COSA SUCCEDE VERAMENTE NEGLI SPDC?

Sono ormai passati 37 anni dall’entrata in vigore della legge 180, detta anche legge Basaglia, che avrebbe dovuto cambiare il mondo della psichiatria, mettendo al bando soprattutto le violenze psicologiche e fisiche inferte ai pazienti, sottoposti a forme di contenzione e abuso di farmaci. L’aspetto più importante della legge doveva essere proprio il valore della dignità umana e la parità di diritti. Ma, nonostante sia passato tanto tempo, ci ritroviamo ancora a parlare di quello che non dovrebbe accadere negli SPDC: di gente legata a letto, spesso senza un motivo valido, di persone bombardate dai farmaci, di chi esce dai reparti in condizioni peggiori di quando è entrata, molte volte con traumi psicologici difficili da superare. Per non parlare di casi di cronaca riguardanti morti misteriose avvenute nei reparti di SPDC. Eventi che fanno rabbrividire e di cui vergognarsi.

Purtroppo si parla poco degli SPDC nei giornali e nelle tv. Riusciamo a saperne qualcosa solo quando succedono fatti tragici. Sull’argomento, peraltro, non ci sono fonti certe che ci aiutino a capire. Qualcosa la troviamo in pubblicazioni specifiche, come nei libri del dottor Piero Cipriano, uno “psichiatra riluttante e stufo di fare il giudice dei matti” (come si definisce lui stesso), che descrive quello che succede negli ospedali psichiatrici. Usa parole come “carnefice” e “tortura” e parla di farmaci non dati per curare, ma bensì per “annichilire”. È difficile sentire uno psichiatra che si esprime così, con questa furente schiettezza sui luoghi del disagio psichiatrico. Nei suoi libri racconta storie di torture e umiliazioni inferte ai pazienti e ci fornisce dati significativi e, purtroppo, allarmanti: attualmente ci sono 300 persone legate a letto (a volte anche solo per un semplice sputo sulla finestra); dei 323 servizi diffusi sul territorio nazionale, l’80% è a porte chiuse, con finestre sbarrate e vengono ancora utilizzate le fasce. Inoltre riprende in qualche modo ciò che si è sempre temuto: che si lega con troppa disinvoltura, senza che sia affatto necessario. Lui ha sempre cercato di parlar con i pazienti, anche fino alla nausea, invece di legarli. Insomma ha sempre cercato un dialogo, un rapporto umano.

In definitiva, per lavorare in questo campo bisogna essere molto sensibili e avere voglia di aiutare chi soffre. Se tutti gli operatori del settore si avvicinassero ai pazienti come il dottore Cipriano, le cose forse comincerebbero a cambiare. Probabilmente non assisteremmo più a tragedie come quella di Giuseppe Casu, trovato morto nel 2013 nel SPDC di Cagliari, dopo essere stato legato per sei giorni in seguito a un ricovero TSO molto dubbio. Oppure quella di Mastrogiovanni, trovato morto anche lui dopo quattro giorni di contenzione ed essere stato legato al suo letto mentre dormiva. Purtroppo la situazione attuale sembra ferma a 37 anni fa, a prima della legge Basaglia. Ma bisogna continuare a lottare perché casi del genere non si ripetano più. E un modo per farlo è sicuramente quello di diffondere il più possibile notizie di quanto avviene negli ospedali psichiatrici, come fa il dottor Cipriano e tutti coloro che vogliono cambiare e migliorare il mondo della salute mentale, per incoraggiare e dare speranza a tutti coloro che non hanno la forza di reagire e voce per ribellarsi.