Per dare uno sguardo al mondo delle donne di oggi abbiamo rivolto alcune domande a Giulia del collettivo femminista Cagne sciolte, che ci ha proiettato con le sue risposte in una dimensione di lotta contemporanea non solo delle donne ma anche di tutti quegli uomini che stanno dalla loro parte. Una lotta necessaria per la tutela dei diritti già acquisiti e per quelli che ancora sfuggono ad una disciplina attenta alla parità dei sessi.
Il femminismo oggi, qual è il contesto culturale e politico?
Oggi come femministe ci troviamo ad agire in un contesto fortemente determinato dalla crisi economica che da anni impoverisce una fetta sempre più grande della popolazione.
Negli ultimi anni abbiamo subito costanti tagli ai servizi essenziali e ai bisogni di tutti e tutte, con la scusa della crisi e la ricetta dell’austerity. Questi tagli hanno prodotto lo smantellamento della maggior parte dei servizi per le donne: i consultori chiudono o vengono privatizzati, permettendo così l’ingresso di associazioni cattoliche e di obiettori in questi luoghi storici della salute e dell’autodeterminazione delle donne; i centri anti violenza sono insufficenti e quelli che ci sono vengono definanziati o peggio chiusi per mancanza di fondi o per la scadenza dei bandi attraverso cui vengono assegnati o perchè nati da un’occupazione e quindi “illegali”. Gli ospedali non riescono più a garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) in maniera permanente a causa dell’obiezione di coscienza che fa sì che in molti presidi ospedalieri non ci sia nemmeno un medico non obiettore; i punti nascita che lavorano pensando al benessere delle donne sono sempre meno e la nascita viene sempre più medicalizzata, non lasciando alla donna il ruolo di soggetto attivo che è in grado di decidere su di sè e sul proprio corpo.Continua lo smantellamento dei servizi per la cura (asili, doposcuola e servizi per le persone anziane), già ridotti all’osso dalle politiche di privatizzazione ed il progressivo smantellamento del welfare, accompagnato dalla distruzione delle poche garanzie rimaste in piedi nel mondo del lavoro.
Tutto questo ha portato ad un drastico rientro delle donne nei luoghi domestici, a causa della perdita del lavoro o della necessità di badare alla famiglia ed al lavoro di cura, totalmente sulle loro spalle.
In parallelo, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento degli episodi di violenza sulle donne e soprattutto dei femminicidi, infatti da gennaio ad oggi sono più di 100 le donne uccise per mano di mariti, fidanzati o ex.
La situazione italiana si connette ad un contesto internazionale dove da mesi si assiste a grandi mobilitazioni di donne scese in piazza in diversi paesi del mondo: in Polonia le donne sono scese in piazza per non far passare una legge abominevole che cercava di vietare l’aborto, in Argentina una marea di donne hanno manifestato per dire basta ai femminicidi, agli stupri e alla violenza, e ancora in Corea e in Spagna le donne hanno riempito le piazze per riprendersi il diritto ad esistere. C’è, quindi, un protagonismo delle donne e delle loro battaglie che si sta affermando a livello mondiale, lasciandoci ben sperare per il prossimo futuro…
Quali sono le battaglie al centro della lotta femminista oggi?
Abbiamo recentemente ripreso lo slogan argentino creando Non Una Di Meno in moltissime città italiane, per dire basta alla violenza maschile sulle donne e ai femminicidi, ma non ci siamo fermate qui. La nostra ambizione va molto oltre, nei nostri progetti il 26 e il 27 novembre scorsi – giorni della manifestazione nazionale – sono stati solo l’inizio di un grande e ampio percorso che si è dato come obiettivo quello di riscrivere dal basso, attraverso la partecipazione di tutte, un piano femminista contro la violenza, che sia in grado di affrontare questo problema e quello del sessismo in maniera conplessiva, in tutti gli ambiti di vita in cui le donne lo sperimentano: in famiglia, al lavoro, nelle scuole, per strada, nei tribunali, sui media.
Come step intermedio e funzionale a dare forza a questo processo di scrittura del piano antiviolenza, ci sarà lo sciopero internazionale delle donne dell’8 marzo, lanciato dalle compagne argentine e a cui Non Una Di Meno ha aderito, insieme ad oltre 20 paesi nel mondo. Una giornata senza di noi, uno sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo, che si intrecciano inestricabilmente nelle vite delle donne. Si può immaginmare cosa significherebbe se per un intera giornata le donne non lavorassero, non si occupassero di bambin* ed anzian*, non lavassero i piatti, se per una giornata si bloccasse tutto il lavoro di cura che quotidianamente portano avanti in maniera gratuita? E se oltre a ciò le donne si assentassero dal lavoro? Se smettessero di sorridere al capo che le molesta sul lavoro? Se reagissero a chi le apostrofa con commenti o attenzioni indesiderate?
Stiamo cercando di costruire tutto questo attraverso assemblee cittadine di Non Una Di Meno, che vedono diverse realtà collettive e singol* portare avanti la discussione sulle tematiche dei tavoli proposti il 27 novembre scorso (salute, percorsi di fuori uscita dalla violenza, narrazione della violenza da parte dei media, femminismo migrante, antisessismo e violenza nei movimenti, questione legislativa legata alla violenza, prevenzione attraverso l’educazione alle differenze dalla prima infanzia, lavoro e welfare).
Quale prospettiva c’è dietro ai tavoli di lavoro post-manifestazione?
I tavoli di discussione sono stati un inizio di dibattito, che ha visto più di 800 persone sedute a discutere di cosa dovrebbe esserci in un piano femminista contro la violenza di genere, con un approccio complessivo e proprio per questo motivo complesso, che non semplifica il costrutto di violenza ma che cerca di connetterlo a più livelli a tutti i piani di vita delle donne. Ora in moltissime città italiane si stanno tenendo assemblee territoriali di Non Una Di Meno, che in manera autonoma, ma facendo rete fra loro, discutono del piano nazionale antiviolenza attraverso i vari tavoli e costruiscono l’8 marzo. Ci si rivedrà tutt* insieme il primo weekend di febbraio per una grande assemblea nazionale, che cercherà di fare il punto ed avanzare rispetto alla discussione sul piano antiviolenza, così da capire come costruire un grande 8 marzo di sciopero internazionale delle donne.
Chi c’è oggi in piazza, con le donne e tra le donne?
L’ultimo corteo ha segnato un punto di non ritorno: in piazza non sono scese solo le donne ma tutt* coloro che considerano essenziali la lotta al patriarcato e alla violenza di genere. In piazza c’erano tante donne, ma anche tanti uomini solidali che hanno dimostrato così di non voler essere complici della violenza sulle donne, c’erano soggettività transfemministe queer, che vivono quotidianamente la violenza insita nel sistema binario dei generi e dell’orientamento sessuale. In strada è scesa una marea, come quella argentina, che ha scelto di creare in testa uno spezzone tutelato di sole donne, per poi aprirsi a tutt*.
È un dato importante non solo per i numeri immensi ma anche per la composizione del corteo: in piazza c’erano tre generazioni di donne, c’erano le sex workes, le migranti, le soggettività queer, gay, lesbiche, intersex, transgender. Per dire basta alla violenza, per reclamare il diritto a esistere e a farlo in maniera dignitosa…come si diceva tempo fa…vogliamo il pane, ma anche le rose!
Foto presa dalla pagina Facebook di “Cagne sciolte”