Cristina Cammarata, psicologa esperta nell’ambito del contrasto al cyberbullismo, ci ha spiegato alcune nozioni e aspetti di questo fenomeno dilagante. Da poco si è concluso un progetto promosso dall’associazione “Ponte d’incontro” in una scuola del Laurentino 38, a cui Cristina ha preso parte come operatrice lavorando all’interno di un gruppo classe e degli sportelli psicologici rivolti a ragazzi, docenti e genitori. Ogni caso di cyberbullismo, ci racconta, è come un’epidemia – si pensi alla diffusione virale dei video – da cui la vittima non può quasi difendersi. È solo attraverso un lungo processo che, anche grazie al supporto degli psicologi, si può mettere una toppa al danno subito. In ogni caso, all’interno di questo processo è fondamentale, ha sottolineato Cristina, intervenire a 360 gradi coinvolgendo non solo le vittime ma anche il cyberbullo e gli adulti di riferimento: “la vittima vive dei veri e propri drammi a volte, ma l’attenzione deve essere riposta anche nei confronti del cyberbullo perché comunque anche lui esprime delle fragilità ed è esposto a delle conseguenze”.
Cosa s’intende per cyberbullismo?
Il cyberbullismo è un atto aggressivo, compiuto da un individuo o da un gruppo di individui, ripetuto nel tempo, che si verifica attraverso strumenti tecnologici per colpire la vittima.
Quando, come e dove nasce il cyberbullismo?
Coinvolgendo la rete, il cyberbullismo avviene ovunque: a scuola, nei luoghi aggregativi ed anche a casa, per cui le vittime si trovano sempre esposte a questo rischio. Fondamentalmente nasce con l’uso degli strumenti elettronici, per cui se da un lato internet offre delle opportunità ai ragazzi, dall’altro li espone a rischi molti alti.
Quali sono i motivi alla base della manifestazione del cyberbullismo?
I motivi sono tanti. Il cyberbullo agisce “dietro” la rete, molto spesso per acquisire popolarità all’interno di un gruppo. Ciò che spinge all’atto di cyberbullismo può essere ad esempio una caratteristica fisica, una disabilità o l’orientamento sessuale di una persona. Viene attaccata quella che può essere una fragilità, come nel caso di una disabilità della vittima. Il motivo quindi si trova in qualsiasi occasione per colpire e isolare la vittima.
In quali paesi è più frequente questo fenomeno?
Direi che non ci sono paesi in cui è più frequente il cyberbullismo, perché attraverso strumenti come internet e Whatsapp un video è diffondibile in tutti i paesi del globo. Questo fenomeno, quindi, si è diffuso in tutto il mondo.
Come si può intervenire per contrastare questo fenomeno?
Un’azione preventiva efficace sui ragazzi è importante. Ma allo stesso tempo è importante anche agire sugli adulti di riferimento: genitori e insegnanti. È importante infatti riconoscere i segnali che arrivano dalle vittime, che si estendono anche nella sfera emotiva e scolastica. Molto spesso i genitori si trovano impreparati di fronte a queste manifestazioni, così come gli insegnanti. Quindi è fondamentale fornire loro degli strumenti efficaci, non solo per conoscere i mezzi, ma anche per insegnare un uso corretto del web.
Il cyberbullismo coinvolge prevalentemente i giovani o anche gli adulti?
Direi entrambi. Mi vien da ricordare il caso di cronaca di Tiziana Cantone. Coinvolge tutti.
Come si interviene con gli adolescenti?
È importante la prevenzione, agire sui comportamenti pro-sociali; costruire insieme ai ragazzi un’idea di una relazione sana che possano utilizzare sia dentro che fuori alla scuola. L’attenzione all’altro e alle emozioni dell’altro è importante. Molto spesso il cyberbullo si nasconde dietro la rete e la vittima fa fatica a capire contro chi agire, con la rete si diffondono i contenuti e non ci si trova più di fronte a uno ma di fronte a un milione. È utile, come già detto, coinvolgere i genitori.
In quante scuole è attivo il vostro progetto di contrasto al cyberbullismo?
Il progetto, finanziato dall’ex provincia di Roma, è stato promosso dall’associazione “Ponte d’incontro” del Laurentino 38 e la scuola dove è stato attivato il progetto si trova li. È stato un intervento di sei mesi. Il progetto era esteso anche agli insegnanti (con incontri di formazione) e ai genitori. Le famiglie non hanno partecipato al progetto mentre gli insegnanti hanno frequentato poco gli sportelli psicologici.
Il cyberbullismo ha creato nuovi bulli o ha fornito nuovi strumenti al “classico bullismo”?
I bulli classici hanno sicuramente avuto strumenti in più, ma allo stesso tempo ha creato anche nuovi bulli.