Tenet, il titolo dell’ultimo film di Christopher Nolan è ispirato al Quadrato del Sator che contiene cinque parole a formare la frase palindroma “SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS”, ovvero leggibile in ogni verso, da sinistra a destra, dall’alto al basso, e viceversa.
Come è facile notare Tenet è la parola che, posta al centro della frase, disegna una croce palindroma nel quadrato magico. Un oggetto antico, enigmatico, religioso(?), singolare ma non unico. Sono stati rinvenuti infatti diversi quadrati magici in giro per il mondo, con alcune piccole differenze riguardo il materiale; il più antico è stato ritrovato a Pompei e si tratta di un graffito su una parete della Grande Palestra. Tutto questo è il presupposto di cui si serve Christopher Nolan per il suo ultimo mind-game film travestito da spy story. Ancora una volta si tratta di una lotta contro il tempo, che il regista esaspera ben oltre i precedenti Inception e Interstellar.
La frase “SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS” non ha una traduzione univoca: può essere resa con “Il seminatore, con l’aratro, tiene con cura le ruote”; ma Sator potrebbe essere tradotto con “Creatore”; tuttavia la parola più misteriosa è “Arepo” poiché non attestata in latino. Ed eccoci punto a capo.
In Tenet di Nolan Sator è il cognome del villain russo Andreij (Kenneth Branagh), Thomas Arepo è il falsario che vende a Katherine (Elizabeth Debicki) il falso Goya; Tenet è la parola d’ordine; il teatro dell’Opera di Kiev è la location d’apertura del film, nonché altra parola d’ordine con cui il protagonista (John David Washington) stipula un accordo con Sator; infine Rotas è la società di Sator che realizza i tornelli capaci di trasportare nel tempo invertito. In Tenet, oltre al tempo cronologico lineare esiste infatti il tempo invertito, e Nolan ci si sbizzarrisce nella costruzione di un mind-game film che si regge tutto su un montaggio mozzafiato e sensazionalistico.
Una semplice spy story diventa così il pretesto per un parco giochi fisico e mentale, il cui percorso narrativo in più punti lascia a desiderare: fin troppo prevedibile la sequenza dello scontro tra i due compagni di missione (affianco al protagonista troviamo Robert Pattinson) con gli uomini dall’identità nascosta; per non parlare della sequenza dell’inseguimento automobilistico alla 007 (ma senza Daniel Craig) in cui il protagonista è diviso nella scelta di salvare la donna in tailleur rosso e décolletè in perfetto pendant o proteggere l’importante valigetta dalle grinfie del villain. L’aspetto che più lascia a desiderare però è l’inspiegabile relazione che lega il protagonista e la femme fatale (nonché moglie di Sator intrappolata in un rapporto da femminicidio). Il protagonista sarà pure un uomo di parola, ma non è abbastanza per giustificare narrativamente l’ostinazione rasente l’immotivata ossessione di dover salvare Kat e il figlioletto quando è l’intero mondo ad essere in pericolo. Qualcuno potrebbe dire che il protagonista è spinto fin dall’inizio da un certo sesto senso, ancora più assurdo se si pensa a un personaggio delineato come narciso, privo di pulsioni sessuali ed eticamente immacolato. Una vera e propria figura da blockbuster hollywoodiano, con la nota stonata che l’assoluta mancanza di attrazione tra la femme fatale e il protagonista ligio al dovere rende il tutto ancora più assurdo e meno coinvolgente, come la reazione di lei in risposta al pericolo della fine del mondo: «Se il mondo verrà distrutto allora anche mio figlio morirà!».
Sotto il profilo emotivo e dell’identificazione spettatoriale viene spontaneo il paragone con Arrival di Denis Villeneuve che parte dallo stesso presupposto di Tenet. Nonostante il punto di partenza comune i due film sono sviluppati in modo totalmente diverso: Tenet getta le carte in tavola fin dall’inizio, mentre Arrival sorprende e sconvolge lo spettatore nel finale (quelli che sembravano flashback erano in realtà flashforward) costruendo una pellicola emotivamente potente. Tenet ha il merito di essere un film intrigante, criptico e cervellotico che stimola i processi mentali dello spettatore chiamato in causa nella risoluzione dell’enigma, nonché un film d’azione spettacolare e sensazionalistico, visivamente sublime anche grazie a location paradisiache come la costiera amalfitana. Si avverte però la mancanza della componente emotiva che in Inception e Interstellar trascina, travolge, imbriglia lo spettatore nelle connessioni affettive e spazio-temporali: il motore che spinge Dom (Leonardo Di Caprio) a intraprendere il viaggio nei diversi livelli del sogno non è altro che l’amore per la moglie (Marion Cotillard) morta suicida e il desiderio di rivedere ancora i volti dimenticati dei suoi figli; allo stesso modo è la forza dell’amore per il papà (Matthew McConaughey) che spinge e motiva Murph Cooper (Jessica Chastain) a dedicare la sua vita alla sopravvivenza della specie umana. Tutto questo in Tenet non c’è, e viene sostituito (o se si vuole “invertito”) da ostinazione, senso del dovere, narcisismo incarnati da un supereroe che indossa gli abiti di un elegante uomo d’affari («Sono io il solo protagonista» è il suo ritornello) con cui è difficile entrare in empatia.
Voto: 6
Al cinema!