L’Hi-Tec incontra la salute, la “ludicizzazione” della guarigione.

Tra le nuovissime applicazioni della tecnologia di ultima generazione, la “ludicizzazione” della salute è sicuramente uno degli ambiti più interessanti e rivoluzionari. Applicazioni e giochi digitali, infatti, possono aiutare le persone nel processo di cura e guarigione.

La trasposizione di logiche che appartengono al mondo dei giochi, come la risoluzione di enigmi, il passaggio di livelli, oppure la competizione e la relativa ricompensa (la cosiddetta ‘gamification’), è utilizzata dal 2010 nella produzione di servizi a scopo non ludico, nei settori più svariati: dal managment treading, alla formazione scolastica e adesso, dopo molte ricerche scientifiche, anche nel settore sanitario.

L’obiettivo è ambizioso: ottenere un miglioramento delle condizioni generali del paziente e accompagnarlo nelle diverse fasi del processo di terapia, riabilitazione e guarigione.

Tali innovazioni stanno portando ad un vero e proprio sconvolgimento di un intero settore e l’Italia, in questo cambiamento, è presente con diverse start up.

Lo scorso novembre la società di ricerche di mercato “Research N Repons” ha fatto una proiezione economica interessante, scoprendo che entro il 2022 il business della gamification nell’assistenza sanitaria crescerà addirittura del 55,1%.

L’Italia in questo nuovo mondo c’è: a Cagliari la startup Game Potions ha inventato, finanziato e prodotto “Super Poteri”, riducendo la paura nei bambini dell’88% in cura dal dentista, permettendo così trattamenti più sicuri e veloci, come dice l’amministratore delegato Alberto Piras. Nella sala d’attesa di 600 studi dentistici, tre ospedali e otto cliniche odontoiatriche italiane i bambini, grazie a questo gioco, hanno smesso di pensare al trapano e l’App che usano, non serve solo ad intrattenerli, ma a evitare che la paura pregiudichi la corretta andatura dell’intervento, Il gioco di successo, dopo opportuni test di validazione, verrà esportato negli Stati Uniti.
Sono italiani anche i creatori di “Tommi”, un gioco digitale che aiuta i piccoli pazienti oncologici (300.000 all’anno) ad affrontare positivamente il loro lungo percorso di cure.

La vera nuova frontiera sono le terapie digitali, si tratta infatti di App e videogame che supportano il paziente, sostenendolo psicologicamente ed aiutandolo nella riabilitazione fisica, usando ad esempio la Nintendo Wii o Microsoft Kinect, o ingaggiandolo attivamente in terapie più complesse.
Una delle sfide è quella di guarire da alcune malattie,  giocando, soprattutto in campo neurologico ed in quello della riabilitazione fisica, ci racconta Stefano Vitta, partner ed esperto di strategie digitali della Healthware International, una delle più grandi agenzie indipendenti del mondo di healthcare.
In effetti, è dello scorso dicembre la notizia di test svolti in Europa, conclusi positivamente, per convalidare l’efficacia di un gioco visuale americano nella cura del disturbo di iperattività e deficit dell’attenzione.

In alcuni settori, l’idea di un App che può effettivamente sostituire un farmaco, è ancora un’ipotesi, che tuttavia sta diventando possibile. Attualmente, per trasformare l’esperienza digitale in un ‘farmaco’ è necessario l’ok della Food and Drug Administration, l’organismo internazionale per la registrazione dei nuovi farmaci, percorso che inizierà tra poco, afferma sempre Vitta, riferendosi ad un videogioco d’azione chiamato “Akili”.
Il videogioco, creato per pazienti affetti da sclerosi multipla, attraverso un algoritmo che si riprogramma a seconda delle diverse situazioni,  attiva in modo selettivo alcune zone del cervello.

I sistemi neurologici cognitivi che risultano deficitari in presenza di alcune malattie, come il disturbo depressivo maggiore, i disturbi dello spettro autistico ed anche la sclerosi multipla, per la quale i test di validità inizieranno presto, sono le patologie verso cui questo videogioco è stato progettato.
L’Italia ha avuto un ruolo di punta anche nella realizzazione di “Ms-Fit”, di Roche, un altro videogioco che permette ai malati di sclerosi multipla di compiere movimenti per migliorare postura, equilibrio e respirazione: al suo sviluppo hanno partecipato la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla e dodici centri neurologici.

In Europa è invece già in vigore un trattamento digitale che migliora l’acufene.
Questo disturbo uditivo fa percepire continui fischi o rumori di sottofondo:
il gioco che si chiama “Tinnitracks” permette, con solo un’ora al giorno per sei mesi, di guarire dall’acufene, e viene rimborsato dal sistema sanitario tedesco.

Si tratta di un algoritmo che riprogramma la playlist del paziente, focalizzato su varie frequenze, per attivare la naturale capacità del sistema nervoso di modificarsi.
E’ l’inizio di un nuovo mondo con meno farmaci e più metodi hi-tech ma tutto sommato naturali?
Abbiamo sicuramente superato la frontiera, ma siamo ancora agli inizi.
Il settore sanitario è stato appena sfiorato dalla rivoluzione digitale.
Fino a due-tre anni fa era un sistema chiuso difficilmente attaccabile dalle start-up per via delle normative ferree e la lunghezza dei progetti di sviluppo: ci vogliono 10-15 anni per l’approvazione di una nuova terapia/protocollo di cura.

Il cambiamento è avvenuto nei consumatori, la loro spinta è fondamentale, concorda Stefano Maffei, docente al Dipartimento di Design del Politecnico di Milano. Per lui le nuove tecnologie hanno cambiato il legame tra persone e cure: la patient innovation, l’innovazione terapeutica promossa dai malati, ha ormai un reale coinvolgimento.
Maffei è anche il Direttore scientifico della piattaforma “Make To Care”, dove 120 casi raccontano l’ecosistema italiano di pazienti-innovatori, ricercatori indipendenti e non, nuovi imprenditori e start up, maker e FabLab, per i quali grandi gruppi farmaceutici, come Sanofi, guardano con attenzione per affacciarsi all’healthcare digitale.
Per chi necessita di una cura personalizzata, è possibile ordinare a basso costo App e prodotti digitali,

Dove non arriva l’SSN arriva la Sanofi: pensiamo alle lunghe riabilitazioni o alla gestione delle disabilità che spesso seguono protocolli antidiluviani troppo generici. L’azienda accetta la partecipazione dei consumatori come innovatori e sviluppatori di prodotti digitali.
Per esempio Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo con “MirrorAble”, un corso digitale che insegna ai bambini colpiti da ictus a diventare prestigiatori, come loro figlio Mario, di 6 anni, attraverso l’imitazione del mago sullo schermo e interagendo con altri bambini che hanno avuto lo stesso problema. Così si attivano i neuroni specchio e, attraverso l’allenamento, si compensano i danni cerebrali.
Se il paziente ha dunque un ruolo chiave nell’innovazione è chiaro che a fare sistema, con la connessione ad altri rami per l’healthcare, si diventa fondamentali.
Di conseguenza, accanto all’italiano “Make To Care”, c’è la mappatura internazionale del Digital Therapeutic Alliance, dove si presenta anche l’italiana “Healthware International”, unendo le forze dei produttori delle terapie digitali e facilitando lo sviluppo e l’utilizzo all’interno dei Sistema Sanitario Nazionale. Le soluzioni già pronte da scaricare ed usare sono tante e potete trovarle già sul sito digitalhealthstorymap.com: cliccando sulla parte del corpo da curare, appaiono le App con le descrizioni.

Bisogna comunque ricordare che serve una maggiore concentrazione dei sistemi di validazione, affinché queste cure vengano accertate e rimborsate come farmaci tradizionali. Il problema normativo non è l’unico da superare nel tema di salute digitale e gamification: Alissa Rees, olandese, ex-paziente oncologica e designer sa come le terapie digitali possono aiutare i malati. Ritiene però che sarebbe uno sbaglio privilegiarle rispetto al rapporto umano.

Rees, 26 anni, ripensando alla frustrazione di quando era malata di leucemia, a quando non poteva muoversi in ospedale, è diventata una patient-innovator, progettando uno zainetto che sostituisce l’asta per le flebo e consente di fare esercizio e di spostarsi liberamente.
Il progetto è stato presentato al Ces di Las Vegas, l’evento più importante a livello di innovazione tecnologica ed è stato riproposto a gennaio al Fuori Salone di Milano.

Alissa sta sviluppando in questo periodo un videogame che permetta ai pazienti costretti a letto di giocare a tennis, di fare karate o di nuotare, tenendo in forma il corpo.
Per la gamification è importante tenere in primo piano le necessità del malato, non alienando il proprio corpo dall’ambiente circostante.

È d’accordo Fabio Viola, 38 anni, gamedesigner con formazione da archeologo per il museo archeologico di Napoli, secondo nella classifica Gamification Gurus Power100 e coautore di “Super Poteri”, oltre che essere pluripremiato per il gioco “Father&Son”. Viola asserisce che quando i giochi vengono progettati con logiche antiquate, il risultato può essere l’alienazione, un pò come quando la tv viene usata come baby-sitter. “Un design non ottimale è anche causa dell’altro grosso problema legato alla gamification dell’healthcare, l’abbandono: troppo spesso i giochi a scopo non ludico vengono ignorati perché non sono in grado di suscitare attenzione e motivazione, il motivo è che un gioco fatto solo di comandi ed interfacce, di gente che spara e prende punti, sottende il punto di chi giocava negli anni 80 e non lo fa più da anni. I giochi che funzionano oggi somigliano più a dei film o a dei romanzi”.

I videogiochi in questione, coinvolgono perché il regista e lo scrittore è proprio chi li sta usando e oggi c’è un nuovo modo d’interagire.

È questo il futuro! Niente enigmi complicati, ma la possibilità di disegnare la storia dei protagonisti. Chi progetta terapie digitali dovrebbe concentrarsi sull’arte del coinvolgimento, sullo storydoing come evoluzione dello storytelling, perchè guarire giocando, possa essere una realtà più che una promessa.

Susanna Pinto