Accessibilità, un diritto di tutti spesso trascurato

Il quadro legislativo, dal PEBA alla legge per le pari opportunità 

Girare per la città in un pomeriggio caldo di settembre. Prendere un gelato alla gelateria più buona che ti è stata consigliata, in un quartiere diverso da quello in cui abiti, raggiunto in metropolitana, a qualche chilometro di distanza da casa. E dopo, passeggiare in un giardino pubblico alberato, di quelli con vista mozzafiato sui caseggiati e sui monumenti antichi del paesaggio urbano. Sarebbe un quadro vivido di svago pomeridiano alquanto affascinante. Sarebbe anche molto facile da realizzare. Ma per chi ha una disabilità, le tinte del quadro diventano un po’ più opache e scure. Il motivo sta nel fatto che, in molte città italiane, i diritti dei disabili sono spesso trascurati. Soprattutto un diritto che ne rappresenta la parte clou: il diritto alla mobilità e all’accessibilità dei luoghi, a causa della massiccia presenza di barriere architettoniche su tutto il territorio nazionale. 

Il quadro legislativo sembra essere quello meglio dipinto di tutti. Infatti, in un articolo dell’avvocato e attivista dell’associazione Egalitè, Dario Dongo, si legge che la Convenzione delle Nazioni Unite (UN Convention on the Rights of Persons with Disabilities, CRPD) sui diritti delle persone con disabilità è stata ratificata e resa esecutiva anche in Italia, con la legge n. 18/2009. Legge in cui si sancisce il principio di pari opportunità nella fruizione del servizio di trasporto pubblico. 

Ma quelle che sono norme dipinte bene, cioè ben fatte, poi restano dimenticate nello sgabuzzino, poiché, sia tra la popolazione che soprattutto tra le istituzioni, il diritto all’accessibilità dei luoghi non è di fatto un diritto garantito. E sono tanti gli esempi che lo possono dimostrare, tant’è che gli attivisti esperti in materia definiscono l’assenza della tutela di questo diritto “ubiquitaria”, cioè assente quasi ovunque in Italia. È da ricordare che la stessa situazione di “legge bella ma non applicata come si dovrebbe” vale anche per la 180. 

E approfondendo ancora la legislazione in merito, sarebbe inevitabile non menzionare il PEBA (Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche) istituito con la legge n. 41/1986, che è uno strumento per cui ogni comune ha l’obbligo di rilevare la presenza di barriere architettoniche sul territorio e di progettare interventi affinché queste vengano eliminate. Ma i PEBA hanno trovato scarsa applicazione nel corso degli anni, nonostante la legge preveda il commissariamento dei comuni inadempienti da parte della regione d’appartenenza. 

Un esempio delle inottemperanze all’accessibilità è rappresentato dai disagi della metropolitana di Roma: gli ascensori della metro A sono rimasti fermi per più di un anno già al tempo dell’estate 2019. Tant’è che, in merito al servizio di trasporto pubblico a Roma via metro, le mancanze e i disagi vengono definiti sistematici dallo stesso avv. Dario Dongo. 

Dinnanzi a tanta trascuratezza nei confronti di un diritto fondamentale come quello all’accessibilità dei luoghi e alla mobilità, bisogna fare una riflessione profonda, poiché sarebbe un errore pensare che la mancanza di libertà di movimento sia un fardello delle sole persone disabili. Le restrizioni anti-covid, che ci hanno costretto a casa, hanno livellato la condizione di vita degli individui in qualche modo. E tutti ne hanno sofferto. È quindi chiaro che ogni persona ne possa soffrire in qualsiasi momento per il variare degli eventi della vita. Sapere che tutte le persone possano essere libere di muoversi farebbe bene alla comunità e alla mente dei singoli individui. Per questo è da considerarsi un diritto di tutti. 

 

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