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Tratto da Lo cunto de li cunti, una raccolta di 50 fiabe scritte in dialetto napoletano da Giambattista Basile nel XVII secolo, Il racconto dei racconti è il primo fantasy del regista romano Matteo Garrone. E chi se lo sarebbe mai aspettato dall’autore di Gomorra, Primo amore, L’imbalsamatore, Reality?
Niente da dire sulla fiabesca fotografia di Peter Suschitzky, sugli sfarzosi costumi di Massimo Cantini Parrini e sulla meticolosa scenografia di Dimitri Capuani, mentre la musica di Alexandre Desplat risulta monotona e ridondante, semplicemente funzionale alla storia, nel sottolineare i momenti di tensione e mistero e in generale l’atmosfera fantastica.
Il film narra tre storie separate e incentrate sul desiderio (La regina; La pulce; Le due vecchie) che risultano più degli schizzi che dei veri e propri racconti. Ambientato in castelli, boschi, grotte e montagne, tra re, regine, giullari, ninfe, streghe, draghi, orchi quest’ultimo lavoro di Garrone sembrerebbe un fantasy “tradizionale”. Se non fosse che tornano anche qui, ancora una volta nella sua filmografia, i temi delle ossessioni, delle ansie e dei turbamenti che caratterizzano i personaggi: dalla regina (Selma Hayek) che vuole a tutti i costi diventare madre, alle vecchie ossessionate dal desiderio di tornare giovani e belle, passando per un re (Toby Jones) più affezionato alla sua pulce che alla figlia. Insomma un incubo più che un sogno. E come negli incubi non mancano immagini splatter e perturbanti che accompagnano le atmosfere cupe e i temi forti cari al regista romano. Certamente il tutto è contenuto in un’estetica affascinante e completamente nuova ma viene affrontato ahimè in modo troppo superficiale.
Una forma maestosa dunque. Ma poi? Oltre ad essa cos’altro ci trasmette il film? Ció che delude purtroppo è proprio il contenuto con storie i cui temi sono appena sfiorati e che sembrano rimanere delle bozze, e con personaggi per nulla approfonditi dal punto di vista psicologico, inoltre il ritmo risulta lento, il film si dilunga in descrizioni e sequenze poco rilevanti, forse anche volutamente prevedibili, finendo per annoiare lo spettatore. Un’occasione che poteva essere sfruttata meglio, visto l’enorme budget e il cast internazionale. Ci restano dei bei quadri, ma vuoti.
Voto: 5