The Irishman di Martin Scorsese narra 30 anni di vita di un uomo, il sicario mafioso Frank Sheeran (Robert De Niro) nell’arco dei suoi 209 minuti di durata. L’ultimo film di Scorsese nasce dalla proposta dell’attore Robert De Niro che, in seguito alla lettura del saggio I Heard You Paint Houses (in italiano L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa) di Charles Brandt, ha rivelato al regista di aver trovato la storia molto interessante per un eventuale adattamento cinematografico.
Ha inizio così il lungo e tormentato progetto The Irishman, prodotto da Netflix e senza il quale, dichiara Scorsese, il film non sarebbe mai potuto esistere (il budget finale è di 140 milioni di dollari).
The Irishman è un gangster movie che strizza l’occhio a Quei bravi ragazzi dello stesso regista, ma che ricorda da vicino anche C’era una volta in America di Sergio Leone, tutti e tre i film infatti sono accomunati dalla presenza dell’attore feticcio Robert De Niro.
Tuttavia Scorsese ha dichiarato di non aver mai pensato al capolavoro di Sergio Leone durante le riprese della sua ultima pellicola e che la storia della mafia è una conseguenza dell’idea di voler raccontare la vita di un uomo (Frank “The Irishman” Sheeran) con l’obiettivo di trasmettere la percezione del tempo che passa. L’attenzione è rivolta sul potere che ha il tempo di cancellare lentamente tutto e tutti, “le nuove generazioni non ricorderanno mai ciò che non hanno vissuto perché non ne hanno fatto esperienza” spiega il regista.
Il tempo è dunque uno dei veri protagonisti di The Irishman, e il suo scorrere è letteralmente incarnato da Robert De Niro che, grazie al trucco e ai sorprendenti effetti speciali di ultimissima generazione, sembra veramente andare avanti e indietro negli anni accompagnato dal suo racconto in prima persona, costruito interamente su un montaggio alternato in cui passato e presente si susseguono.
A tal proposito Martin Scorsese ha dichiarato: “Quando abbiamo iniziato a lavorare a The Irishman, nel 2015, abbiamo fatto un esperimento con Robert De Niro per testare gli effetti speciali sul ringiovanimento degli attori. Abbiamo ricreato diverse sequenze di Quei bravi ragazzi e i risultati erano sorprendenti, nonostante mostrassero solamente il 30% di quello che sarebbe stato il prodotto finale.”
The Irishman si ispira al noir francese e De Niro al divo Jean Gabin, anche per la presenza dell’armonica (tipica del genere) come leitmotiv sonoro che punteggia la pellicola conferendo continuità e ciclicità alla narrazione. Le tre ore e mezza di durata, seppure si facciano sentire soprattutto nella prima parte, sono in grado di regalare una sceneggiatura mozzafiato a un film che è costruito “in crescendo” e che, superata la prima ora e mezza, sembra sfrecciare.
Il cast è stellare: oltre a un cinico e rigoroso Robert De Niro vediamo Al Pacino nei panni di un testardo, orgoglioso non ché grottesco Jimmy Hoffa, e poi uno spietato Joe Pesci, e ancora Harvey Keitel e Bobby Cannavale solo per citarne alcuni tra i più importanti. La regia, tipicamente scorsesiana, è fatta di sinuosi piani sequenza, poetici ralenti e ironici fermi immagine in stile identikit che presentano i personaggi.
Sublime la fotografia caravaggesca, fatta di contrasti e chiaroscuri, e poi la colonna sonora: le musiche sono dei veri e propri omaggi al noir francese come Grisbì di Jacques Becker, ma anche al cinema italiano. Ad esempio in The irishman compare due volte la canzone Non dimenticar che rimanda ad Anna di Alberto Lattuada e, più in generale, ha segnato un intero periodo, i primi anni ’50.
Su Netflix dal 27 novembre.
Voto: 8
Martina Cancellieri