I danni ambientali come mostri dal super-udito nel film di John Krasinski
Se il primo episodio di A Quiet Place cominciava nei primi mesi del 2020, ad apocalisse inoltrata, A Quiet Place II, diretto dallo stesso regista John Krasinski (anche interprete), si apre con un prologo-prequel sul Giorno 1: la data della colonizzazione del mondo da parte dei predatori alieni dal super-udito. È nel bel mezzo di una partita di baseball, evento americano per eccellenza, che ha avuto inizio la nuova era dominata dal terrore e dal silenzio. Veniamo poi bruscamente scaraventati dopo i tragici eventi del primo film, che si chiudeva con un finale aperto e spavaldo, in cui Evelyn (Emily Blunt) carica il fucile, pronta a sterminare l’esercito di creature mostruose che giungerà attirato dal suono.
Il primo capitolo di A Quiet Place presentava delle scelte di sceneggiatura discutibili, azioni immotivate o poco chiare: perché in uno scenario così pericoloso il piccolo di quattro anni viene lasciato indietro a chiudere la fila indiana della famiglia Abbott? E perché il suo corpo sparisce? Sembrerebbe rapito, ma poi il film ci mostra che gli esseri umani aggrediti e uccisi restano stesi a terra.
Il secondo capitolo esibisce una struttura più coerente e articolata su diverse linee narrative, aspetto che non solo favorirà il ritmo della pellicola, ma ne accrescerà in modo esponenziale la suspense, che già caratterizzava la regia del primo film. In A Quiet Place II l’estetica caratterizzante appare quella del videogioco, con dettagli su oggetti che si verificheranno indispensabili per la sopravvivenza dei personaggi (la soggettiva dal mirino, il timer della bombola d’ossigeno, lo sportello della botola, il tubo dell’acqua, la pistola), su cui viene indirizzata l’attenzione dello spettatore, sollecitato, di volta in volta, a intervenire psicologicamente immaginando scenari possibili e percorsi narrativi. In questo Krasinski ha fatto sua la lezione di Alfred Hitchcock sulla suspense emotiva, elemento di forza dell’horror. Cosa ancora più godibile è l’incastro delle diverse “linee di suspense” attraverso un montaggio alternato, dinamico e tensivo, che connette il destino dei personaggi in un’intesa sincronica quasi mistica, dando risalto al loro legame d’affetto e di sangue. Soprattutto tra i fratelli Regan (Millicent Simmonds) e Marcus (Noah Jupe), fisicamente lontani ma collegati dalla forza del pensiero nella lotta contro i terrificanti predatori.
È in A Quiet Place II che la condizione di non udente di Regan viene sfruttata al meglio, conferendo ritmo all’andamento sonoro del film, con l’alternarsi tra le sue soggettive uditive e il sonoro d’ambiente pervasivo, divenendo un potente elemento drammatico. L’udito è difatti il senso dell’allerta, poiché, grazie alla proprietà acusmatica del suono, arriva laddove la vista non giunge. Ed è questo il solo orientamento spaziale dei mostri ciechi, ma con l’udito raffinatissimo, sentinelle di un mondo post-apocalittico. Che A Quiet Place sia una metafora dell’inquinamento ambientale – compreso quello acustico – causato dall’uomo a discapito del suo pianeta? Non a caso l’arma capace di indebolire i mostri è proprio l’apparecchio acustico costruito da Lee (John Krasinski) per la figlia. Assumerebbe un significato più profondo anche l’isola dove l’umanità tenta di rinascere, una sorta di oasi di pace e serenità ancora pressoché incontaminata.
Difficile non pensare al cult La guerra dei mondi e alla serie The Walking Dead, che la pellicola sembra richiamare per diversi aspetti del genere post-apocalittico. Nel complesso A Quiet Place II risulta un buon compromesso tra codici del survival horror – con elementi, scenari ed emozioni che lo spettatore si aspetta di trovare (il jumpscare è assicurato!) – e innovazione: l’elemento estetico e drammatico del suono su cui si struttura l’intera vicenda, che in questo secondo capitolo appare più movimentata e stratificata.
Voto: 7
Dal 24 giugno al cinema!