Il diario di Frida Kahlo. Un autoritratto intimo

Il diario di Frida Kahlo. Un autoritratto intimo. Traduzione G. Musso , S. D’Amico 

Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere. Frida Kahlo

Il diario scritto dalla pittrice messicana Frida Kahlo nei suoi ultimi dieci anni di vita, tra il 1944 e il 1954, raccoglie pensieri, poesie e sogni, scritti ma anche disegni dell’artista, utilizzati per imprimere su carta i suoi dolori fisici, la sua storia d’amore con Diego Rivera, il suo impegno politico, la sua realtà. 

Frida Kahlo diventata oggi una delle icone della storia dell’arte e uno dei simboli del Messico, ebbe una vita travagliata e al tempo stesso appassionante: figlia di un fotografo tedesco e una donna messicana, ebbe tre sorelle, un marito importante, il muralista Diego Rivera, e innumerevoli amanti di entrambi i sessi. Venne trapassata da un corrimano in assurdo incidente tranviario a diciotto anni, subì infiniti interventi e qualche aborto, aderì ferventemente al comunismo e ospitò Trosky con cui amoreggiò prima del suo assassinio. 

Tutto cominciò nel settembre del 1925 quando Frida viaggiava su un autobus che venne travolto da un tram e contorcendosi si schiacciò contro un muro. Le lesioni causate dall’incidente furono gravissime. Un corrimano dell’autobus le entrò in un fianco e le uscì dalla vagina, la colonna vertebrale si spezzò in tre punti, riscontrò fratture a costole, osso pelvico, collo del femore e gamba sinistra, subì una lussazione alla spalla sinistra e slogatura del piede destro. Da dopo il fatto, costretta a letto per lunghi periodi, Frida cominciò a dipingere. Poteva muovere soltanto le mani e vedere se stessa, riflessa in uno specchio fissato sul soffitto. La sua persona è il soggetto che conosce meglio.  Al centro di molte sue opere il suo volto esprime il suo dolore che attraverso le sue mani diventava arte. Frida affrontava i suoi demoni con la pittura.

Questo bellissimo diario illustrato ha accompagnato gli ultimi dieci anni di vita di Frida Kahlo (1907-1954) ed è rimasto sotto chiave in Messico per quasi mezzo secolo. Le centosettanta pagine racchiudono l’universo più intimo dell’artista e raccontano la sua complessa visione del mondo. Le annotazioni scritte a mano accompagnano settanta acquarelli dalle cromie accese, che includono numerosi autoritratti. Immagini e parole a testimoniare la forza di questa donna che il destino ha messo a dura prova e che non si è mai arresa.  

Nel 1953, a causa di un principio di cancrena, le vengono amputati entrambi i piedi e sul diario annota le seguenti parole: “Piedi, a cosa mi servono se ho le ali per volaree vi inserisce un disegno a matite colorate in cui rappresenta i suoi due piedi come quelli di una statua in rovina, coperta da alcuni rami, ma Frida si convince di poter sempre ricorrere alle ali della sua fantasia che possono trasportarla ovunque. L’angoscia e il dolore, il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere.  

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Immagine tratta da ibs.it

Questo diario è un  monologo interiore scandito da immagini e parole. Appartiene al genere del “diario intimo”, una memoria privata scritta da una donna per se stessa, e non destinata al pubblico. Leggere e guardare il diario dell’artista messicana significa immergersi nella complessità di un’artista che ha trasformato la propria stessa vita in un’opera d’arte, declinando nelle potenzialità immense di pittura e scrittura ogni singolo momento della sua esistenza.
Le tavole a colori e la traduzione del diario fanno entrare in un mondo affascinante e unico, dove non regna solo la sofferenza: Frida è anche ironia, arguzia, spirito dissacrante anche nei confronti di sé stessa. Come nei suoi quadri, l’attenzione è posta tutta sul sé, sulla sua essenza di donna, di messicana, riflettendo di volta in volta il disagio, il dolore, la compostezza, il sogno, la veglia, la sofferenza, la gioia di una potenza creatrice inesauribile. Brevi frammenti, appunti, considerazioni, messaggi consegnati al tempo: il diario di Frida è un percorso unico attraverso la sua vita, dai primi anni dell’infanzia e dal rapporto col padre alla sua storia d’amore con Diego Rivera, agli incontri che hanno costellato la sua carriera, da Tina Modotti a Trockij, da André Breton ai tanti dottori che l’hanno curata. Perdersi nelle pagine del diario è un’esperienza diversa dal confrontarsi coi suoi quadri.  

Tutti passiamo con noi stessi la maggior parte del tempo, ma non ce ne rendiamo conto quasi mai, non ne siamo consapevoli e spesso ci identifichiamo con tutto ciò che ci ruota intorno, chiamando questo turbinio “vita”. Frida no, non ha mai smesso di avere gli occhi puntati sulla “vera” vita e, attraverso la pittura, ha scelto di essere una combattente con una mano alzata a pugno chiuso che cercava cogliere i significati più reconditi dell’esistenza. Il suo VIVA LA VIDA è stato il suo ultimo saluto. Lo ha scritto otto giorni prima di morire (1954) mentre stava terminando il suo ultimo quadro, in mezzo alle sue angurie cariche di quel rosso vivo sempre ricorrente nei suoi quadri. Senza timore dell’abisso, ha compiuto col sorriso quel salto nel vuoto che solo chi sente di non avere più nulla da perdere riesce a compiere con disinvoltura.

 

Immagine in evidenza di Charis Tsevis (CC License/flickr)