“La salute mentale è politica”, il nuovo libro di Piero Cipriano

“Quello che non si vede ma che ci riguarda tutti” è il mantra di Fuori Scena, casa editrice dell’ultimo libro di Piero Cipriano, e sembra essere anche obiettivo di una nuova psichiatria o meglio della nuova pratica psichiatrica, dichiarando che per come la conosciamo oggi andrebbe azzerata… per poter ricominciare.

 

Psichiatra da diciassette in servizio presso un SPDC di Roma (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura), Cipriano decide di lasciare questo luogo che nel libro definisce labirinto del Minotauro,soprattutto per prendere le distanze dalle pratiche di contenzione, chimica e meccanica, che nei SPDC trovano la massima applicazione.

I luoghi che racconta nel suo percorso letterario, dense di cenni storici e racconti biografici, sono abitati da strani esseri – teriantropici li definisce – ovvero metà bestie e metà uomini. Vivere e lavorare con la psichiatria ha un valore umano e politico al tempo stesso, oggi ancora di più. Cipriano racconta come dalla genesi della psichiatria a oggi, la figura del medico sia cambiata e il rapporto con i pazienti non è altro che un riflesso delle dinamiche sociologiche che si succedono, mutando al mutare del rapporto col potere. Cipriano auspica un’evoluzione dell’approccio dello psichiatra, uno psichiatra sempre più “depsichiatrizzato”, capace di allontanarsi da pratiche sterili inadatte a entrare in contatto con la sofferenza, sofferenza psichica da indagare con una relazione aperta e terapie farmacologiche del tutto diverse rispetto alle pratiche contenitive e sedative.

“Alcune sperimentazioni dell’intervento farmacologico con molecole psichedeliche, portano a risposte oggi ignorate.” Da metà ‘900, la psicofarmacologia diventa lo strumento primario del medico, anzi diventa in definitiva una branca della psichiatria, la strada porta ad utilizzare farmaci che inevitabilmente stabilizzano e contengono le eccedenze mentali.

La nomenclatura attribuita al paziente, con la psicodiagnostica, dall’epoca della rivoluzione industriale fino ai nostri giorni, suddivide le persone con disturbi e disagio mentale, tra psicotici “sottoprivilegiati” per cui la psichiatria è oppressiva e custodialistica e nevrotici, oggi depressi, verso i quali è possibile investire con un recupero attraverso un percorso psicoterapico.

 

Jervis a metà degli anni ’60 affermò che: “La cura psichiatrica è al centro della tecnologia del potere nei paesi del capitalismo più avanzato”, le idee del capitalismo e quelle della psichiatria coincidono, “la tendenza a nascondere i problemi sociali dietro problemi individuali e privati”, negando i conflitti tra classi, spacciandoli per problemi d’inconscio. La questione sul sociale si stringe attorno ai sintomi, che sono considerati comportamenti indesiderati, per persone che si sentono disadattate rispetto alla società; per queste persone essere curati non significa guarire, ma nascondere i sintomi per provare a riadattarsi.

L’esperienza italiana, della nascita della legge 180, con la presenza di Franco Basaglia, ha dimostrato che il modello manicomiale non è terapeutico ed è lesivo dei diritti umani. Su questo la politica, che avrebbe dovuto avere un ruolo fondamentale per rispondere a bisogni individuali (casa, lavoro, ambiente, povertà, violenza, bassa scolarizzazione, etc..) non è stata all’altezza. Nel libro “La salute mentale è politica” Cipriano attraversa tutte le epoche, nelle quali una visione ampia e differente, ha permesso un cambiamento di rotta e in qualche modo, si è opposta alla manicomializzazione, istituzionalizzazione o all’intervento di contenzione meccanica o chimica, sulla persona.

Nel percorso storico di ricostruzione dell’evoluzione psichiatrica, l’autore approda alla sua pratica odierna, che lo ha portato a sperimentare e a credere fortemente nella cura con molecole psichedeliche. L’obiettivo è la ricerca di un modello di cura che sia prevenzione e vera restituzione di salute mentale. Cipriano cita l’“ltima lezione” di Benedetto Saraceno, che esorta a “uscire dalla psichiatria, così come uscimmo dal manicomio”; identificando nella psichiatria il nuovo manicomio, non essendo in grado di sintonizzarsi sui determinanti sociali, economici e politici, capaci di rispondere a un incessante bisogno di ascolto, di considerazione degli aspetti più completi dell’essere umano, compreso l’aspetto della trascendenza e della spiritualità.

Il lavoro di Cipriano continua all’interno del servizio pubblico (“Dentro ma contro”, precisa), ora in un SERD, per continuare a essere all’interno di un sistema “come minimo” da riformare.