, ed è proprio questa attrazione primordiale per l’antiestetico che ha portato alla luce la mostra “Architetture inabitabili”, allestita all’interno dei Musei Capitolini della Centrale Montemartini.
Un’esposizione che si fonde perfettamente con la struttura che la ospita tanto a livello geografico, trovandosi accanto al celebre Gazometro di Roma, quanto a livello storico, essendo l’ex centrale termoelettrica anch’essa originariamente costruita dalla Società Anglo Romana per l’illuminazione di Roma col gas ed altri sistemi.
Le restanti sette strutture, narrate in questo evento, sono sparse per tutta la penisola e differiscono molto per la loro storia e la funzione per cui erano state originariamente concepite, variando da memoriali funebri a installazioni artistiche, fino ad arrivare ad ex fabbriche ormai in disuso.
Il Memoriale Brion ad Altivole in provincia di Treviso, donato nel 2022 dagli eredi al FAI, diventato il 70° bene della Fondazione, fu progettato dall’architetto Carlo Scarpa come complesso funebre per la famiglia di imprenditori dell’elettronica, dove ora giacciono anche l’architetto e sua moglie.

Il suggestivo campanile romanico di Curon, che fu quasi totalmente sommerso dal lago di Resia in Trentino Alto-Adige, dopo la costruzione di una diga che nel 1950 portò all’unificazione di tre laghi, con il fine di sfruttarne le potenzialità idroelettriche. La torre campanaria è quindi l’unico ricordo che resta di un paese ormai inghiottito dalle acque da più di 70 anni.
Da un’estremità all’altra d’Italia, in Sicilia tra le architetture inabitabili figura il Grande Cretto, un’opera d’arte ambientale che l’artista Alberto Burri ha realizzato per commemorare la città di Gibellina, completamente distrutta dal terremoto del Belice del 1968, inglobandone il territorio in uno smisurato sudario di cemento bianco.

Questa non è però l’unica edificazione che porta con sé la testimonianza delle calamità che hanno colpito il territorio nazionale, anche gli Ex Seccatoi di Città di Castello, in principio adibiti alla coltura del tabacco, vennero impiegati durante l’esondazione dell’Arno del 1966 per ospitare i libri danneggiati nella nota alluvione di Firenze. Dal 1990 questo spazio ospita le opere del già citato Alberto Burri, come i famosi “Cicli”.
Mentre a Roma negli anni ‘30 sorgeva il grande Gazometro, a Milano spuntava nel cielo la Torre Littoria, oggi Torre Branca, progettata dall’architetto e designer Giò Ponti per essere una struttura temporanea concepita appositamente per la Triennale del 1933, ma che tuttora si trova lì e che dal 2002 è anche visitabile, grazie all’ascensore che porta i visitatori in cima, regalando loro una vista panoramica sulla città meneghina.
Le ultime due strutture raccontate attraverso la mostra sono tanto differenti per apparenza, architettura e origine, eppure così simili nell’adempiere alla loro funzione produttiva: da una parte il famoso Lingotto di Torino, famoso complesso simbolo della storia industriale della città, ideato dall’ingegnere Giacomo Matté Trucco, che ospitava la fabbrica FIAT e la celebre pista di collaudo presente sul tetto dell’edificio, dall’altra i Palmenti di Pietragalla, un’architettura che comprende duecento costruzioni testimonianza dell’ingegno dei viticoltori che le utilizzavano come laboratori per la produzione del vino, e che ricorda l’ambientazione fantasy della Contea in cui J.R.R. Tolkien collocava i suoi famosi Hobbit.

La mostra offre uno sguardo affascinante e al contempo inquietante su strutture dismesse ma non dimenticate che permeano il paesaggio italiano, mettendo in luce anche il contrasto tra l’architettura industriale e le antiche installazioni contadine, che evocano atmosfere da racconto fiabesco.

Attraverso queste “Architetture inabitabili” è possibile riflettere sulla mutevolezza del tempo e sulla capacità umana di trasformare e adattare il proprio ambiente: in questo panorama di rovine e testimonianze, emergono tracce tangibili della storia e della creatività umana che documentano la relazione tra l’uomo e il suo patrimonio architettonico.