Se l’informazione ha bisogno di OSSIGENO

Ossigeno è un acronimo: Osservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate. Il nome richiama un concetto elementare: ogni società libera e democratica ha bisogno vitale di libertà di informazione e di espressione come il corpo umano ha bisogno di ossigeno.

Perciò nel 2008 è stato istituito questo Osservatorio, con il patrocinio della Federazione Nazionale Stampa Italiana e dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, per documentare e analizzare le intimidazioni che subiscono centinaia di giornalisti italiani. Episodi che spesso passano inosservati, di cui non si parla a meno che non facciano clamore. Eppure di minacce se ne registrano sempre di più, solo 90 nei primi due mesi del 2016. A rischiare di più, rileva l’Osservatorio, sono i cronisti impegnati in prima linea nelle regioni del sud Italia, nella raccolta e diffusione delle informazioni di pubblico interesse più scomode e nella ricerca delle verità più nascoste in materia di criminalità organizzata. Abbiamo intervistato Francesca Deloglu, collaboratrice dell’Osservatorio, per approfondire il tema.

Di cosa si occupa Ossigeno per l’Informazione?

Siamo un osservatorio sulla libertà di stampa in Italia, principalmente ci occupiamo di monitorare le minacce e le intimidazioni ai vari operatori del mondo dell’informazione. Possono essere minacce fisiche o abusi legali, in generale ci sono moltissimi modi per impedire che una notizia esca.

Fornite assistenza legale a chi si rivolge a voi?

Abbiamo uno sportello legale gratuito che è nato grazie al sostegno anche economico di una ong inglese, Media Legal Defence Initiative (MLDI). Lo sportello si rivolge ai giornalisti che non godono della tutela legale da parte dell’editore o che lavorano come freelance. La scelta dei casi a cui è concessa una copertura totale delle spese viene effettuata dal MLDI, ma ai giornalisti che non vengono selezionati i legali di Ossigeno offrono consulenza e assistenza legale a tariffe convenzionate.

Ci sono regioni maggiormente colpite dal fenomeno intimidatorio?

Contrariamente agli stereotipi non è solo il Sud ad esser colpito. Ci sono delle minacce che provengono dalla mafia e dalle altre organizzazioni criminali e che colpiscono soprattutto le regioni meridionali, ma nel 2015 si è verificato un picco di casi nel Lazio e in Lombardia. Dall’inizio del monitoraggio di Ossigeno, nel 2006, sono oltre 2.800 i giornalisti che hanno subìto intimidazioni in tutto il territorio italiano. Non ci occupiamo solo dei giornalisti iscritti all’Albo, ma di tutti quelli che lavorano nel mondo dell’informazione.

Ci sono dei casi esemplificativi, significativi rispetto alle denunce che vi arrivano?

C’è il caso di Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, che hanno pubblicato due libri sugli scandali vaticani, principalmente sulle commistioni economiche, attraverso documenti riservati a cui hanno avuto accesso. Attualmente sono sotto processo in Vaticano e rischiano sino a 6 anni di carcere. Poi c’è il caso di Lirio Abbate, che iniziò ad occuparsi di mafia Capitale prima che se ne occupasse la Magistratura e per le minacce subìte, anche in precedenza, dalla mafia vive sotto scorta dal 2007. Ci sono poi decine di procedimenti penali e civili che ledono la libertà di stampa.

ossigenoFonte: Ossigeno, dati aggiornati al 29 febbraio 2016

Ultimamente è uscito il dossier di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa. Che idea hai del perché l’Italia è così indietro (73° posto)?

L’Italia ha una situazione paradossale. Come ha detto il ministro Gentiloni la stampa è libera ma i giornalisti non lo sono. C’è anche da dire che noi facciamo monitoraggio attraverso statistiche e numeri, mentre negli altri Paesi europei non esistono organi che si occupano di questo. Se esistessero avremmo un’idea più completa, si potrebbe fare una comparazione.

È vero che per ogni giornalista che denuncia ce ne sono dieci che non lo fanno?

La nostra è una stima: molte intimidazioni non sono denunciate per paura o vergogna. E questo provoca anche un effetto di autocensura. Il giornalista che sa di poter incorrere in un’intimidazione si ferma prima. Se si trovasse maggiore solidarietà da parte della società civile ci sarebbe più protezione e denunciare sarebbe più facile.

Simone Lettieri