La seconda giornata del festival “Tracce” , organizzata dal laboratorio “Disordinatamente”, che si riunisce al centro diurno del DSM Asl Roma 2 di San Paolo, si è incentrata su una mostra. L’evento si è svolto alla galleria Sic 12 Art Studio e si intitola “Calligrammi”.
Il calligramma è un disegno fatto con parole o frasi che può essere fatto sia in bianco e nero sia a colori.
L’idea di fare questa presentazione durante questo festival, nasce, secondo me, dall’esperienza di Fernando Nannetti, un paziente psichiatrico che durante il suo ricovero a Volterra creò dei calligrammi nel cortile interno dell’ospedale.
Io come membro del gruppo Disordinatamente sono stato coinvolto nella creazione di questi disegni.
Inizialmente, i primi di settembre, l’Art Director Elena Boni, responsabile di questo laboratorio, ci propose di fare dei disegni con delle frasi scelte da lei.
Io sono stato tra gli utenti scelti sia per realizzare alcuni calligrammi che per partire per la Francia.
Il cuore del festival “Tracce” è stato il gemellaggio tra la realtà francese e quella italiana, nell’ambito della salute mentale.
L’ideatore e l’organizzatore di tutta questa iniziativa è stato Gustavo Giacosa, che è stato intervistato da Radio Fuori Onda, ci ha dato l’input di realizzare disegni di Art Brut tramite i calligrammi.
Una volta che tutto il gruppo ha accettato di svolgere questo lavoro, ognuno di noi ha cominciato a ragionare su cosa lavorare e che parole usare per rappresentare Marco Cavallo, uno dei soggetti che ho scelto.
Il motivo che mi ha portato a questa scelta è stato perché Marco Cavallo è il simbolo della libertà. Nato in un laboratorio artistico a Trieste negli anni di Basaglia, prima del ‘78 e della legge 180, durante una festa nel reparto psichiatrico dell’ospedale “San Giovanni”.
A causa della sua eccessiva altezza, la statua di Marco Cavallo, non riusciva a superare le porte della struttura, allora si decise di sfondare le mura e da quel momento è diventato il simbolo di libertà che è ancora oggi. Questa è stata l’azione finale che ha portato alla chiusura dei manicomi e la libertà per tutti i pazienti.
Nella sua pancia gli utenti del reparto scrivevano i loro desideri, sogni e progetti, le parole con cui ho rappresentato Marco Cavallo, sono parole che infatti rappresentano proprio questi concetti, ossia, inclusione, pregiudizio, stigma, libertà, ecc …
La mia seconda opera invece, rappresenta la camicia di forza, simbolo dei manicomi restrittivi e punitivi. Sempre all’interno di quest’opera c’è un sole e un uccello, a simboleggiare che per fortuna c’è stato un dopo. L’ uccello come metafora della libertà e la fortuna di averla conquistata, grazie al medico più rivoluzionario del secolo scorso Basaglia. Il sole come simbolo di luce dopo tanto buio e oscurità. Come cornice di questi calligrammi ho scritto il testo della canzone “Volare” di Modugno, con il significato che tutti i pazienti vogliono volare fuori dai manicomi.
Alla mostra, tra le tante persone che sono venute ad ammirare le nostre opere, ha partecipato pure la professoressa di Storia dell’ Arte dell’ Università la Sapienza di Roma, Marisa Dalai Emiliani, intervistata anche dalla nostra redazione di Radio Fuori Onda. La professoressa è rimasta molto colpita e contenta del mio disegno su Marco Cavallo, essendo lei anche una donna che ha conosciuto e collaborato con Basaglia, in quei lunghi e bellissimi anni della storia d’Italia, conosce molto bene la storia e la nascita di Marco Cavallo.