TSO è l’abbreviazione di Trattamento Sanitario Obbligatorio. È un ricovero forzato, coatto, contro la libertà individuale della persona. Si tratta di coazione cosiddetta benigna: se una persona con disturbi psichichi non intende sottoporsi al trattamento terapeutico e le sue condizioni fanno supporre che non sia consapevole del suo stato di salute, qualcun altro può prendersi cura di lei anche imponendosi e predisponendone il ricovero presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici (SPDC – Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura).
Le motivazioni del Trattamento Sanitario Obbligatorio
La legge stabilisce che si può attuare il TSO a sole due condizioni:
1. La persona necessita di cure (secondo i sanitari che l’hanno visitata) e
2. le rifiuta.
1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
3. non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Quando la persona viene ricoverata in Trattamento Sanitario Obbligatorio presso il servizio psichiatrico, i suoi diritti (primo tra tutti quello alla libertà di movimento e di scelta) vengono limitati ed è obbligata a subire passivamente i trattamenti a lei somministrati. Ma una serie di diritti inalienabili vengono mantenuti:
1. La persona può fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Anche gli amici, i familiari, chiunque abbia a cuore la persona ha questa possibilità. La legge infatti dice espressamente che chiunque può fare ricorso. Ovviamente si può anche far intervenire un avvocato. Il Sindaco ha l’obbligo di rispondere entro 10 giorni (art. 33 legge 833/78). Se viene presentato il ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, conviene farne pervenire una copia al Giudice Tutelare. Se la risposta è negativa, il paziente può presentare la richiesta di revoca direttamente al Tribunale (art. 35 legge 833/78), chiedendo contemporaneamente la sospensione immediata del TSO e delegando, per rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale, una sua persona di fiducia.
2. Benché la persona non possa rifiutare le cure, questa ha il diritto di essere informata sulle terapie a cui viene sottoposta e di scegliere anche tra una serie di proposte alternative. Comunque, nel caso le terapie somministrate siano particolarmente invasive, sarebbe opportuno presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida ai sanitari nei confronti delle terapie che dalla persona vengono considerate lesive e può chiedere ed ottenere di inserire tale comunicazione all’interno della cartella clinica.
3. Il TSO non giustifica necessariamente la contenzione; mai comunque la violenza fisica. Qualora venga usata la contenzione fisica, questa dovrebbe essere applicata solo in via eccezionale e per un periodo di tempo non superiore alla somministrazione della terapia. L’art 1 della legge 833 del 23 dicembre 1978 afferma che “la tutela fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona”. L’utilizzo punitivo della contenzione, eventuali violenze verbali e fisiche degli operatori, fatti questi non ammissibili legalmente, sono reati perseguibili penalmente. In tal caso si può presentare una denuncia alla magistratura.
4. Durante il TSO il paziente ha diritto di comunicare con chi vuole, anche attraverso telefonate e non è ammissibile, da parte degli infermieri, selezionare le persone che loro ritengono autorizzate ad entrare nel reparto (art.33 legge 833/78).
5. Terminato il periodo massimo di TSO, la persona ricoverata può chiedere di essere dimessa in qualsiasi momento (legge 180 del 1978) e questa richiesta deve essere immediatamente esaudita, altrimenti ci si trova di fronte al reato di sequestro di persona. Il TSO decade anche nel caso in cui i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare non abbiano specificato nel provvedimento le motivazioni che hanno reso attuabile il Trattamento Sanitario Obbligatorio.
6. Il paziente ha il diritto di comunicare nella sua cartella clinica tutte le informazioni concernenti il suo stato di salute e i trattamenti a cui viene sottoposto.
7. Il paziente ha inoltre il diritto di sapere i nominativi e le qualifiche di chi opera nel reparto. Ogni infermiere deve avere sul camice un cartellino di riconoscimento.