Vista inizialmente come dato esclusivamente mistico-soprannaturale, nell’antica Grecia, si pensava che le persone soffrissero di disturbi mentali per emanazione del volere di divinità malvagie come Lyssa, Pan, Dioniso e le Erinni (poi note nella mitologia romana come Furie), il cui compito era quello di vendicare i delitti, torturando l’assassino con le armi che portavano con loro, fino a farlo impazzire. Nella mitologia romana Mania, assimilabile alla grca Lyssa, rappresentava, impersonandola, la Follia.
Solo con Ippocrate, in Grecia, nel campo della salute mentale, si introdusse il concetto che la malattia mentale fosse determinata da circostanze della vita umana. Ippocrate, infatti, affermò che la malattia mentale derivasse dallo sbilanciarsi di quattro umori: sangue, atrabile, bile e flegma, prodotti dall’ interazione di quattro elementi naturali (caldo, freddo, umido e secco). Inoltre, le persone venivano raggruppate in uno dei quattro corrispondenti temperamenti: sanguigno, collerico, melanconico e flemmatico. Anche Sorano introdusse il concetto della malattia dovuta a cause naturali, distinguendo tre tipi di malattie mentali principali, derivanti da un eccessivo rilassamento o costrizione dei tessuti. Le terapie, già a questo tempo, consistevano in primitivi trattamenti psicoterapeutici e nell’allontanamento del “malato” dalla società, con la segregazione in stanze di contenzione. Lo stesso Ippocrate sottrasse l’epilessia al mondo magico, attribuendole un significato simile a quello odierno. Dando vita ad una vera e propria forma di psicoterapia, Ippocrate può essere considerato il padre della medicina e della psichiatria, infatti, propose al terapeuta un’accurata osservazione dei sintomi, che tenesse conto della biografia del paziente e del suo ambiente di vita.