La battaglia di civiltà dei caregiver familiari

Non vogliono un riconoscimento economico, ma tutele (sanitarie, previdenziali ed assicurative) che garantiscano loro dignità e supporto per il totalizzante lavoro di cura che svolgono quotidianamente 24 ore su 24 per assistere un familiare, un figlio, un compagno di vita, i genitori anziani con disabilità grave o gravissima non autosufficienti. Per svolgere questo compito sono occupati a volte anche per 10-20 ore fra giorno e notte, senza poter godere di ferie, straordinari e nemmeno garanzia del diritto costituzionale alla salute. Spesso, sono costretti a lasciare il lavoro e circa la metà di loro versa in condizioni di indigenza. Per questo motivo, secondo quanto dimostrato dal Elizabeth Blackburn, che con uno studio su questa materia ha vinto nel 2009 il Premio Nobel, le speranze di vita di queste persone si abbassano di 9-17 anni rispetto alla media. Tuttavia, lo Stato italiano – a differenza degli altri Paesi europei – ad oggi non ha ancora riconosciuto loro alcun diritto. I caregiver familiari, circa 3,3 milioni di persone solo in Italia e per la maggior parte donne, sono in aumento, anche a causa dell’allungamento della vita media. Degli oltre 3 milioni di persone con disabilità grave, 2,5 ha, infatti, più di 65 anni, ma gli under 65 sono 580mila. Per chi vive a casa l’80% delle cure è affidato, in mancanza di un welfare adeguato, proprio ai familiari più stretti, sebbene l’86% di loro venga ancora istituzionalizzato in strutture con oltre 30 posti letto. Ancora oggi, poi, anche su chi rimane in famiglia e a volte sulla famiglia stessa, gravano stigma e discriminazione.

Per questi motivi i caregiver familiari, capitanati da Maria Simona Bellini Palombini, presidente del Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili Gravi e Gravisssimi, hanno coinvolto 58 parlamentari di tutti gli schieramenti politici – fra di loro ci sono Laura Bignami del Gruppo Misto, prima firmataria, Anna Cinzia Bonfrisco, capogruppo dei Conservatori e Riformisti, Aldo Di Biagio (Ncd-Udc), Anna Finocchiaro (PD), Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto (Sinistra Italiana-SEL) – e presentato a Roma il disegno di legge 2128, “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”, finalizzato proprio a riconoscere e a tutelare il lavoro svolto da queste persone. Il testo di legge, che si compone di sette articoli, nasce proprio dalla volontà di riconoscere professionalmente la figura del caregiver ed il valore sociale ed economico che questo ruolo riveste per la collettività.

Non chiediamo però né ‘medagliette’ né ‘oboli’, come quello che è stato conferito ai caregiver dalla Regione Sardegna prevedendo un riconoscimento economico inferiore a ciò che viene pagato ai raccoglitori di pomodori sotto caporalato, quanto piuttosto il riconoscimento giuridico del nostro lavoro di cura. Ciò implica, per il nostro Paese il rispetto dei diritti costituzionali e dei trattati internazionali, compresa la stessa Carta dei diritti dell’uomo”, afferma Maria Simona Bellini Palombini. Come ogni lavoratore i caregiver avrebbero il diritto a salute, riposo, tempo libero per evitare di annullarsi in una serie di compiti usuranti senza soluzione di continuità e cadere nell’insidia del burnout o di altre patologie che in contesti diversi verrebbero annoverate e riconosciute come “malattie professionali”.

Un diritto che vogliono vedere riconosciuto almeno nelle questioni basilari. Innanzitutto quelle che riguardano la loro salute, necessaria a consentirgli di svolgere il loro lavoro, che in Italia supplisce in maniera decisiva le carenze del sistema di welfare. “Purtroppo nel nostro Paese come al solito si pecca di poca lungimiranza”, mette in guardia Bellini Palombini. In Grecia, nel 2011, cioè nel momento più grave della crisi economica si è provveduto a riconoscere e tutelare la figura del caregiver familiare, proprio perché se ne è riconosciuto il valore a sostegno dello stato sociale. E così è stato fatto in Polonia e in Romania. Da noi, invece, ancora no.

Il ddl 2128, inoltre, prevede anche tutele previdenziali ed assicurative. Come spiega ancora la presidente del Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili, infatti, la maggior parte delle persone che svolgono questo importante compito di cura tutt’al più riesce a chiedere (ed a ottenere) il part-time o il telelavoro (10%), ma più spesso (cioè nel 66% dei casi) è costretta a lasciare il lavoro. Per questo motivo nel ddl si chiede il riconoscimento di contributi figurativi per il periodo di assistenza con una copertura a carico dello Stato. I contributi così maturati potranno poi essere sommati a quelli da lavoro eventualmente già versati. Il ddl introduce poi a favore dei caregiver anche le tutele previste per le malattie professionali con la copertura assicurativa sempre a carico dello Stato, attraverso il rimborso delle spese sostenute per sopperire alla ‘vacanza assistenziale’ nei periodi di malattia o nei quali il prestatore di cure è impossibilitato ad assistere il proprio familiare. “Oggi, infatti, in caso di malattia il caregiver non può neanche permettersi di accettare un ricovero ospedaliero, se non vuole che i suoi familiari disabili siano, sia pure per breve tempo, sradicati dall’ambiente domestico e provvisoriamente istituzionalizzati. Con spese elevatissime per la collettività, e costi umani per le stesse persone disabili costrette a vivere un trauma”, osserva Bellini Palombini. Di fatto, quindi e anche in questa materia, la risposta che in Italia si è data finora è quella legata all’emergenza, che non consente alcuna pianificazione di ampio respiro.

Nell’articolato del ddl 2128, inoltre, viene prevista anche la possibilità per i caregiver familiari di essere inseriti negli elenchi speciali delle Agenzie per l’Impiego, in modo da poter usufruire di una corsia preferenziale nel collocamento al lavoro. Nonché alcune misure volte a tutelare la conciliazione dei tempi di lavoro e assistenza. Non resta ora che aspettare i tempi ‘tecnici’ per lo svolgimento dell’iter legislativo.

Paola Sarno

Photo credit: Patient Care Technician