Educazione sessuale a scuola, parliamone

In una delle prime lezioni di catechismo il sacerdote che le presiedeva ci ha detto che la masturbazione è un peccato. Un aspetto, questo, caratteristico della concezione che la chiesa cattolica ha rispetto al sesso; l’altro è l’astensione dal praticarlo. Anche sacerdoti giovani dal loro pulpito invitano i fedeli alla castità, non come rinuncia, non come repressione dei propri istinti ma come forma di libertà. Per i cattolici solo la castità, cioè l’allontanamento dai piaceri della carne, li avvicina ad una vita spirituale che li pone in comunione con Dio. Facile quindi che al tema dell’educazione sessuale a scuola i fedeli cattolici e le diverse associazioni religiose rispondano con una ferma opposizione. Un rifiuto che a volte li porta anche a fraintendere gli obiettivi dei provvedimenti stessi.

Eppure l’Italia si è allontanata da molti decenni dai precetti della chiesa cattolica. Erano gli anni ’80 quando Zucchero Fornaciari cantava negli stadi acclamato da migliaia di giovani “solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica”. Prima di lui negli anni ’70 c’è stata la rivoluzione sessuale; oggi si può scegliere con estrema semplicità di avere rapporti sessuali anche solo di una notte. Possiamo dire che l’Italia oggi è un Paese secolarizzato. Non solo ha vissuto un mutamento nei costumi, i cambiamenti sono avvenuti anche a livello legislativo facendone un Paese laico. Numerose leggi approvate negli anni hanno dotato l’Italia di una serie di strumenti per garantire la libertà sessuale, la parità tra i sessi e il rispetto per le diversità. Basti pensare all’aborto e al divorzio, alla legge contro la violenza sulle donne, il riconoscere lo stupro come reato penale invece che civile, la legge sullo stalking e per finire quella sulle unioni civili. Nonostante tutto questo abbiamo scoperto che parlare di sesso è ancora un tabù.

Come se la cavano le giovani generazioni? Da alcuni studi fatti dall’OMS, dall’Unesco e da altri organismi internazionali risulta che i giovani hanno, nei confronti del sesso, un atteggiamento improvvisato. Cioè conoscono una serie di notizie che provengono dal loro stesso mondo o da internet. Se ne parla poco in famiglia, non se ne parla per niente a scuola. Le conseguenze sono gravi perché si verificano gravidanze indesiderate, è poco frequente l’uso del profilattico col rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili e ancora peggio si rischiano tutta una serie di comportamenti che portano all’abuso sessuale, alla prevaricazione dei sessi e all’intolleranza verso la diversità. Oggi poi la situazione è aggravata dall’esistenza dei social, che sono stati protagonisti di una spettacolarizzazione negativa del sesso: in più di una circostanza sono infatti apparsi video o foto di stupri di gruppo e di atti sessuali con conseguenze devastanti per chi ne è stato vittima. Senza pensare solo agli aspetti negativi, anche solo parlare della masturbazione è ancora difficile. Rimane un atto che si compie in segreto, accettata forse tra i maschi. Ma per quanto riguarda le donne, una confidenza del genere è molto difficile da fare anche alla propria migliore amica, in barba a tutte le battaglie condotte dal movimento femminista.

Insomma sembra che tutte quelle conquiste ottenute nel corso degli anni passati per avere un clima più sereno nei confronti della sessualità si siano affievolite nelle mani delle nuove generazioni, che si ritrovano una libertà difficile da gestire e da comprendere. Allora la domanda è questa: in una società così configurata è opportuno prevedere un’educazione sessuale a scuola? Sì. Evidentemente c’è bisogno di un sistema di insegnamento di alcune regole fondamentali, da proporre ad ogni nuova generazione in modo tale da creare una società omogenea nei valori e nel comportamento verso il sesso. Mentre oggi la nostra società è squilibrata: ci sono generazioni di donne e di uomini che hanno imparato a dialogare con il proprio corpo e con le sue esigenze, sono stati educati al rispetto reciproco e della diversità; poi ci sono generazioni che sono state lasciate a se stesse, perché parlare di sesso non era più di moda, l’argomento si era esaurito. E invece non è così, questo è un argomento che non si esaurirà mai, perché è una forma di educazione che deve essere rinnovata nel tempo.

Per quanto riguarda i paesi dell’Unione Europea tutti tranne Italia, Bulgaria, Cipro, Polonia, Romania hanno reso obbligatoria l’educazione sessuale nelle scuole. Discorso a parte invece per il Regno Unito dove nel febbraio 2015 i parlamentari inglesi hanno chiesto che l’educazione sessuale divenisse obbligatoria nella scuola primaria e secondaria. I primi della classe in materia sono i paesi scandinavi, l’Olanda, la Francia e la Germania. Questi paesi si sono dotati di programmi che puntano a ritardare l’età del primo rapporto sessuale, ridurre la frequenza di attività non protette, incrementare l’uso di precauzioni per evitare gravidanze non volute e malattie. Ma anche a riconoscere e smontare gli stereotipi alla base delle discriminazioni di genere e quelli legati all’orientamento sessuale, ad acquisire consapevolezza dei diritti umani, avere rispetto ed empatia per gli altri, costruire relazioni basate sul rispetto.

A dire la verità anche in Italia abbiamo fatto diversi tentativi, anzi ormai si parla di decenni di proposte che però non hanno portato mai a nulla di fatto. Il primo a provarci è stato il Pci nel 1975, socialisti e repubblicani nel ’92, la Sinistra Democratica e Nichi Vendola nel ’96. Fino alle proposte più recenti, del novembre 2015, che in maniera un po’ generica provano a porre il tema della parità tra generi all’attenzione della scuola. Una è firmata da Giuseppina Castiello (Fi) e mira a “educare i giovani alla complementarietà tra uomo e donna e alla valorizzazione di un rapporto umano e rispettoso tra i sessi”; l’altra del M5S punta a fare della scuola una comunità inclusiva volta al “superamento di tutte le discriminazioni”.

Dopo tutti questi tentativi, il massimo che siamo riusciti a raggiungere è il comma 16 della legge 107/2015 di Riforma su “La Buona Scuola” che così recita: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”. Tre righe che hanno scatenato l’inferno – si pensi a tutti gli allarmismi sull’insegnamento della “teoria gender” – benché non prescrivano nulla. Infatti è al lavoro una commissione occupata a delineare delle linee guida che riempiano questo testo di significato. Nel frattempo tutto il discorso sull’educazione sessuale nelle scuole è nelle mani dei singoli dirigenti scolastici.

Foto di Matt Buck | Flickr |CCLicense